Crisi climatica / Attualità
SACE dovrà rendere pubbliche le informazioni sui progetti fossili in Mozambico
Lo ha stabilito il Consiglio di Stato, confermando quanto stabilito lo scorso maggio dal Tar del Lazio che aveva accolto il ricorso presentato da ReCommon. Al centro della richiesta le valutazioni sull’impatto ambientale del terminal galleggiante “Coral South” di Eni e l’impianto “Mozambique LNG” in cui è presente Saipem
Con una sentenza del 18 novembre il Consiglio di Stato -la massima corte amministrativa- ha obbligato SACE, società controllata dal ministero dell’Economia, a rendere pubbliche le informazioni sugli impatti ambientali e climatici di due progetti per l’estrazione di gas in Mozambico promossi da Eni e Saipem e garantiti dallo stesso assicuratore pubblico. Una vittoria per ReCommon che, nell’ottobre 2021, aveva avviato una battaglia legale per chiedere proprio a SACE di mettere a disposizione della collettività le informazioni. Richieste a cui la società ha sempre opposto un ostinato silenzio.
I due progetti in questione sono il terminal galleggiante di “Coral South” (gestito da Eni al largo della costa Nord del Mozambico), che ha aperto la strada dell’estrazione del gas nella provincia di Cabo Delgado, e il “Mozambique LNG”: un impianto per l’estrazione offshore con relativo gasdotto, impianto di liquefazione, strutture di stoccaggio e carico sulle navi del gas naturale liquefatto (Gnl). Le strutture sulla terraferma sono in costruzione sotto la guida di TotalEnergies e con l’italiana Saipem tra i principali contractor. “Le società coinvolte in questi due rischiosi progetti per circa 1,5 miliardi di euro sono garantite dall’assicuratore pubblico del governo italiano -sottolinea ReCommon-. Le multinazionali nostrane che operano in Paesi a rischio non trovano assicuratori privati per garantirsi contro rischi politici o di cambio della legislazione a loro svantaggio, da qui nasce la necessità di avere la copertura di SACE”.
Vale la pena di sottolineare come la regione in cui si concentrano gli investimenti fossili di Eni e Saipem, quella Cabo Delgado, nel Nord del Paese, sia un’area dove fino a un decennio fa le popolazioni locali -pur povere- vivevano in pace. Ma l’arrivo dell’industria fossile ha alimentato un conflitto armato guidato dal gruppo Al-Shabaab che ha causato circa quattromila morti e quasi un milione di rifugiati.
A fronte di questa complessa situazione, nell’ottobre 2021 ReCommon ha avviato la propria azione legale per chiedere all’assicuratore pubblico le specifiche valutazioni (interne e commissionate a esperti esterni) sugli impatti ambientali e climatici dei due mega-progetti. “SACE si è sempre trincerata dietro il mantra della ‘confidenzialità commerciale’ per evitare di mettere a disposizione della collettività queste informazioni”, scrive l’associazione che, di fronte a un primo diniego della società (SACE non ha risposto entro i 30 giorni previsti dalla legge a una richiesta di accesso civico) ha fatto ricorso prima alla Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi (Cada) presso la presidenza del Consiglio dei ministri e successivamente al Tar del Lazio.
Lo scorso maggio il tribunale amministrativo ha dato ragione a ReCommon, obbligando SACE a consegnare tutti i documenti richiesti entro 40 giorni dalla sentenza. Non solo la società assicurativa non ha ottemperato a questo obbligo ma per tutta risposta ha impugnato la decisione del Tar davanti al Consiglio di Stato e chiesto una sospensiva sulla richiesta di accesso ai documenti: i supremi giudici amministrativi, però, hanno ordinato che venisse rispettata da subito la sentenza del Tar del Lazio e venisse garantito l’accesso ai documenti richiesti. “L’accoglimento del ricorso ha determinato che finalmente si facesse giurisprudenza contro la posizione arrogante di SACE -si legge nel comunicato diffuso da ReCommon-. Poter leggere i documenti relativi al progetto di Eni in Mozambico è molto importante per noi e per i nostri partner, inclusi quelli locali”.
Per quanto riguarda il progetto “Mozambique LNG”, guidato da Total e in cui è presente anche Saipem, “è lecito sapere quanto SACE, che era informata delle tensioni in nel Paese, abbia valutato tutti i rischi e gli impatti del progetto, incluso quello climatico. Nonché è cruciale conoscere cosa dicevano alla società i regolari rapporti di monitoraggio del progetto svolti dopo la sua approvazione finanziaria -sottolinea ReCommon-. Val la pena ricordare che, se il progetto fallisse, Saipem, assicurata da SACE, potrebbe chiedere un indennizzo di svariate centinaia di milioni di euro all’istituzione pubblica”.
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