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Diritti / Opinioni

L’alternativa dell’ecosocialismo per una società nuova

© Markus Spiske - Unsplash

Non abbiamo una parola che riassuma da sola l’idea di una società nuova. Ma l’ecosocialismo è una preziosa categoria che indica una direzione da percorrere per l’azione e il dialogo comune. Concepisce vie inedite per socializzare l’organizzazione dell’economia e ripensare i criteri che regolano i modelli produttivi. Un termine da accogliere, anche nella sua eredità storica. Le “idee eretiche” di Roberto Mancini

Tratto da Altreconomia 232 — Dicembre 2020

Con quali parole nominiamo il futuro di un’altra economia e di un’altra società? Capirci sui termini è essenziale per il dialogo e l’azione comune. Tra essi c’è il termine “socialismo” ridefinito come ecosocialismo. Non c’è ragione di rimpiangere il “socialismo reale”, le cui mutazioni genetiche sono riscontrabili nella Russia di Vladimir Putin o nella Cina di Xi Jinping. Il “socialismo scientifico” di Karl Marx e quello “utopista” del XIX secolo sono modelli legati alla mentalità di quell’epoca. In Italia non ha senso avere nostalgia per il socialismo del periodo di Bettino Craxi, semmai dovremmo risalire a figure come Andrea Costa, Filippo Turati, Anna Kuliscioff, Giacomo Matteotti, Sandro Pertini. Eppure, malgrado le sue disavventure, l’ideale socialista non è morto. Nel Novecento sono emerse tendenze ancora illuminanti con le esperienze originali di Gandhi in India, di Léopold Senghor in Senegal, di Amilcar Cabral in Guinea-Bissau e Capo Verde e altre ancora. Quale ruolo può avere l’ideale socialista nell’orizzonte di chi si sta impegnando per una civiltà giusta, ecologica, democratica, nonviolenta?

I movimenti coinvolti in questo cammino di trasformazione della società sono quelli che operano per generare un’alternativa alla logica del potere in ogni campo. Intendo il femminismo, per superare il potere patriarcale; l’ecologismo, per superare il potere dell’economia vigente sulla natura; i movimenti di liberazione educativa, per superare il potere degli adulti sulle nuove generazioni; i movimenti di democrazia autoctona, per superare il potere neocoloniale degli occidentali e il razzismo; il movimento nonviolento, per superare l’antichissimo e trasversale attaccamento al potere della violenza; le comunità di fede liberatrice, per superare il potere delle religioni; i movimenti di rigenerazione comunitaria della condizione umana, per superare l’illusione di micropotere tipica dell’individualismo; i movimenti di economia trasformativa, per superare il potere di chi domina l’economia e il lavoro.

Manca una parola che da sola (senza configurarsi come un “-ismo” perché in ogni “ismo” c’è sempre un tratto di unilateralità) possa riassumere l’idea di una società nuova. Abbiamo parole che fanno da segnavia: indicano una direzione senza la pretesa di riassumere l’intero orizzonte. Tra queste l’ecosocialismo mi pare una preziosa categoria di servizio che indica la tendenza fondamentale della trasformazione dell’economia. Non si tratta di aggiornare in chiave ecologica il marxismo perché quest’ultimo, pur attaccando giustamente il dominio del capitale, per altri versi è rimasto interno alla logica del potere. Si tratta piuttosto, tenendo anche conto delle istanze più valide della tradizione marxista, di concepire vie inedite per socializzare democraticamente l’organizzazione dell’economia ripensando a fondo i criteri che orientano l’uso delle risorse, la natura dell’impresa, il circuito distributivo dei beni, le modalità dell’uso e del consumo, della manutenzione e della cura, la centralità dei beni comuni, il ruolo delle diverse soggettività implicate in tali attività, l’antropologia e la visione della natura sottese alla maniera di concepire l’economia. Oltre a costituire un movimento collettivo, oggi l’ecosocialismo va sviluppato come un metodo per far valere sia il criterio della socialità illimitatamente inclusiva, anziché quello della privatizzazione della vita e della finanziarizzazione del mondo, sia il criterio dell’armonizzazione tra la specie umana e la natura. In più il termine ha il merito di raccogliere l’eredità di quanti si sono battuti per la democrazia economica e per la dignità di chi lavora. Perciò va accolto nella costellazione che ruota attorno ai criteri universali di democrazia, pace, coralità, fraternità e sororità. Il fatto che ci manchi un’unica parola per dire tutto questo non è un male perché così evitiamo di abusare di quell’ipotetica parola suprema cadendo nell’illusione di racchiudervi la vita immensa e sempre

Roberto Mancini insegna Filosofia teoretica all’Università di Macerata; il suo libro più recente è “Filosofia della salvezza. Percorsi di liberazione dal sistema di autodistruzione” (EUM, 2019)

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