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Ambiente / Attualità

SACE e Intesa Sanpaolo finanziano la devastazione dell’Artico russo

A 10 giorni dalla fine della Cop26 il governo italiano contraddice gli impegni climatici. SACE ha infatti confermato la copertura assicurativa del finanziamento di Intesa Sanpaolo e Cdp per “Artic Lng-2”. “Intesa Sanpaolo si conferma campione di greenwashing”, denuncia ReCommon

© Annie Spratt - Unsplash

A soli dieci giorni dalla fine della Cop26 di Glasgow il governo italiano non rispetta gli impegni presi. SACE infatti ha confermato la copertura assicurativa del finanziamento di Intesa Sanpaolo e Cassa depositi e prestiti per “Artic Lng-2”, un progetto di liquefazione di gas fossile che è in fase di costruzione nella penisola di Gydan, tra i territori più a rischio dell’Artico russo. “Se il buongiorno si vede dal mattino, siamo sicuri che entro la fine del 2022 ci sarà una corsa al finanziamento pubblico di mega-progetti estrattivi come ‘Arctic Lng-2’ che consideriamo l’ennesimo attentato al clima del Pianeta”, spiega Simone Ogno di ReCommon.

Secondo quanto ricostruito da Reuters proprio nei giorni del summit scozzese, mentre l’Italia annunciava impegni per interrompere sussidi pubblici diretti per progetti internazionali legati ai combustibili fossili, i dirigenti della Sezione speciale per l’assicurazione del credito all’esportazione -controllata al 100% da Cassa depositi e prestiti– comunicavano a Giorgio Starace, ambasciatore italiano in Russia, la disponibilità a fornire la copertura assicurativa per “Artic Lng-2”. È l’ennesima garanzia fornita dall’Agenzia per progetti legati ai combustibili fossili: un totale di 8,6 miliardi di euro tra il 2016 e il 2020 per progetti di primo piano. Come sottolineato da ReCommon, SACE compare nei progetti estrattivi di gas da parte di Eni in Mozambico e nel sostegno a banche e imprese direttamente coinvolte in progetti a elevato impatto ambientale sia nella regione artica (come il caso di “Yamal Lng” finanziato con 750 milioni di euro da Intesa Sanpaolo) sia in Africa dove potrebbe entrare in gioco nel contestato oleodotto “Eacop” tra Uganda e Tanzania.

La società russa Novatek, titolare della progettazione di “Artic Lng-2”, ha scelto Intesa Sanpaolo come istituto bancario privilegiato anche grazie ai buoni rapporti tra Mosca e il gruppo finanziario torinese. “La relazione ruota intorno alla figura di Antonio Fallico, presidente di Banca Intesa Russia e dell’associazione Conoscere eurasia che da anni organizza il Forum economico eurasiatico di Verona, dove questi accordi prendono forma”, spiegano i ricercatori di ReCommon. La prima banca italiana dovrebbe concedere almeno 500 milioni di euro alle società coinvolte nel progetto. Del prestito si parla almeno da due anni ma si è realizzato solo dopo la certezza di una garanzia pubblica che coprisse le eventuali perdite.

Questo finanziamento spiega e chiarisce il perché di una clausola inserita nella policy di luglio 2021 che prevede l’esclusione del supporto a progetti estrattivi offshore nell’Artico permettendo invece quelli sulla terraferma come nel caso di “Arctic Lng-2”. “Intesa Sanpaolo si conferma campione di greenwashing nel panorama finanziario italiano -aggiunge Daniela Finamore di ReCommon-. In occasione della Cop26, la banca si è fregiata di impegni net-zero al 2050, insieme ad altre istituzioni finanziarie internazionali. Impegni molto vaghi e a lungo termine che di fatto significano finanziamenti incondizionati all’industria dei combustibili fossili”.

Quel che si sa, secondo quanto ricostruito da un report curato da ReCommon in collaborazione con Greenpeace, è che nel periodo 2016-2020 la banca ha posto 13,7 miliardi di dollari sull’industria fossile con principali beneficiari Eni, Exxon, Novatek, Equinor, Cheniere Energy, Kinder Morgan. Si aggiunge ora Novatek con un ruolo di primo piano di Intesa Sanpaolo anche nell’Artico segnato dalla progressiva riduzione della calotta polare e dalla conseguente “lotta” per la conquista delle risorse naturali.

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