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Altre Economie / Reportage

Quello strano sapore di Spilamberto riscoperto dal turismo responsabile

I relatori e le relatrici del convegno “Turismo responsabile: buone pratiche in comune” nella grande sala del complesso Santa Maria di Spilamberto e gli organizzatori e le organizzatrici della tappa Valle Panaro del festival IT.A.CÀ © Martina Ferlisi

IT.A.CÀ, il festival del turismo responsabile, è approdato a Spilamberto (Modena) che insieme a Guiglia e Savignano sul Panaro ha ideato la tappa della “Valle Panaro”. Un’occasione per valorizzare le bellezze del territorio nascoste dalla quotidianità, e per raccontare ancora una volta le storie alla radice dell’identità di un luogo. Tra artisti, produttori di giostre e un orgoglio unico per l’aceto

Come se cadesse leggera dal cielo, un’enorme goccia nera che brilla al sole si appoggia tra la SP 16 e la SP 623, al centro di una rotatoria dedicata a Rolando Simonini, fondatore della Consorteria dell’Aceto balsamico tradizionale di Modena. L’installazione in vetroresina è diventata il simbolo di Spilamberto, primo paese sulla Strada dei Castelli, ai piedi dell’Appennino modenese e sulla riva sinistra del fiume Panaro.

È stata realizzata dall’artista locale Lorenzo Lunati ed è proprio nel laboratorio dove realizza scenografie per vetrine, teatri, sfilate -per la prima volta aperto al pubblico-, che inizia la tappa di Spilamberto di IT.A.CÀ – festival del turismo responsabile. Per il quarto anno consecutivo è stata organizzata nel paese con l’aiuto del Centro Culturale Almo, coinvolgendo anche i Comuni di Guiglia e Savignano sul Panaro e costruendo insieme la tappa “Valle Panaro”.

La via principale di Spilamberto e il suo Torrione © Martina Ferlisi

A Modena e dintorni la cadenza è leggermente diversa da quella di Bologna dove il festival è nato ormai sedici anni fa, ma tutti conoscono il significato dell’espressione dialettale “it a cà”, “sei a casa”. Un nome che rimanda all’idea “di far scoprire ai locali quanto siamo belli anche noi”, spiega in poche parole, ma efficaci, Giulia Tamarri, accompagnatrice turistica coinvolta nell’organizzazione. Si possono infatti indossare i panni del viaggiatore, il suo spirito di curiosità e di scoperta, senza andare troppo lontano. Anzi rimanendo a casa. È questo uno dei principi del turismo responsabile e di un festival unico nel suo genere.

“Adottare” una tappa di IT.A.CÀ, partecipare o organizzarla, è quindi l’occasione per riscoprire quelle bellezze del territorio che quasi non vediamo più, perché immerse nella quotidianità; per raccontarci ancora una volta quelle storie che sono così parte della narrazione di un posto che ne costruiscono l’identità e nessuno sa più dire se siano vere e a quale epoca risalgano.

Non stupisce quindi sentire i commenti di alcuni degli spilambertesi che hanno partecipato alla visita, nel varcare il cancello della Lunati Manufacturing ideas e scoprire che quel leone gigante che si affaccia minaccioso sulla strada lo avevano sempre visto ma senza farsi troppe domande o facendosele ma senza l’occasione per trovare le risposte.

L’artista Lorenzo Lunati nella sua azienda, la Lunati Manufacturing ideas, racconta la sua storia e il suo lavoro © Martina Ferlisi

Il tema nazionale dell’edizione 2024 è poi “Radici in movimento”. Ogni anno uno diverso e ogni tappa può declinarlo nel modo che sente più vicino. Tornare alle radici può essere quindi un movimento nello spazio ma anche nel tempo.

La gita tra statue di marziani, subacquei, nanetti e mostri di vetroresina e polistirolo, diventa infatti l’occasione per ripensare alla tradizione, di cui si ha testimonianza fin dal XVII secolo, di maestranze e imprenditori specializzati nella costruzione di giostre che hanno reso Spilamberto famosa nel settore in tutto il mondo. Lunati, noto per le sue provocatorie installazioni di Babbo Natale in piazza Venti settembre a Modena, ha imparato il mestiere da una di queste aziende quando aveva solo 16 anni e il desiderio di comprare la sua prima moto.

Lorenzo Lunati mostra ai partecipanti della tappa di IT.A.CÀ  come ha realizzato un elmento per la scenografia di un film © Martina Ferlisi

La degna conclusione della visita sono dunque le parole della signora Lorella: “Intorno non si guarda mai, si guarda sempre lontano, eppure intorno c’è tanto”.

Se ci spingiamo ancora più a fondo alle radici di quella che è l’identità di Spilamberto, dobbiamo però passare di nuovo davanti all’ enorme goccia nera nella rotonda e alla tradizione che evoca, quella più antica e più preziosa del paese: la produzione di Aceto balsamico tradizionale.

Il viale di sequie che porta alla Villa San Donnino © Martina Ferlisi

A pochi passi dall’autostrada del Sole, protetta da un viale di antiche sequoie dai fusti ritti, si nasconde l’acetaia della Villa San Donnino, residenza liberty dei primi del Novecento. Un altro luogo noto agli spilambertesi, ma visitato da pochi. Al suo interno, più di cinquecento “botticelle”, posizionate in batterie da minimo cinque in ordine decrescente, dalla più grande alla più piccola, conservano la produzione della famiglia Lonardi.

L’acetaia della Villa San Donnino © Martina Ferlisi

Una tradizione familiare che si tramanda da generazione in generazione, lasciandola in dote alle figlie e applicando i metodi di lavorazione di un rigido disciplinare di travasi e rincalzi. Se ne producono solo 14mila litri all’anno e sono solo due i tipi di uva ammessi per l’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP, il Trebbiano e il Lambrusco, sei invece le tipologie di legno previste per realizzare le botti e accompagnare l’invecchiamento di minimo 12 o 25 anni: castagno, ciliegio, ginepro, gelso, rovere e acacia. Una sola la boccetta da 100 millilitri in cui è possibile imbottigliarlo, quella panciuta disegnata dal designer Giorgetto Giugiaro.

È qui che l’itinerario organizzato da IT.A.CÀ prosegue, tra le degustazioni che riempiono il palato di sapori, il caldo asfissiante del sottotetto e l’odore acido di mosto fermentato anche da più di cento anni -da prima della Seconda Guerra mondiale- risparmiato dai generali nazisti che occuparono la Villa e che, pensando che fosse vino andato a male, non lo toccarono.

Alcune delle più di cinquecento “botticelle” posizionate nel sotto tetto dell’acetaia di Villa San Donnino di Spilamberto © Martina Ferlisi

Sarà per questo passato da artisti e produttori di giostre o per questo orgoglio unico per l’Aceto che gli spilambertesi si sono guadagnati dai paesi limitrofi l’appellativo di “gente strana”. Oppure forse è perché il paese è abitato da persone visionarie come i membri di Overseas, una comunità con sessanta anni di storia, nata all’indomani dell’appello del giornalista Raoul Follereau che parlando alla gioventù fortunata disse: “non si può essere felici da soli”. Dal 1971 si sono costituiti come organizzazione non governativa di cooperazione internazionale con lo scopo di promuovere lo sviluppo globale di comunità in Paesi extraeuropei.

Li chiamavano “hippies” e alcuni li guardavano con interesse, altri con soggezione. Erano solo giovani “come i salmoni sempre contro corrente”, dice la signora Giuseppina, anche lei parte di questo progetto incredibile. “Avevano studiato, erano intellettuali e coglievano le insidie del linguaggio che si stava diffondendo ai tempi”, racconta. Non amavano l’espressione “Paese in via di sviluppo” e infatti non credevano nei modelli che si stavano imponendo. Loro seguivano il proprio, basato sull’agroecologia e il riuso, sulla solidarietà e la pace tra i popoli. Oggi sono un ente del Terzo settore, impegnato nell’ organizzazione di campi per giovani e in attività di volontariato in Paesi come la Palestina e la Tunisia.

La signora Giuseppina racconta il passato e il presente della organizzazione non governativa Overseas costituita a Splamberto nel 1971 © Martina Ferlisi

Anche Overseas ha contribuito a rendere ricca la tappa “Valle del Panaro” ed era presente al convegno di apertura di IT.A.CÀ “Turismo responsabile: buone pratiche in comune” a fine agosto, promosso dal festival nella grande sala del complesso Santa Maria di Spilamberto, chiesa sconsacrata e riqualificata per ospitare le attività sociali del paese.

“È questa un’occasione importante, un momento di incontro e di ascolto tra chi ha sperimentato non solo buone pratiche, ma anche buone politiche di rispetto dell’ambiente e della comunità, di sostenibilità nell’organizzazione di eventi e nella presentazione del proprio territorio a chi viene da fuori -dice Carlotta Acerbi, assessora di Spilamberto-, perché il turismo sia esperienza e connessione con il territorio e metta in luce saperi e sapori, quello che un territorio di meglio può offrire e non sia invece un’invasione”.

Una vista dei colli modenesi © Martina Ferlisi

Al termine dell’incontro, un lunga tavolata in legno all’ombra di una tettoia di vite aspetta relatori e relatrici al Chiosco dei sapori, azienda agricola lungo il cammino dell’Unione -un percorso ad anello di 109 chilometri da Vignola a Vignola-. I vassoi di gnocco fritto, tigelle, affettati, savòr e marmellate passano di mano e in mano e si brinda con il Lambrusco a Ombretta, a Vincenzo, a Giulia, a Carlotta e a tutti coloro che hanno ideato insieme la tappa, perché “alla fine la differenza la fanno sempre le persone”, concordano tutti.

E se gente strana significa gente che ama il proprio territorio e si impegna con passione ed entusiasmo a valorizzarlo e raccontarlo, allora sì, gli abitanti di Spilamberto strani lo sono davvero.

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