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Diritti / Intervista

“I sentimenti di Gaza e quella capacità palestinese di contrastare la sopraffazione”

Rafah, Gaza, 15 ottobre 2023 © Abed Rahim Khatib / Ipa-Agency.Net / Fotogramma

I riflessi sulla società palestinese degli attacchi di Hamas e dei bombardamenti israeliani, il destino della coesistenza e il limite tra volontà di vivere e disponibilità a morire. Intervista a Samah Jabr, psichiatra araba di Gerusalemme, scrittrice e presidente dell’Unità di salute mentale presso il ministero della Salute palestinese

Samah Jabr è una psichiatra araba di Gerusalemme, scrittrice e presidente dell’Unità di salute mentale presso il ministero della Salute palestinese. Attingendo alla sua esperienza clinica e ispirata dal discorso di Frantz Fanon, nei suoi scritti restituisce uno sguardo lucido e disincantato sull’occupazione israeliana e sulla resistenza palestinese. Il suo libro “Dietro i fronti” è stato tradotto in inglese, francese, spagnolo e italiano, ma è in “Sumud” che definisce e riconosce al proprio popolo una capacità di contrastare la sopraffazione, un qualcosa di enormemente più grande della sola resilienza, che non si limita ad uno stato mentale di adattamento. Sono l’esodo, la negazione e il tentato sradicamento a generare pratiche positive di affermazione e sopravvivenza.

L’abbiamo intervistata a cavallo tra gli attacchi di Hamas e la controffensiva dell’esercito israeliano a Gaza, nel tentativo di andare oltre la drammatica cronaca di questi giorni, senza esserne sopraffatti. 

Jabr, quali sentimenti ha scatenato nella società palestinese l’offensiva di Hamas dalla Striscia di Gaza di inizio ottobre.
SJ Non posso fornire informazioni precise sui sentimenti del popolo palestinese ma credo che la maggior parte non sarebbe d’accordo con la parola “offensiva di Hamas”. I palestinesi definiscono ciò che è accaduto il 7 ottobre “resistenza”, che è considerata un diritto umano garantito dal diritto internazionale e un dovere morale per le persone di coscienza che desiderano la libertà. Persone che si sono assunte la responsabilità di rompere le mura della “prigione a cielo aperto” chiamata Striscia di Gaza dopo 16 anni di blocco totale e di attuare per qualche ora il diritto al ritorno dei palestinesi garantito dalla Risoluzione 194 delle Nazioni Unite ma negato da Israele. Osservando i social media palestinesi, si nota ammirazione per il coraggio della resistenza e disprezzo per i tentativi della politica e dei media israeliani e occidentali di isolare questo evento dai 75 anni di storia e occupazione militare israeliana. Come anche definire i palestinesi “terroristi” e “animali” (come affermato dal ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant), o paragonare l’evento all’11 settembre e creare false analogie, come quando si paragona la resistenza palestinese con l’Isis. Le perdite umane, da entrambe le parti, sono assolutamente deplorevoli ma, sia quando i palestinesi agiscono in modo pacifico (come nella Marcia del ritorno) sia quando ricorrono alla violenza, vengono uccisi e condannati. In generale, ritengo che tali eventi evochino diverse e complesse emozioni tra i palestinesi e nella società palestinese. Queste emozioni possono includere paura, rabbia, frustrazione, dolore e un profondo senso di ingiustizia, ma anche speranza e orgoglio. I palestinesi hanno vissuto decenni di traumi e sofferenze, le quali contribuiscono all’intensità delle loro reazioni emotive. Le opinioni su Hamas sono diverse: molti la considerano un’organizzazione di liberazione e sostengono gli sforzi di resistenza del gruppo, altri si oppongono alle sue tattiche e temono la vendetta israeliana e le intenzioni genocide. È importante ricordare che i palestinesi hanno prospettive politiche e ideologiche diverse, che possono variare significativamente in base a fattori come la geografia, le differenze generazionali e le esperienze individuali. L’opinione pubblica può inoltre mutare in risposta all’evolvere delle dinamiche della lotta e degli sviluppi internazionali. 

Come si riverbera tutto ciò sulla vita dei cittadini palestinesi e sulla coesistenza precaria tra arabi palestinesi, arabi israeliani ed ebrei israeliani in luoghi di convivenza come Gerusalemme?
SJ Gli eventi violenti si riflettono profondamente nella vita quotidiana dei cittadini palestinesi, colpendoli su vari livelli. Questo impatto non si limita agli abitanti di Gaza e della Cisgiordania, si estende alle aree con popolazioni miste, come i gerosolimitani e i palestinesi con cittadinanza israeliana. Gerusalemme è al centro di tutto questo ed è stata un punto focale delle tensioni, a causa dei siti religiosi e dell’accesso alla Città Vecchia. In ogni caso, la coesistenza è un mito che non regge alla minima tensione politica. Per gli israeliani, i palestinesi sono tutti schiavi. Non c’è coesistenza possibile tra occupante e occupato, tra il popolo eletto da dio e gli indigeni disumanizzati, demonizzati o invisibili della Palestina occupata: il popolo eletto si sente in diritto di appropriarsi della loro terra. Nel migliore dei casi, i palestinesi sono controllati da posti di blocco, chiusure di strade e operazioni militari. Nei momenti di maggiore tensione e violenza, vendette e ritorsioni si diffondono a macchia d’olio. Nel mio quartiere a Gerusalemme, Beit Hanina, i giovani vengono brutalmente picchiati se sorpresi a guardare il telegiornale oppure ad ascoltare le canzoni nazionali. I nostri colleghi e le nostre controparti israeliane, di solito amichevoli, spesso ci provocano nelle discussioni per estorcerci una condanna nei confronti della resistenza; se ci asteniamo, questo ci sottopone a etichettature e ritorsioni. Alcuni professionisti hanno anche perso il lavoro perché bollati come “simpatizzanti di Hamas”. 

Samah Jabr, psichiatra araba residente a Gerusalemme e presidente della Mental health unit presso il ministero della Salute palestinese

Che cosa rappresenta la Striscia di Gaza per i palestinesi della Cisgiordania e per i profughi sparsi nel mondo e qual è il limite tra volontà di vivere e disponibilità a morire?
SJ Gaza ha un forte significato simbolico per i palestinesi, gli arabi e le altre nazioni che lottano contro l’oppressione e la colonizzazione: è la lotta di Davide contro Golia. Ogni due anni Israele dichiara una guerra e demolisce massicciamente edifici, scuole e ospedali per annientare la resistenza, che ogni volta ne esce più forte e determinata. In arabo Gaza significa “punta” e, metaforicamente, è la punta nella laringe dell’occupazione. Gaza è anche il simbolo del sumoud palestinese, della fermezza, della resilienza e della determinazione di fronte alle avversità. Gli abitanti di Gaza sono percepiti come tenaci nel perseguire il loro obiettivo di autodeterminazione e giustizia. I palestinesi della Cisgiordania e della diaspora nutrono spesso un profondo senso di solidarietà nei confronti dei palestinesi di Gaza, li vedono come difensori in prima linea della causa. La situazione della Striscia rafforza il senso di unità e l’impegno condiviso per il riconoscimento dello Stato palestinese e del diritto al ritorno dei rifugiati. Per quanto riguarda la volontà di vivere e la disponibilità a morire, è essenziale affrontare questo argomento con sensibilità. I palestinesi, come le persone di qualsiasi altra comunità, apprezzano la vita e lottano per un futuro migliore per sé stessi e per le loro famiglie. Il concetto di “disponibilità a morire” non deve essere ridotto alla volontà di compiere atti di violenza, ma deve essere inteso in un contesto più ampio: come lotta per la libertà e per una vita dignitosa. Molti palestinesi si sono impegnati nella resistenza nonviolenta quali le proteste pacifiche, l’advocacy o la disobbedienza civile nel tentativo di portare avanti la loro causa. Questo riflette un impegno a cambiare senza ricorrere alla forza, eppure tutti questi tentativi si sono scontrati con la violenza israeliana: quanti manifestanti sono morti durante la Marcia del ritorno? L’obiettivo finale dei palestinesi è quello di garantire un futuro migliore a sé stessi e alle generazioni a venire caratterizzato da pace, libertà e dignità. La volontà di compiere sacrifici è spesso guidata dal desiderio di raggiungere quest’obiettivo. 

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