Interni / Reportage
Il nuovo stadio della Roma a Pietralata. Tra cemento e interessi pubblici
Nella prima periferia Est della capitale, vicino alla stazione Tiburtina, sorgerà il “complesso sportivo multifunzionale”. Un intervento su terreni pubblici che va anche oltre l’impianto e che secondo l’Ispra consumerà almeno 20 ettari di suolo. Per la Giunta Gualtieri sarà un “volano di sviluppo”, per i comitati è mancato il dibattito
“Tra quei cespugli nidificano i fagiani”, dice Flavio Fianco mentre cammina tra gli alberi del terreno adiacente alla sua casa. Quella di Fianco è una delle famiglie che ancora oggi abitano sugli appezzamenti che nel 1920 sono stati assegnati ai trisnonni, in quanto reduci della Prima guerra mondiale, per essere coltivati. Oggi sono l’ultimo pezzo verde, “grande circa cinque ettari”, nel mezzo di cantieri per lo più incompiuti, mini-discariche abusive e vegetazione spontanea.
“Lo stadio della Roma sorgerà proprio qui”, dice Fianco. Siamo a Pietralata, prima periferia Est della capitale, tra la stazione dell’Alta velocità Tiburtina e l’ex borgata. Siamo soprattutto sui terreni pubblici destinati all’ex Sdo, acronimo di Sistema direzionale orientale che, secondo il piano regolatore del 1965, prevedeva di delocalizzare nella parte Est della città i servizi e le sedi istituzionali condensati nel centro. Gli espropri sono partiti solo all’inizio degli anni Duemila, dopo che una legge del 1990 ha inserito lo Sdo tra i progetti di interesse per Roma Capitale. I cantieri, però, non sono mai stati terminati. “Quasi tutti i contadini sono già stati allontanati. Ora sembra che toccherà ad altre tre famiglie, compresa la mia. Non so che fine faremo, nessuno ci ha contattato”.
Fianco l’ha saputo dai giornali: grazie alla normativa che semplifica la realizzazione degli stadi, introdotta dal Governo Letta e poi modificata, nell’ottobre del 2022 l’As Roma dell’imprenditore miliardario Dan Friedkin ha depositato il progetto preliminare del suo stadio di proprietà. O meglio, un “complesso sportivo multifunzionale” da 55mila posti, estendibili fino a 62mila, pensato sia per il calcio sia per concerti ed eventi. La struttura conterrà anche spazi per conferenze, il museo della squadra, attività commerciali, ristoranti, bar, un asilo, un centro medico, sale fitness.
In totale sono 153.600 metri cubi e undici livelli, tre dei quali interrati, che svetteranno su quella che oggi è una collina. Una “sorta di Acropoli”, si legge nel progetto di fattibilità sviluppato dallo studio di architettura Populous, che ha firmato altri interventi noti come il Tottenham Stadium a Londra o la Coca-Cola Arena a Dubai. Lo stadio atterrerà là dove il Piano regolatore prevede un’area verde di circa 14 ettari (7,7 dei quali inseriti nella rete ecologica), usando cubature già previste all’interno dell’ex Sdo, la cui destinazione cambierà da “direzionale e terziario” ad “attrezzature sportive”.
Il verde consumato verrà a sua volta spostato al centro dell’area: non tutto il parco nella sua integrità, con relativo valore in termini di compensazione ambientale, ma solo i 5,2 ettari occupati dall’ovale dello stadio, circa la metà dei quali sottratti alla rete ecologica. La parte più consistente del “nuovo verde” sarà il “Parco centrale”, circa quattro ettari, che sarà ulteriormente frammentato da una quindicina di campi sportivi, tra tennis, padel, basket e calcetto, da un anfiteatro e da una piazza. Inoltre, anche l’area di sicurezza che circonderà l’impianto e che sarà recintata e “libera da ostacoli ingombri” è conteggiata come “verde”.
Quello dello stadio non è l’unico “cemento” previsto a Pietralata. Anche se in ritardo di anni, sono diversi i progetti avviati o in fase di progettazione sulle aree ex Sdo. Tra questi c’è lo studentato da sette piani dell’ente regionale per il diritto allo studio Disco Lazio, in costruzione; il centro di biotecnologie dell’università La Sapienza e poi la sede dell’Istat.
È stata annunciata anche la sede del “Technopole”, il nuovo polo per la ricerca tecnologica finanziato dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), che riunisce università pubbliche e private, enti locali e di ricerca, gruppi industriali. Anche i lotti in disuso della stazione Tiburtina messi in vendita da Fs Sistemi urbani, fuori dall’ex Sdo ma adiacenti, cambieranno volto al quadrante. Lo ha già fatto nel 2017 la sede di Bnl, un palazzo di vetro da 12 piani per 230 metri di lunghezza. Arriveranno anche un hotel, un parcheggio multipiano, una sede della facoltà di Ingegneria de La Sapienza. Dovrebbe atterrare anche un quartiere direzionale che, come anticipato nel 2021 dall’agenzia Dire, potrebbe avere 13 edifici tra i quali quattro torri fino a 90 metri, per un totale di circa 750mila metri cubi. Fs non conferma ma spiega: “Stiamo definendo con l’amministrazione una variante”.
È in questa partita che si inserisce lo stadio della Roma. Dopo il naufragio del progetto di Tor di Valle, che nel 2014 aveva incassato il via libera dell’amministrazione Marino, il sindaco Roberto Gualtieri punta a chiudere in tempi record. “Il via ai cantieri nel 2024 e l’inaugurazione nel 2027 per il centenario della società”, ha detto il 7 febbraio di quest’anno annunciando il voto favorevole all’interesse pubblico da parte della sua Giunta, arrivato meno di un mese dopo il parere positivo ma “subordinato alle prescrizioni” della conferenza dei servizi preliminare. Alla conferenza stampa anche l’ormai ex amministratore delegato dell’As Roma Spa, Pietro Berardi (il 18 aprile è stata nominata al suo posto la manager Lina Souloukou), ha parlato di “tempistica sfidante ma non folle”.
Per la Giunta Gualtieri, si legge nella delibera, lo “stadio multifunzionale” è un “volano di sviluppo economico”, “un’opportunità unica per valorizzare aree verdi”, migliorerà il “posizionamento della As Roma nel ranking internazionale”, genererà lavoro e valorizzerà gli “immobili limitrofi”. Stime in merito, però, non ce ne sono.
A dettare i tempi è stato l’assessore all’Urbanistica Maurizio Veloccia: “Ora spetta all’Assemblea capitolina valutare la delibera per poi votarla nel mese di marzo”, aveva detto a inizio anno. Le commissioni consiliari, però, si sono prese più tempo per elaborare emendamenti alla delibera che sancirà l’interesse pubblico, dal momento che si tratta dell’unica possibilità per l’aula di esprimersi nel merito. Il parere delle commissioni competenti, in base a quanto emerso nel corso di una riunione tra i consiglieri del Pd e il sindaco, è atteso per la fine di aprile. Poi la delibera e il maxiemendamento a essa collegata approderanno in Consiglio per il voto finale.
I consiglieri vogliono inserire nel testo maggiori garanzie in merito al superamento delle criticità emerse in conferenza dei servizi preliminare, prima tra tutte la mobilità. Anche se Pietralata è servita sia dalla metro B sia dalla ferrovia, il trasporto pubblico potrebbe infatti non reggere il carico: le linee ferroviarie dopo una certa ora non circolano più e la frequenza della metro non può essere aumentata a meno di costosi investimenti sull’infrastruttura. Preoccupa anche la viabilità che lo stadio condivide in parte con il vicino ospedale Pertini e il suo pronto soccorso. “Il tessuto viario limitrofo […] non consentirebbe la regolare viabilità”, ha scritto la polizia locale. Alla As Roma è stato chiesto anche di aumentare i parcheggi e il IV municipio, che ha già dato parere favorevole, si è detto preoccupato per l’impatto acustico. La società ha fatto sapere di essere al lavoro per superare le criticità in sede di elaborazione del progetto definitivo da sottoporre alla Regione Lazio per la valutazione di impatto ambientale e la conferenza dei servizi decisoria.
È l’iter previsto dalla legge sugli stadi. Ed è sempre in base a questa normativa che la As Roma ha potuto chiedere di costruire uno stadio privato “in diritto di superficie” sui terreni pubblici espropriati per realizzare lo Sdo (una piccola parte, tra cui la casa di Flavio Fianco, è ancora privata, i costi saranno a carico della As Roma). La convenzione non è ancora stata scritta, ma nella delibera di Giunta si legge che durerà 90 anni, al termine dei quali le opere diventeranno del Comune. La concessione “sarà a carattere oneroso” e sarà calcolata dall’Agenzia dell’Entrate. Una stima però ancora non c’è. Un “partenariato pubblico-privato”: il Comune ci mette i terreni, e si prende 40 milioni di euro di oneri, la società investe 262 milioni per costruire lo stadio e 97 milioni per le opere connesse, l’80 per cento dei quali destinato ai parcheggi. La parte restante per il verde, la viabilità e tre ponti ciclopedonali (due dei quali erano già previsti da piani precedenti). Circa 130 milioni di euro sono infine “somme a disposizione”. Alla As Roma resteranno tutti i ricavi: biglietti, spazi pubblicitari e affitto della struttura che, una volta a regime, potrebbero generare “flussi di cassa” per 69,8 milioni di euro all’anno a fronte di 9,4 milioni di costi stimati, tra i quali Imu, Tari e terreno (200mila euro all’anno secondo le stime).
I comitati contrari allo stadio hanno chiesto inutilmente di anticipare il confronto pubblico, previsto per legge dopo il via libera dell’Aula. “Quando tutti gli uffici saranno costruiti arriveranno ogni giorno migliaia di persone, in parte con l’auto privata. Come si fa ad aggiungere anche lo stadio?”, osserva Francesco Saporito del comitato Pietralata Tiburtina. È nato anche un gruppo “pro stadio” che vede nell’operazione un modo per riqualificare la zona.
La As Roma parla di “rigenerazione urbana”. Ed è per questo che l’area di Pietralata è finita tra i casi studio di un’indagine dell’Istituto superiore per la ricerca ambientale (Ispra) in merito al consumo di suolo di progetti definiti appunto di rigenerazione urbana. “Dovrebbero ridurre le superfici consumate e aumentare la capacità di adattamento al cambiamento climatico”, spiega Michele Munafò, direttore del Servizio per il sistema informativo nazionale ambientale dell’Ispra. “Con le immagini satellitari abbiamo stimato che, una volta realizzati tutti gli edifici previsti a Pietralata, verranno impermeabilizzati circa 20 ettari in più rispetto al 2012”. Un dato da inserire nel quadro complessivo della città: “Il consumo di suolo a Roma è calato solamente tra il 2015 e il 2017. Poi si è tornati a consumare circa 100 ettari all’anno, in linea con il periodo tra il 2006 e il 2015. Anche se l’ultimo piano regolatore ha ridotto le cubature rispetto al precedente, ha lasciato un’eredità pesante -conclude Munafò-. Con questi strumenti urbanistici è complicato azzerare il consumo di suolo, ma resta urgente farlo”.
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