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Appalti in Libia per fermare i migranti: il Viminale si rifiuta di mostrare le “richieste” di Tripoli

Una veduta satellitare di Tripoli - © wikipedia

“Pregiudizio” per lo Stato e rapporti internazionali con un Paese “strategico” messi a rischio. Così il ministero dell’Interno ha negato l’accesso civico al documento datato 24 dicembre 2018 che starebbe alla base delle ultime forniture governative alle “autorità competenti libiche”

“Per evitare un pregiudizio concreto alla tutela degli interessi pubblici” dello Stato e tutelare le “relazioni internazionali” con un “Paese strategico per l’Italia sotto il profilo della gestione dei flussi migratori e della sicurezza del Mediterraneo”, il ministero dell’Interno ha negato ad Altreconomia l’accesso all’atto che sta alla base delle ultime forniture alla Libia.

Il documento ritenuto “endoprocedimentale” (sic) e classificato a metà aprile 2019 come “interno” non è altro che una “nota” firmata il 24 dicembre 2018 da quelle che il Viminale ha definito “le competenti autorità libiche”. In questo atto le “autorità” di Tripoli -riconosciute e supportate dall’Italia- avrebbero esplicitato alla Direzione ministeriale dell’immigrazione e della Polizia delle frontiere una “richiesta di assistenza tecnica” con tanto di “specifiche” per poter far fronte a “esigenze istituzionali legate al contrasto del fenomeno dell’immigrazione irregolare”.

Il frontespizio della risposta del ministero dell’Interno all’istanza di accesso civico di Altreconomia

È anche in forza di questa “richiesta” -giudicata appunto “non ostensibile” dal direttore centrale Bontempi- che il governo italiano ha proseguito a equipaggiare Tripoli, come dimostra l’iter dell’avviata fornitura da 2,1 milioni di euro per 30 mezzi “Toyota Land Cruiser” (15 del modello GRJ76 Petrol e 15 del GRJ79 DC Petrol), in “versione tropicalizzata”, o quello dei 10 “minibus” Iveco (1 milione di euro).

Ne sono previste altre di forniture (per un aggiornamento di quelle in corso rimandiamo all’ultimo bando per società di consulenza)? Non è dato saperlo, anche se rifacendosi alla Programmazione biennale degli acquisti 2019-2020 “di beni e servizi di importo superiore a 40mila euro” elaborata dalla Direzione del Viminale parrebbe di sì. Alla voce “Libia” per quest’anno sono previsti diversi “acquisti”, ricompresi negli oltre 90 milioni di euro di spesa complessiva. Partiamo da quelli noti e in cantiere: 1 milione di euro per “corsi di formazione comprendenti la fornitura di mezzi tecnici ed equipaggiamenti vari”, il servizio di rimessa in efficienza di motovedette (1,5 milioni di euro), la fornitura di 20 gommoni (per un importo previsto di 8 milioni di euro), quella dei 30 veicoli Toyota (1,8 milioni) e dei 10 bus Iveco (1,3 milioni). Poi dovrebbe essere affidata la fornitura di 14 ambulanze (1,26 milioni di euro) e 600 tra “dispositivi di comunicazione satellitari radio workstation-giubbotti antiproiettile e altre attrezzature” destinati a “GACS DCIM e LCGPS” per altri 1,2 milioni di euro. Gli acronimi indicano i ministeri dell’Interno (General Administration for Coastal security, General Directorate for Combating Illegal Immigration) e della Difesa (Libyan Coast Guard and Port Security) di quella porzione di Libia sottoposta a Tripoli e al governo di Fayez al-Sarraj, riconosciuta dalle Nazioni Unite (Italia in testa).

Nel 2020 è stato messo a budget 1 milione di euro ulteriore sempre per “corsi di formazione comprendenti la fornitura di mezzi tecnici ed equipaggiamenti vari”. Anche se su tutto questo vale l’incertezza dovuta all’offensiva militare lanciata su Tripoli all’inizio di aprile da parte del generale Khalifa Haftar.

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