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Cultura e scienza / Intervista

Le montagne e i luoghi silenti di “Varco Appennino”

Pietrapertosa (PZ), aprile 2017 © Simone Donati

Il fotografo Simone Donati, membro del collettivo TerraProject, ha documentato le aree interne dell’Appennino meridionale dal Molise alla Calabria, passando per la Basilicata e la Campania. In un libro i paesaggi e i volti di chi le abita, accompagnati dalle parole del poeta irpino Franco Arminio

“Che cosa ci fai qui?” è la domanda che il fotografo Simone Donati, co-fondatore del collettivo fotografico TerraProject, si è sentito ripetere più spesso nei viaggi che ha intrapreso per raccontare le aree interne dell’Appennino meridionale dal Molise alla Calabria, passando per la Basilicata e la Campania. Il risultato della documentazione è il libro “Varco Appennino” pubblicato nel 2021 dalla casa editrice Witty Books. I paesaggi naturali e cittadini sono alternati ai ritratti di chi è tornato o di chi non è mai andato via, accompagnati dalle parole di “Vocabolario appenninico”, testo del poeta irpino Franco Arminio. “Le persone che ho incontrato mi hanno spesso detto ‘Qui non c’è niente’. Così ho iniziato a riflettere su che cosa queste parole potessero significare”, afferma Donati. “Ho compreso le criticità dei luoghi, lo spopolamento, l’assenza dei servizi. Ma ho provato a cogliere anche i loro aspetti positivi, come il forte senso di appartenenza che li caratterizza e la lentezza dello stile di vita”.

Nel suo precedente lavoro “Hotel immagine” aveva raccontato i riti collettivi e le manifestazioni sacre e profane in Italia. “Varco Appennino” è invece un lavoro fatto di silenzi e lentezza. Come nasce?
SD Il lavoro è iniziato in Calabria nel 2016, il punto da cui ho percorso la dorsale dell’Appennino meridionale. Sono stato poi in Basilicata, Campania e Molise rimanendo sempre nelle aree interne. La ricerca è durata quattro anni per un totale di 15 viaggi. L’ultima foto è stata scattata l’8 marzo 2020, il giorno precedente al primo lockdown nazionale. Mi interessava raccontare i luoghi in cui non capiti per caso, la narrazione di zone poco frequentate, sconosciute. Oltre a dare un’immagine diversa di luoghi spesso noti solo per aspetti negativi. Il libro si apre con Bova Superiore, in provincia di Reggio Calabria, e si conclude in Molise. Nel mezzo, tra gli altri, ci sono il paese di Pietracupa (CB) con la sua roccia, Bisaccia Nuova (AV), Aliano (MT), Nocera Torinese (CZ). Qui ho fotografato il portale di una chiesa: il pavimento è sporco di rosso, è il sangue delle processioni pasquali durante le quali i credenti battono pezzi di vetro sulle loro gambe.

Bova Superiore (RC), agosto 2016 © Simone Donati

In “Varco Appennino” sono presenti immagini di paesaggi e persone. Non ci sono informazioni aggiuntive su chi è ritratto ma solo una loro rappresentazione. Perché questa scelta?
SD Le persone sono trattate come se fossero i simboli di un luogo. Non mi interessava dare altri riferimenti. A differenza del mio precedente lavoro “Hotel immagine”, in “Varco Appennino” non c’è una motivazione giornalistica alla base. È un lavoro di esplorazione, un documentario. È in quest’ottica che ho ritratto le persone conosciute durante i viaggi: chi è non è mai andato via, chi ha preso la decisione di tornare dopo la pensione, chi lo ha fatto per aprire un’attività. Gli uomini e le donne diventano un simbolo dei luoghi. “Varco Appennino” raccoglie fotografie immediate: hanno una chiave di lettura che arriva anche a chi non è un esperto di linguaggio fotografico. Percepisci subito l’atmosfera dei luoghi, il loro silenzio.

Aquilonia (AV), novembre 2018 © Simone Donati

A quale foto è più legato?
SD Sono i due ragazzi che si abbracciano. È stata una delle ultime foto che ho scattato, a Campolieto in provincia di Campobasso in Molise, e aveva il sapore della fine del progetto. Comunica anche speranza, per questo è tra le immagini che concludono il libro: le due persone, lei piemontese e lui molisano, dopo avere vissuto fuori dalla Regione sono tornate per aprire un’azienda biologica. Un’altra immagine fortemente simbolica è la scultura dell’Italia divisa in due tra Nord e Sud. La trovo una rappresentazione calzante della condizione del Paese. Ha diversi livelli di significato e non racconta tutto subito.

Pescopennataro (IS), aprile 2019 © Simone Donati

Accanto alle immagini, sono presenti le parole del poeta Franco Arminio.
SD Insieme alle curatrice del libro Fiorenza Pinna, abbiamo deciso di unire alle foto le parole del poeta e paesologo irpino. Abbiamo pensato al “Vocabolario appenninico” che fa parte di un suo libro pubblicato anni fa. Con Arminio siamo accumunati da uno stesso modo di procedere, io con le immagini e lui con le parole: anche Arminio ha raccontato le aree interne e ha conosciuto come me chi le vive nei bar, nei ristoranti, in strada. Il suo vocabolario arricchisce le foto non in un modo didascalico ma narrativo. Aggiunge una chiave di lettura.

Andrea, Guardiaregia (CB), marzo 2020 © Simone Donati

TerraProject è un collettivo di fotografi fondato nel 2006 e specializzato su tematiche politiche, sociali e ambientali in Italia. Che cosa permette di ottenere questo approccio?
SD Negli ultimi anni in Europa l’esperienza dei collettivi fotografici si è rafforzata. La nostra chiave è realizzare progetti di gruppo dove annulliamo la presenza dei singoli. L’autore diventa uno solo, appunto il collettivo, e questo è evidente anche nei momenti delle esposizioni quando attribuiamo tutte le foto al gruppo. Questo modo di procedere permette di mitigare le differenze personali ma anche di rafforzare il lavoro di ognuno per raggiungere lo stesso obiettivo.

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