Una voce indipendente su economia, stili di vita, ambiente, cultura
Diritti / Approfondimento

Le comunità rom e sinte in Italia, tra discriminazioni e fine del “sistema campi”

© Stefano Sbrulli - Associazione 21 Luglio

Il Rapporto annuale dell’Associazione 21 Luglio restituisce un’analisi della situazione delle persone rom e sinte in Italia. Nonostante l’aumento della retorica dell’antiziganismo, di politiche d’inclusione farraginose e dell’emergenza abitativa, l’organizzazione registra però dei “bagliori di speranza”. La via è l’abbandono di un approccio etnico e la creazione di comunità integrate, per superare il “sistema dei campi”, dove la popolazione dal 2016 è comunque calata del 53%

“Alla base del nostro nono report annuale c’è una visione sistemica della realtà”, ha spiegato Veronica Alfonsi, esponente dell’Associazione 21 luglio, non profit che supporta gruppi e individui in condizione di marginalità estrema, presentando a inizio aprile in Senato il rapporto “Bagliori di speranza. La condizione delle comunità rom e sinte in Italia”.

Questo approccio si è tradotto in uno scrupoloso lavoro di monitoraggio e raccolta dei dati sugli insediamenti monoetnici in Italia, che ha portato alla luce diverse criticità e, come suggerisce il titolo del documento, alcuni segnali positivi. 

L’intervento di Alfonsi si è aperto con un’amara constatazione: “Anche per il 2024, a livello europeo, per le persone rom l’Italia si conferma il ‛Paese dei campi’”: tra le nazioni europee, infatti, è quella che ha dedicato maggiori risorse -umane ed economiche- alla gestione di strutture abitative con un chiaro profilo discriminatorio, spesso al di sotto degli standard minimi stabiliti dalle normative nazionali e internazionali.

L’indagine dell’Associazione 21 luglio rivela che gli insediamenti formali all’aperto in Italia sono 102, distribuiti in 75 Comuni e 13 Regioni. Circa 11.100, invece, le persone rom e sinte che vivono in insediamenti monoetnici (lo 0,02% della popolazione). Di questi 10.580 risiedono in baraccopoli e macroaree.

Si stima che circa il 65% dei rom e sinti presenti negli insediamenti istituzionali abbia la cittadinanza italiana e che circa il 55% abbia meno di 18 anni. Attualmente le più grandi baraccopoli formali sorgono a Roma e nella città metropolitana di Napoli, dove si conta la più alta concentrazione di rom in emergenza abitativa -circa tremila residenti- e la situazione appare cristallizzata.

Come evidenziato da Alfonsi, le condizioni di vita all’interno di questi campi sono di grave deprivazione e povertà e tutti gli insediamenti soffrono delle medesime criticità: “mancanza di accesso adeguato a fonti di acqua, di elettricità e riscaldamento e di servizi; abitazioni costruite con materiali di risulta e non sicure; presenza di elevate quantità di rifiuti, anche tossici o industriali”. Secondo quanto riportato dall’Associazione 21 luglio, l’aspettativa di vita di chi vive in una baraccopoli è di almeno dieci anni inferiore a quella della popolazione italiana. 

Nella seconda parte il report rileva che l’Italia arranca anche rispetto al raggiungimento degli obiettivi fissati dalla Strategia nazionale per l’uguaglianza, l’inclusione e la partecipazione di rom e sinti 2021-2030, uno strumento di soft law privo di forza vincolante sul piano normativo, che mira a contrastare stereotipi, a garantire l’accesso a un alloggio adeguato, a migliorare la salute fisica e psicosociale e a favorire l’inclusione sociale, scolastica ed economica di queste comunità.

Anche in questo caso, infatti, emergono alcune problematicità. I risultati riscontrati sul fronte dell’inclusione scolastica, per esempio, sono scarsi a causa del “disallineamento tra le risorse disponibili e le necessità effettive e la scarsa partecipazione delle comunità nei processi decisionali”, mentre nel settore dell’occupazione mancano ancora programmi mirati di inserimento lavorativo.

Inoltre, scrive l’associazione, “nonostante il riconoscimento dell’antiziganismo come problematica centrale, le indagini e le campagne di sensibilizzazione non hanno prodotto risultati significativi”. A tal proposito Alfonsi ha ricordato come “l’evoluzione del discorso pubblico e online nel nostro Paese negli ultimi anni è diventato sempre più xenofobo con toni politici divisivi e antagonisti, che hanno colpito in particolare le donne rom definite ‛borseggiatrici che usano i bambini e la gravidanza per evitare il carcere e continuare a delinquere’”. 

Se, dunque, l’Italia fatica a distaccarsi dalle politiche segregative che hanno contraddistinto gli ultimi decenni, durante la presentazione in Senato, Alfonsi ha posto l’accento anche sui “bagliori di speranza” riscontrati nel corso del 2024. “Tra le note liete rientrano il consistente stanziamento di risorse finanziarie -20 milioni di euro gestiti dall’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (Unar) per interventi specifici sulle comunità rom e sinte e ulteriori 40 milioni stanziati dal ministero del Lavoro destinati all’inclusione scolastica e sociale- e un numero crescente di Comuni impegnati nel superamento degli insediamenti monoetnici, con una significativa riduzione degli sgomberi forzati”.

Proprio a questo scopo, l’Associazione 21 luglio dal 2021 punta con convinzione sul modello MA.REA. (MAppare e REAlizzare comunità), che prevede l’abbandono di un approccio etnico e l’adozione di un modello integrato e partecipativo, attraverso l’“ascolto degli stakeholder, il dialogo con ogni singola famiglia, la mediazione con la comunità rom interessata al fine di individuare i percorsi migliori di inclusione”.  

Numeri alla mano, infine, il rapporto mostra come il superamento del “sistema campi” sia ormai un processo irreversibile. “Rispetto al 2016, anno del primo rilevamento che registrò la presenza di 28mila individui, nel 2024 si è assistito a una diminuzione complessiva del 53%, corrispondente a circa 14.900 unità”, ha dichiarato Alfonsi, che concludendo il suo intervento ha evidenziato come questa tendenza segua due direttrici precise: “da un lato, il crescente desiderio delle nuove generazioni di intraprendere percorsi di uscita autonoma spinge le famiglie a cercare soluzioni abitative alternative; dall’altro, un numero sempre maggiore di amministrazioni comunali e regionali decide di investire risorse e attuare politiche orientate all’inclusione”.

Per il biennio 2025-2026, l’Associazione 21 luglio prevede il superamento di nove insediamenti: Chiesa Rossa a Milano, Via Guerra 36 ad Asti, Candoni, Castel Romano, Gordiani, Salone, Salviati a Roma, Cupa Perillo a Napoli e Scordovillo a Lamezia Terme, per un totale di 2.950 persone coinvolte. 

© riproduzione riservata

Newsletter

Iscriviti alla newsletter di Altreconomia per non perderti le nostre inchieste, le novità editoriali e gli eventi.


© 2025 Altra Economia soc. coop. impresa sociale Tutti i diritti riservati