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Diritti / Intervista

Il rovescio della medaglia: un amaro bilancio delle Olimpiadi di Parigi

© Xavier Praillet - Unsplash

Sono tre i “premi” che lo Stato francese ha ricevuto polemicamente dal collettivo delle associazioni che si occupano di persone in situazioni precarie a pochi mesi dalla fine dei Giochi: dal socialwashing alla “pulizia sociale” fatta nei quartieri, fino al negazionismo democratico che ha portato al secco rifiuto di qualsiasi confronto, prima, durante e dopo. Così il “grande evento” ha espulso dalle strade della città 20mila persone

Il collettivo di più di ottanta associazioni francesi che agiscono quotidianamente a favore delle persone in situazioni precarie (senzatetto o senza casa, tossicodipendenti, sex worker etc.) dal nome “Le revers de la medaille” (Il rovescio della medaglia) è nato “per mettere in guardia dall’impatto sociale dell’organizzazione dei Giochi olimpici e paralimpici” che si sono tenuti a Parigi dal 26 luglio all’11 agosto 2024.

Prima, durante e dopo il più grande evento mai organizzato in Francia, “Le revers de la medaille” si è mobilitato affinché le dinamiche dei Giochi non fossero sinonimo di rafforzamento dell’esclusione, ma al contrario lasciassero un’eredità sociale positiva. A novembre è stato pubblicato il suo ultimo rapporto che rappresenta un resoconto dettagliato dei risultati ottenuti con una trovata creativa. Oltre alle 64 medaglie vinte dagli atleti francesi, ne ha ideate tre aggiuntive da consegnare idealmente allo Stato francese. Paul Alauzy, co-fondatore e portavoce del collettivo, spiega ad Altreconomia di che cosa si tratta.

Alauzy nel vostro rapporto finale scrivete che Parigi 2024 poteva essere una opportunità storica per rispondere ai bisogni essenziali delle persone che si trovano in situazioni precarie e per dare “un colore sociale e umano” ai Giochi Olimpici, è andata così?
PA Dal momento che lo Stato francese aveva fatto tante promesse, parlando di eredità, di lascito sociale e arrivando a definire i Giochi di Parigi come i più inclusivi di sempre, siamo stati piuttosto ingenui a pensare che forse questo sarebbe stato l’anno in cui veramente alcune cose importanti sarebbero cambiate. Ma non è andata così. Lo Stato ha sì considerato i Giochi olimpici come un’opportunità, ma per sbarazzarsi di persone indesiderabili o indesiderate, che non vuole vedere o di cui non vuole prendersi cura all’interno e nei dintorni di Parigi, e per puntare sempre di più su una politica che esclude le persone già emarginate.

La medaglia d’oro che avete consegnato alle istituzioni è quella del socialwashing: “Le misure definite patrimonio sociale dallo Stato sono state largamente insufficienti e dispiegate secondo logiche utilitaristiche”. Che cosa significa?
PA Con questa medaglia volevamo fare riferimento al più noto greenwashing e quindi, nei termini in cui persino il presidente francese Emmanuel Macron ha detto di essere orgoglioso dell’eredità sociale dei Giochi, considerare la comunicazione dello Stato sui risultati ottenuti dalle Olimpiadi come socialwashing. Si è infatti puntato molto sul diffondere la notizia dei 256 posti creati per i senzatetto. Ed è stato vero, lo Stato si è preso cura di queste persone, che erano quelle che vivevano molto vicino alle sedi olimpiche nel quartiere più ricco di Parigi, e per loro ha creato un buon programma di integrazione. L’ultimo censimento (La notte della solidarietà nel gennaio 2023, ndr) ha però rivelato che in totale c’erano circa 3.500 persone senzatetto a Parigi. Che cosa hanno fatto dunque per tutti gli altri? Per un anno, un anno e mezzo, hanno messo in atto una strategia molto forte: inviarli fuori dalla regione di Parigi, in centri di smistamento. E dopo più di un anno passato a dirci che quella era l’unica soluzione possibile, poco prima dei Giochi è emerso che invece c’erano posti disponibili per tutti all’interno della regione di Parigi, ma solo per un paio di settimane o mesi. Questo è stato veramente socialwashing, perché è stato fatto poco, troppo poco, ma è stato presentato come qualcosa di veramente buono.

La medaglia d’argento è quella della “pulizia sociale”: per accogliere “il mondo intero” le strade di Parigi si sono svuotate delle persone in situazione di grande precarietà. Che cosa è successo?
PA Abbiamo assistito a una forte pulizia sociale nei confronti di tutte quelle persone che vivono o dipendono dalle strade di Parigi. Quindi sex worker, migranti, senzatetto, tossicodipendenti o anche persone che abitano in roulotte, nelle baraccopoli o in edifici occupati. Le pratiche sono state diverse a seconda delle persone a cui erano rivolte, tutte però sono state molestate dalle forze di polizia e cacciate dai luoghi in cui vivevano. Alcune di loro sono finite in centri di detenzione. Questo perché davano fastidio allo Stato. Quando le Olimpiadi arrivano in un luogo, si ha un disperato bisogno di usare lo spazio pubblico, per il passaggio della fiamma olimpica, per i turisti, per i poliziotti, per gli sport che si svolgono in città. Ma ci sono persone che vivono in quegli spazi, che ci dormono e a volte ci lavorano. La pratica della pulizia sociale purtroppo si sta affermando sempre di più ed è stata piuttosto evidente nella regione di Parigi. Abbiamo contato che in un anno e mezzo quasi 20mila persone sono state espulse o cacciate dai posti che occupavano e la percentuale di minori (in totale 4.550, ndr) in questa situazione è raddoppiata, se rapportata al periodo 2021-2022, o triplicata in confronto al 2022-2023. I migranti più giovani erano infatti soliti dormire nelle tende lungo il fiume Senna che è stato però il luogo della cerimonia di apertura. Vorremmo quindi che le persone capissero che può essere fantastico assistere a un evento come le Olimpiadi, ma che allo stesso tempo ha un costo. C’erano delle soluzioni per evitarlo, si poteva decidere di prendersi cura delle persone. Ma non è stato fatto.

E infine la medaglia di bronzo del negazionismo democratico: nonostante la grande pubblicità dell’evento è stata rilevata una mancanza di trasparenza da parte delle autorità pubbliche, ed è stato dato poco spazio alle voci critiche e alle mobilitazioni che hanno sofferto repressioni mirate. Può spiegarci meglio.
PA Innanzitutto non c’è stata alcuna votazione. La popolazione locale non è stata interpellata in Francia e questo significa che non c’è stato nessun dibattito. Non c’è stato lo spazio e il tempo per dare informazioni alle persone. Eppure a Parigi siamo chiamati a votare su molte cose: sulle bici elettriche, sui Suv, su qualsiasi argomento sono indette votazioni locali. Poi abbiamo anche sperimentato quanto sia complicato contrastare i Giochi politicamente. Molti gruppi hanno sofferto la repressione delle forze dell’ordine o sono stati arrestati. La polizia è persino andata a casa loro prima della cerimonia di apertura. Inoltre è stato incredibile il modo in cui la giustizia ha funzionato in Francia durante il periodo dei Giochi. Tutte le forze di polizia erano impegnate nelle Olimpiadi e hanno usato misure molte restrittive. Questo non succedeva da quando è stato dichiarato lo stato di emergenza, dieci anni fa per gli attacchi terroristici. E il ministro dell’Interno si è vantato di tutto ciò. È assurdo vedere come la democrazia possa essere minata per poche settimane di sport.

Che cosa proponete invece affinché le prossime edizioni dei Giochi siano più rispettose delle esigenze sociali, ambientali e democratiche?
PA L’organizzazione dei Giochi olimpici è molto attenta sia al tema della sicurezza, soprattutto dopo gli attentati terroristici del 1972 a Monaco di Baviera e del 1996 ad Atlanta, sia a quello della sostenibilità da quando si è dotata di una sorta di tabella verde per cercare di ridurre il suo impatto ambientale. Ciò di cui si parla poco sono i problemi sociali e umanitari. Noi pensiamo che dovrebbe esserci invece un equilibrio tra i tre aspetti e vorremmo inoltre che fosse redatta una carta per i diritti umani contro la pulizia sociale e la gentrificazione causata dai Giochi. Crediamo anche che per ogni Olimpiade l’1% del budget dovrebbe essere dedicato a prendersi cura delle persone che vivono nello spazio pubblico. Abbiamo fatto un calcolo sulla base delle risorse monetarie che sono state impiegate nel programma rivolto alle 256 persone di cui parlavamo. Allargandolo alle rimanenti 3.500 persone censite ma non incluse, il costo sarebbe stato pari a 112 milioni di euro, che riconosciamo essere una cifra enorme. Ma se consideriamo che il budget totale dei Giochi è stato di 13 miliardi, quella cifra rappresenta meno dell’1%. Vorremmo poi che le Ong e le organizzazioni di beneficenza che si occupano di questi temi venissero consultate prima per prevenire la pulizia sociale. Se poi i Giochi si svolgessero ogni volta nello stesso posto si ridurrebbe molto il loro impatto. Ogni quattro anni si ripete sempre lo stesso “circo” in un posto diverso: si allontanano le persone che vivono in strada, si costruiscono nuove strutture, si distrugge l’ambiente, si distrugge la democrazia. Dopo un anno di opposizione alle Olimpiadi abbiamo scoperto che questo risponde all’esigenza degli sponsor dei Giochi di ampliare i propri mercati. Se le Olimpiadi sono organizzate per il capitalismo e per il consumismo, è una buona scelta cambiare posto. Ma se invece si tengono per lo sport, per l’incontro tra le persone e per le relazioni internazionali, come si dice, sarebbe più adeguato scegliere un solo luogo e non far arrivare gente da tutte le parti del mondo ogni volta in un posto differente solo per poche settimane.

Può fare un bilancio delle attività del collettivo in questo ultimo anno e mezzo?
PA Negli ultimi anni noi, organizzazioni che ci prendiamo cura dei senzatetto e dell’accoglienza dei migranti, abbiamo vissuto dei momenti davvero difficili. Quindi quando abbiamo iniziato a realizzare che i Giochi avrebbero avuto un impatto sul nostro campo operativo, abbiamo deciso di creare un collettivo con l’idea di fare azioni di disobbedienza civile. Per un anno abbiamo usato ogni tecnica regolare di advocacy: lettere aperte, comunicazione attraverso i media, incontri con le autorità, pubblicazioni di report. E ogni volta cercavamo di accompagnare queste azioni con altre organizzate però nello spazio pubblico, come per esempio nelle sedi dei Giochi olimpici, davanti al ministero dell’Interno o di fronte alla Torre Eiffel. Abbiamo così rinnovato un po’ le tecniche di mobilitazione delle associazioni e delle Ong che lavorano con le persone nelle strade. Ed è stato davvero intenso, ma ha funzionato. Senza di noi la pulizia sociale sarebbe stata addirittura peggiore. Quindi abbiamo ottenuto qualche piccola vittoria, anche se non è stato abbastanza, perché è comunque avvenuta. Tutti però in Francia hanno sentito parlare del fatto che i senzatetto venivano cacciati da Parigi. Tutti hanno sentito l’espressione pulizia sociale. È stata quindi già una vittoria essere stati ascoltati ed essere stati in grado di resistere. Adesso, dopo un anno di mobilitazione ci siamo fermati. Nei prossimi mesi ci dedicheremo a fare un bilancio di che cosa è andato storto, che cosa è andato bene e che cosa dovremmo fare meglio.

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