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Quando fallisce un Comune

Dopo una gestione dissennata delle risorse, nel Basso Piemonte arrivano i commissari. A farne le spese, servizi e assistenza

Tratto da Altreconomia 144 — Dicembre 2012

Beviamo un bicchiere di vino ai tavoli della “Ristorazione sociale”, ad Alessandria. Questo locale, in mezzo agli orti comunali, è un progetto della cooperativa sociale “Coompany &”, e vale davvero un brindisi: “La Regione Piemonte ha finanziato il progetto -racconta Renzo Sacco, presidente di Coompany &, www.coompany.it-, ma il Comune di Alessandria, che avrebbe dovuto far da tramite per i fondi, tra i 60 e i 70mila euro, non li ha mai passati alla nostra cooperativa. Siamo aperti dal dicembre del 2010: la ‘Ristorazione sociale’ si sostiene in modo autonomo, ma adesso la Regione ha scritto al Comune, chiedendo ragione del comportamento dell’ente locale”. La risposta, se arriverà, sta in due parole: “Stavamo affondando!”.
E lo sanno bene, oltre a Renzo, gli altri commensali: Rossella Foco, presidente della cooperativa LavoroLiberazione (www.lavoroliberazione.it), Valentino Ballestrero, presidente della cooperativa Marcondiro (www.marcondiro.com) e socio di Azimut (www.azimutcoop.com), Fabio Scaltritti, della Comunitatà di San Benedetto al Porto e della cooperativa “Il pane e le rose” (www.sanbenedetto.org).
Oltre a far parte del Consorzio Consolidale, che riunisce la cooperative sociali di Alessandria, queste realtà hanno dell’altro in comune: vantano un credito di 8 milioni di euro nei confronti del Comune di Alessandria o di una o più delle sue partecipate, per cui gestiscono servizi socio-assistenziali e di altro tipo.
Alessandria, cittadina di 100mila abitanti nel Basso Piemonte, il primo Comune italiano finito in dissesto per decisione della Corte dei Conti; responsabile -annota la Corte nella relazione- di aver “barato”: “Una delle modalità utilizzate negli ultimi anni ed anche nel 2011 dall’Ente per garantire l’equilibrio di parte corrente del bilancio era data dalla contabilizzazione di elevate plusvalenze conseguenti ad alienazioni immobiliari”.
I nodi vengono al pettine il 27 giugno 2012. Il Comune ha debiti per circa oltre 78 milioni di euro nei confronti delle società partecipate. Ad Alessandria arrivano i commissari, mentre l’amministrazione ordinaria è affidata a Rita Rossa, eletta meno di due mesi prima.
È un limbo: per questo, a fine ottobre, un gruppo di diciassette cooperative sociali è sceso in piazza, promovendo un presidio permanente davanti alla Prefettura della città. Hanno appeso un paio di striscioni. Sul primo c’è scritto “Le cooperative fanno il loro dovere e gli enti pubblici? Fino a quando?”. Sul secondo, un po’ di numeri: 17 cooperative, che occupano un migliaio di lavoratori, rischiano di chiudere perché Comune, Amiu, Cissaca, Sital non pagano le fatture che sommate arrivano a 8 milioni di euro. Tra queste cooperative c’è anche la tipografia Impressioni grafiche, di Aqui Terme (Al, www.impressionigrafiche.com), uno dei nostri fornitori: sono loro a segnalarci la situazione.
“Abbiamo scelto di ‘presidiare’ la Prefettura, convocando la città con lo slogan ‘Nessun dorma’, con l’obiettivo di accendere la luce su ciò che sta accadendo -spiega Renzo Sacco-. Perché è importante far capire ‘che cosa può voler dire’ l’assenza di determinati servizi, quelli che non saremo più in grado di erogare dall’inizio del 2013. Servizi rivolti ai minori, all’handicap, ma anche l’inserimento lavorativo. Ambiti d’intervento troppo importanti perché si fermino”.
Tra le “attività” in scadenza a fine anno c’è la raccolta porta a porta dei rifiuti. “Il nostro compito, dal 2008, è stato quello di  esporre i cassonetti -racconta Rossella Foco, presidente della più antica cooperativa sociale alessandrina, LavoroLiberazione-. È un servizio molto semplice, che ci ha dato la possibilità di realizzare anche gli inserimenti lavorativi più difficili. Spesso, provenienti da famiglie monoreddito”. LavoroLiberazione, Coompany & e Marcondiro svolgono hanno vinto insieme la gara d’appalto. “Inizialmente il porta a porta era esteso a tutta la città -racconta Rossella-. Poi, dal 2010-2011 si è tornati ai cassonetti ‘su strada’. E noi abbiamo dovuto licenziare 16 persone”. A fine anno, il debito di Amiu nei confronti delle tre coop toccherà il milione di euro. Quando andiamo in stampa, ancora non sappiamo se l’assemblea dei soci della municipalizzata avrà votato, il 23 novembre, la liquidazione della società. Ciò che abbiamo potuto vedere, invece, è il cimitero dei cassonetti del porta a porta, stoccati in un piazzale nella sede dell’Amiu, vicino al cimitero di Alessandria. Secondo le cooperative socie di Consolidale, si tratterebbe di “un investimento di circa 2-2,5 milioni di euro realizzato per avviare il porta a porta e poi lasciato marcire”. Un esempio di mala gestione, lo stesso che ha portato la Corte dei Conti ad annullare la delibera con cui il Comune di Alessandria aveva affidato a un’associazione temporanea d’imprese formata da Amiu ed Iren il servizio di raccolta dei rifiuti e di igiene urbana, sulla base di un contratto che avrebbe garantito al bilancio dell’ente un canone di 15 milioni di euro iscritto a bilancio per l’anno 2011 anche se relativo al 2012. Cattiva gestione che non può essere imputata, invece, a chi amministra il Cissaca, il Consorzio servizi sociali di Alessandria (www.cissaca.it). “È uno dei pochissimi enti partecipati che ha un bilancio a posto. Lo squilibrio, in questo caso, è solo finanziario” racconta Corrado Parise della cooperativa Il gabbiano (www.ilgabbiano.coop), che per conto del Comune gestisce una casa di riposo. E spiega: “Soci del Consorzio sono una ventina di Comuni. Tutti contribuiscono in base al numero di abitanti, secondo una quota fissa di circa 29 euro per abitante. Ciò significa che la città di Alessandria vale circa il 75% del bilancio del Cissaca”.
Alessandria ha smesso di versare la propria quota nel 2005. Ad oggi, “si è accumulato un credito di 8,5 milioni di euro, al 31 dicembre 2011, cui si aggiungono -per il 2012- 2,7 milioni di euro più 500 mila per una delega di assistenza scolastica”.
“Nei nostri confronti il Cissaca dovrebbe sborsare 5 milioni di euro” conferma Corrado. Un problema, specie per imprese “super labour intensive, i cui costi, per l’80-90% sono di personale. E c’è un altro problema -segnalato anche dalla presidente di LavoroLiberazione-: se oggi tu vai in una banca con in mano una fattura del Cissaca, o del Comune, nessuno ti anticipa un credito”. Alla solvibilità di questi attori, non ci crede più nessuno. E Alessandria rischia di diventare un laboratorio. Intanto, sembrano sul punto di ripartire i lavori per un ponte sul fiume Tanaro, la cui prima pietra era stata posata nel settembre del 2011 dall’ex sindaco Piercarlo Fabbio, quello che ha guidato la città al dissesto. Il Comune investirà 4 milioni di euro. Sul cantiere opera Codelfa, società dei Gavio. Che le cose stessero precipitando, secondo Corrado Parise, già segretario cittadino del Pd, lo si poteva capire qualche anno fa, da un’altra operazione: “La madre del dissesto è l’operazione Svial: la creazione di una società per cartolarizzare e ‘valorizzare’ immobili pubblici”. Vennero valutati 17 milioni di euro, messi a bilancio. “Mi chiedo -conclude Valentino Ballestrero- che cosa facessero allora gli organi preposti al controllo?”. —
 

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