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Diritti / Inchiesta

Nuove navi italiane alla Libia per “ridurre i flussi”. La strategia del Viminale non cambia

Il pattugliatore Fezzan della guardia costiera libica - © SOS MEDITERRANEE

A metà aprile, pochi giorni dopo il decreto del governo sui porti “non sicuri”, il ministero dell’Interno ha aggiudicato un appalto da 1,6 milioni di euro per sei imbarcazioni destinate alla “polizia libica”. I finanziamenti sono dell’Ue. “La continuità tra i governi è impressionante nonostante siano sempre più chiare le responsabilità dei soggetti che finanziamo”, osserva il prof. Luca Masera

Mentre dichiara “non sicuri” i propri porti, l’Italia continua a fornire nuove navi alla Libia per fermare i migranti. Il 16 aprile 2020, infatti, il ministero dell’Interno guidato da Luciana Lamorgese ha aggiudicato definitivamente un appalto da 1,6 milioni di euro per sei nuove imbarcazioni destinate al “servizio navale della polizia libica”. Obiettivo -si legge nel decreto della Direzione centrale dell’immigrazione e della Polizia delle frontiere- “garantire la riduzione dei flussi migratori illegali”.

La decisione arriva a poche settimane dal decreto interministeriale che ha dichiarato appunto “non sicuri” i porti italiani per l’intero periodo di durata dell’emergenza Covid-19 con riferimento a quei “casi di soccorso” effettuati da navi “battenti bandiera straniera al di fuori dell’area SAR (ricerca e soccorso, ndr) italiana”. L’Asgi l’ha bollato come l'”ennesimo provvedimento che elude e mette a rischio i diritti fondamentali della persona”, chiedendone la revoca.

Veniamo alle nuove navi. L’offerta che ha prevalso a metà aprile, a quasi un anno e mezzo di distanza dall’avvio della procedura di gara, è stata quella della MED Spa di Cervia, in provincia di Ravenna: 1,6 milioni di euro, con un ribasso d’asta del 13,5%, per sei “battelli pneumatici di tipo oceanico con chiglia rigida” in vetroresina, lunghi nove metri e “completi di motori fuoribordo da 250 HP quattro tempi”.
Il destinatario è la “polizia libica”. La MED è stata ammessa alla gara pur avendo il 98,93% del capitale sotto sequestro preventivo disposto nel febbraio 2018 dal Tribunale di Perugia. Il ministero dell’Interno, anche a seguito di separate comunicazioni dell’amministratore giudiziario, non ha però rilevato alcun “motivo ostativo”.

Come per altre forniture, anche questo appalto è finanziato dall’Unione europea per mezzo del “Fondo Fiduciario per l’Africa” (EU Trust Fund fo Africa), istituito dalla Commissione europea a fine 2015 con una dotazione di oltre 4,7 miliardi di euro. Il progetto specifico che alimenta i battelli è il “Support to integrated Border and Migration Management in Libya” (prima fase), del valore di oltre 46 milioni di euro. L’accordo di partenza risale a metà dicembre 2017: governo Gentiloni, ministro dell’Interno Marco Minniti.
In quel “progetto”, scrive il Viminale negli atti di quest’ultima gara, sarebbe stata “prevista una specifica voce di budget per la fornitura di battelli pneumatici da destinare allo Stato della Libia e, segnatamente, di n. 6 battelli da 9 metri (quelli aggiudicati, ndr) e n. 14 battelli da 12 metri (non aggiudicati, ndr)”.

Se l’Ue mette le risorse, l’Italia gioca ancora una volta la “copertura” politica del Memorandum d’intesa sottoscritto a Roma il 2 febbraio 2017 tra l’allora presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e il Primo ministro del governo nazionale libico Fayez al-Sarraj. È a quell’accordo -rinnovato all’inizio di febbraio 2020 senz’alcuna modifica– che il governo fa risalire la strategia, sostenendo che la “parte italiana” si sarebbe “impegnata, tra l’altro, a fornire supporto tecnico e tecnologico agli organismi libici incaricati della lotta contro l’immigrazione clandestina”.

È citata di nuovo una “riunione bilaterale di esperti” tenutasi a Roma il 22 marzo 2017 durante la quale sarebbero state trattate “iniziative finalizzate allo sviluppo della cooperazione tra l’Italia e la Libia in materia migratoria”. In quella sede sarebbe stata concordata anche la “fornitura di battelli pneumatici da cedere allo Stato della Libia”. In più di un’occasione Altreconomia ha chiesto copia dei verbali di quelle “riunioni bilaterali di esperti”, senza ricevere però alcuna risposta positiva da parte del Viminale.

Un punto interessante dell’ultima fornitura è quello che riguarda i tempi dell’aggiudicazione definitiva. Come emerge dagli atti di gara, il ministero dell’Interno italiano ha fretta. Il giorno dopo l’aggiudicazione, il 17 aprile scorso, ha trasmesso l’esito alla MED chiedendole di costituire subito la garanzia definitiva (cauzione o fideiussione) per “velocizzare la procedura per la stipula del contratto”. L’iter del resto è stato travagliato. L’unica concorrente di MED, la ditta Marcelli, esclusa nel corso della gara, ha fatto prima ricorso al Tribunale amministrativo regionale del Lazio e poi al Consiglio di Stato. Pur non essendo stata concessa alcuna misura cautelare richiesta, il contenzioso è ancora “in essere”.

Quello che preoccupa il ministero è l’eventualità di perdere i fondi. E lo scrive: “Considerato che il progetto di cui alla procedura di appalto, finanziato con fondi dell’Unione europea, scadrà il 30 giugno 2020 e che sono previsti 330 giorni per l’approntamento alla verifica di conformità dei natanti, si ritiene opportuno, al fine di non perdere i suddetti finanziamenti, di procedere all’aggiudicazione definitiva nei confronti della MED Srl (sic) e alla successiva stipula del contratto nelle more della definizione del contenzioso”.
Guai a farsi scappare i fondi per bloccare i migranti.

“Ancora una volta la ‘cooperazione’ verso l’Africa, in Libia o anche in Niger, si traduce in realtà nel rafforzamento delle polizie e delle forze armate”, commenta Luca Masera, professore associato in Diritto penale presso l’Università degli Studi di Brescia e socio dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi). “L’uso dei fondi del EU Trust Fund for Africa dovrebbe mirare al sostegno ad uno sviluppo sostenibile del continente africano e non invece a rafforzare le capacità operative di entità come la cosiddetta ‘guardia costiera libica’ cui sono contestate le peggiori violenze”.

Masera rileva una netta “continuità” tra i diversi governi sul punto della “cooperazione” con la Libia. “A proposito del Memorandum tra Roma e Tripoli si è parlato molto nei mesi scorsi, dopo la scadenza dei tre anni a inizio febbraio e il suo rinnovo automatico, di trattative da parte del nostro governo per apportare miglioramenti all’accordo. Con l’emergenza Covid-19 se ne è persa traccia e si continua a finanziare le ‘guardie costiere’ anche se le notizie dalla Libia sono sempre più drammatiche. La continuità nel merito è assoluta e impressionante. Minniti, Salvini e Lamorgese agiscono esattamente allo stesso modo nonostante siano sempre più chiare le responsabilità dei soggetti che finanziamo”.

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