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Ambiente / Reportage

A Roma il rilancio di Cinecittà apre le porte al cemento sul “Pratone”

© Lisa Carignani

L’obiettivo di ampliare gli Studios previsto dal Pnrr sta sbloccando l’edificazione sul terreno di Torre Spaccata, in mano a Cassa depositi e prestiti. Un comitato di residenti però si è opposto e ha depositato una proposta di delibera chiedendo al Consiglio comunale di tutelarne il valore ambientale e archeologico

Sulla carta del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) l’investimento si chiama “Sviluppo industria cinematografica”. Sul suolo di Roma si traduce nella “Centralità urbana di Torre Spaccata”: un’edificazione da circa 600mila metri cubi, di cui l’ampliamento degli Studios è solo una parte, che atterrerà su un rettangolo verde di 57 ettari attorno al quale si affacciano i palazzoni dei quartieri densamente abitati della periferia Est della capitale.

Gli abitanti lo chiamano il Pratone di Torre Spaccata, come i resti medievali che hanno dato il nome alla zona. “Il Pratone da un lato ospita un’incredibile biodiversità: sono state individuate oltre 150 specie vegetali e 60 animali, alcune delle quali tutelate dall’Unione europea come il falco pellegrino. Dall’altro è un luogo di valore dal punto di vista archeologico, come testimoniato dalle indagini della Sovrintendenza di Roma, che hanno portato alla luce molti ritrovamenti”, racconta Maurizio Moretti, del comitato per il Pratone di Torre Spaccata.

A metà febbraio di quest’anno il comitato ha consegnato agli uffici elettorali del Comune di Roma 11mila firme, più del doppio di quelle necessarie, a sostegno di una delibera di iniziativa popolare con una variante al Piano regolatore per cambiare la destinazione d’uso: da edificabile a verde e servizi pubblici. Il testo, al termine di una serie di accertamenti tecnici da parte degli uffici capitolini, verrà discusso in Consiglio entro sei mesi. “Chiediamo a chi amministra Roma di considerare le attuali esigenze dei suoi abitanti in un quadrante dove il verde scarseggia e in un’ottica di sostenibilità e di adattamento al cambiamento climatico. Nessuno è contrario al potenziamento di Cinecittà, ma perché non individuare un’area dove il suolo è già stato impermeabilizzato?”, si chiede Stefano Becchetti del comitato.

Gli abitanti sono abituati a sentir parlare di edificazione sul “Pratone”. Il Piano regolatore generale (Prg) del 1965 lo aveva inserito in uno dei comprensori del Sistema direzionale orientale che avrebbe dovuto ospitare i ministeri e i servizi concentrati nel centro storico. La città, però, si è sviluppata altrove e il piano non è stato realizzato. Il Prg del 2008 vi ha collocato una delle nuove centralità urbane. Anche questo disegno di Roma, a distanza di anni, non può dirsi compiuto. Così il Pratone è rimasto tale.

L’attenzione sul suo destino si è riaccesa il 30 dicembre 2021 quando Cassa depositi e prestiti (Cdp), proprietaria dell’86% dell’area, ha reso pubblica l’intesa preliminare per il trasferimento di 31 ettari a Cinecittà Spa, i cui studi cinematografici sorgono a 500 metri dal Pratone. Proprio qui verranno realizzati otto nuovi teatri, che si andranno ad aggiungere ad altri cinque da costruire all’interno degli Studios, e quindici ettari di “backlot” per le riprese all’aperto. Il progetto va realizzato entro giugno 2026 perché fa parte dell’investimento da 300 milioni che il Pnrr ha destinato allo “Sviluppo dell’industria cinematografica”, che tra gli obiettivi annovera proprio l’aumento della “capacità di attrazione delle grandi produzioni” negli studi di Cinecittà Spa. I milioni investiti sugli Studios saranno 195,4, si legge nel “Piano industriale 2022-2026” redatto dalla società controllata dal ministero dell’Economia (Mef) e da quello della Cultura, tornata in mano pubblica nel 2017 dopo vent’anni di una privatizzazione che, parole dell’ex ministro Dario Franceschini, “non ha funzionato”. I fondi “serviranno a trasformare Cinecittà sia dal punto di vista strutturale, attraverso l’operazione con Cdp, sia da quello tecnologico”, ha detto Franceschini nel settembre 2021.

Una parte andrà per l’acquisto dei terreni di Torre Spaccata. Il piano iniziale, ha spiegato l’amministratore delegato di Cinecittà, Nicola Maccanico, il 26 gennaio scorso in audizione alla commissione Cultura alla Camera, prevedeva che Cdp, anch’essa controllata dal Mef, cedesse il terreno in cambio di azioni. Nel corso del 2021, però, “un cambio di governance dentro Cdp ha implicato un cambio di strategia” e “abbiamo iniziato a ragionare sull’acquisizione del terreno”. L’accordo preliminare raggiunto è di 17,8 milioni di euro. Per il via libera definitivo si attende la convalida della perizia da parte del Demanio, il parere positivo dell’assemblea degli azionisti di Cinecittà e del consiglio di amministrazione di Cdp. Maccanico ha anche spiegato di essere in linea con il raggiungimento dei target del Pnrr e di avere le risorse per costruire sui terreni di Cinecittà “nonostante l’aumento dei prezzi”. C’è però una “complessità” e riguarda i terreni di Torre Spaccata: i fondi del Pnrr bastano per l’acquisto ma non per la realizzazione dei nuovi teatri per la quale “dovremo affidarci alla finanza privata”. In quali termini avverrà questa operazione, però, Maccanico non l’ha spiegato.

Se ne è occupata anche la Corte dei conti che in una delibera del 30 dicembre 2022, nella quale ha esposto una serie di criticità, ha scritto che l’acquisto del terreno e “la conseguente insufficienza delle risorse del Piano” per i nuovi teatri non è “in linea con i principi di efficienza, efficacia ed economicità̀ dell’impiego delle risorse del Pnrr, se non inserito in un quadro previsionale economico-finanziario ad oggi assente”. In audizione Maccanico ha spiegato che il ministero avrebbe risposto alle raccomandazioni della Corte dei conti. Ad Altreconomia non sono arrivate però conferme dal ministero.

L’acquisto con i soldi del Pnrr è l’ultimo atto di una lunga storia di compravendite per il Pratone, trainate soprattutto dalle notevoli previsioni edificatorie fissate dal Prg del 1965, poi confermate solo in parte dalla successiva pianificazione. Cdp è entrata in possesso dei terreni di Torre Spaccata nel 2012, in seguito all’acquisizione della società statale Fintecna Spa. Ora Cassa depositi e prestiti sembra interessata a incassare, anche grazie al traino del rilancio di Cinecittà con i fondi del Pnrr.

Due interventi distinti che però verranno sottoposti all’amministrazione comunale con un unico progetto perché entrambi sfrutteranno le previsioni edificatorie della Centralità urbana di Torre Spaccata: 187.500 metri quadrati di superficie utile lorda, dei quali 156mila privati, suddivisi in 60% commerciale, 20% abitativo e 20% flessibile. Al momento non è stata depositata alcuna documentazione e quindi l’amministrazione non ha avviato un procedimento ma il confronto informale tra le parti è in corso da mesi. Una bozza di schema di assetto preliminare firmata da Cdp, Cdp Immobiliare e Cinecittà Spa, che risale al giugno 2022 e di cui Altreconomia è in possesso, aiuta a farsi un’idea: nell’area degli Studios arriveranno i teatri, in quella che resterà a Cdp (e in parte minore ad altri privati) potrebbero sorgere abitazioni, una multisala, un hotel, uno student housing e parcheggi. Una parte dei terreni verrebbe ceduta al Comune per realizzare a ridosso dell’edificazione una fascia di parco con l’intento di mantenere un collegamento con le altre aree verdi della zona e preservare i resti archeologici. Troppo poco per il comitato, che teme che si tratti di verde funzionale solo a valorizzare l’edificazione. Non la pensa così l’assessore all’Urbanistica del Comune di Roma, Maurizio Veloccia, che ad Altreconomia ha dichiarato che “Dobbiamo trovare un equilibrio tra le previsioni urbanistiche e le istanze del territorio, che sono di tutela ambientale ma anche di lavoro e valorizzazione dei quartieri. La nuova Città del cinema e i 18 ettari di parco sono elementi che tengono insieme questi obiettivi”.

Il comitato, però, immagina un futuro diverso. “A dicembre abbiamo organizzato un laboratorio di automappatura e progettazione collettiva per superare la retorica del ‘vuoto urbano’: il Pratone è ‘pieno’ di elementi naturali e archeologici, come le quattro ville di epoca romana, che sono in forte continuità con quelle dell’adiacente parco di Centocelle, alcuni siti preistorici e uno medievale”, ha spiegato Camilla Siliotti, archeologa attiva nel comitato. “Abbiamo lavorato in tre direzioni -ha aggiunto l’architetta Lisa Carignani-. La mobilità urbana, che comprende i collegamenti tra quartieri e l’uso civico di spazi aperti; quella ecologica, considerando che ci vivono e nidificano diversi animali; e quella interna, legata agli elementi di possibile interesse nel pratone, come i resti archeologici, il casale, il fosso”. Intanto tutti gli occhi sono puntati sulla proposta di delibera. Si attende solo il parere di regolarità tecnica, poi la palla passerà all’Assemblea capitolina che la dovrà discutere entro sei mesi. Il comitato spera che 11mila firme non siano ignorate.

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