Diritti / Approfondimento
I dati su accoglienza e sbarchi che smentiscono il presidente del Consiglio
Il 5 luglio ad Ankara Mario Draghi ha dichiarato che il nostro Paese avrebbe raggiunto il “limite” nell’accoglienza, lasciando presagire nuove strette nel solco del “patto” Ue-Turchia del 2016. Ma la retorica di un’Italia satura è falsa e ripropone le teorie alla base dei respingimenti. A poca distanza dal rinnovo del “memorandum” con la Libia
Il 5 luglio ad Ankara il presidente del Consiglio Mario Draghi ha dichiarato che l’Italia è “il Paese certamente più aperto”, aggiungendo in tono grave che “non si può essere aperti senza limiti” e che “a un certo punto il Paese che accoglie non ce la fa più”. Perché d’accordo, la “gestione dell’immigrazione deve essere umana, equa ed efficace”, ma “anche noi abbiamo dei limiti e ora ci siamo arrivati”.
Le parole di Draghi, pronunciate accanto al presidente turco Recep Tayyip Erdoğan (il fu “dittatore con cui bisogna essere franchi ma cooperare” dell’aprile 2021 e con il quale oggi si stipulano nove accordi strategici, dall’energia al commercio), non hanno alcun fondamento reale e ripropongono la propaganda tossica che in questi anni è stata alla base, in Italia come nel resto d’Europa, della “strategia” di respingimento delle persone in transito. Un dato su tutti: dal 2016 al 2021 (dati dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni) le cosiddette “guardie costiere libiche” hanno respinto, su nostra delega, oltre 100mila persone in fuga dalle torture libiche (si veda l’ultimo report della Missione indipendente delle Nazioni Unite sulla Libia).
Torniamo però all’accoglienza, l’ambito in cui in Italia si sarebbe raggiunto il limite. Al 30 giugno di quest’anno, dati del ministero dell’Interno alla mano, risultano accolte 89.897 persone: 423 negli hotspot, 59.946 nei centri straordinari prefettizi (Cas) e 29.528 in quello che dovrebbe essere il sistema ordinario (Sai, fu Sprar). Nel 2017 erano più del doppio, 183.681, poi crollate dopo il contrasto agli sbarchi, i respingimenti operati dalle milizie libiche e il ricorso alle navi quarantena come “filtro” in ottica di rimpatrio.
Pensare che 89.897 persone in accoglienza bastino per dichiarare la “misura colma” fa specie -così come la “conta” degli sbarchi, 165.404 dal primo gennaio 2018 al 5 luglio 2022, meno del solo 2016-. Guardiamo a quanto sta accadendo con le persone in fuga dall’Ucraina. Dal 24 febbraio, l’inizio dell’invasione russa, al 6 luglio, sono arrivati in Italia in 145.829. Molte più persone di quante ce ne siano, da anni, in accoglienza.
Stesso triste esercizio si può fare per quanto riguarda le domande di asilo presentate in Italia. Nel 2021 a livello europeo i richiedenti sono stati 535.000: la Germania ne ha “assorbito” il 27,7% (148.200), la Francia il 19,4% (103.800), la Spagna l’11,6% (62.100), l’Italia l’8,2%. Il “nostro” dato in termini assoluto è pari a 43.900 domande, cioè meno di 1,5 richiedenti ogni 1.000 abitanti.
L’Italia, ed è così da anni, ai sensi del guasto “sistema Dublino” è invece un Paese che dovrebbe “ricevere” persone e non il contrario, come sostiene erroneamente il presidente Draghi. Nel 2021, infatti, a fronte di circa 19.936 richieste provenienti da altri Paesi Ue al nostro affinché si “riprendesse” in carico altrettante persone, ne sono state trasferite appena 1.462. Per quanto riguarda invece le 3.318 richieste avanzate dall’Italia ad altri membri Ue, quelle concluse sono state 53. L’Italia -mostrano i dati del “Country report” di Aida a cura di Caterina Bove e Maria Cristina Romano di Asgi– è in “debito” per oltre 18.400 persone. Altro che “limiti”.
Come “spiegare” simili dichiarazioni e quali prospettive si delineano? Gianfranco Schiavone -socio Asgi e presidente del Consorzio Italiano di Solidarietà – Ufficio Rifugiati Onlus di Trieste- la riassume così: “Draghi ha detto, in modo elegante, di volere rinnovare il patto con cui la Turchia incassa miliardi di euro per trattenere i migranti. Draghi parlava dell’Italia ma si legge Europa”. Senza contare che il nostro Paese si appresta a rinnovare il “memorandum” con Tripoli, ovvero “con un governo che non è in grado di controllare il territorio e garantire un livello di sicurezza minimo ai propri cittadini -continua Schiavone-. I migranti in questo fosco scenario sono solo ostaggi di trattative su chi si accaparrerà i fondi italiani per gestirli come vuole. Nessun controllo è possibile e parlare di monitoraggio sul rispetto degli accordi per garantire una tutela minima dei diritti degli stranieri non ha senso”.
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