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La transizione dall’economia di oppressione all’economia di liberazione

Foto d'archivio © Alesia - Unsplash

Per Euclides Mance, tra i pensatori e sperimentatori dell’altra economia nel mondo, è possibile il superamento dei modelli economici oppressivi per quelli di liberazione. È necessario un processo organizzativo, collaborativo e solidale, delle comunità umane perché il cambio economico non interessa solo i flussi materiali ma anche quelli di potere e conoscenza

Le pratiche economiche sono necessariamente relazioni sociali poiché dipendono da flussi materiali, di potere e di conoscenza tra le persone. Così non c’è produzione, circolazione, appropriazione, consumo o credito senza rapporti sociali di produzione, circolazione, appropriazione, consumo o credito. In ogni azione umana c’è quindi, in varia misura, l’esercizio della libertà da parte degli attori sociali; tuttavia non tutti gli esercizi di libertà si svolgono in modo etico. Così in ogni rapporto sociale di produzione, circolazione, appropriazione, consumo e credito, ci sono flussi di materiali, potere e conoscenza operati da attori sociali che li realizzano, in modo più o meno etico e in varia misura, nell’esercizio delle loro libertà personali e collettive.

Quando si indagano le relazioni sociali, considerando il modo in cui gli attori esercitano le loro libertà, possiamo identificare diversi gradi di oppressione o di liberazione a seconda del modo in cui esse si relazionano tra loro attraverso flussi di materiali, di potere e di conoscenza che rendono possibile la realizzazione delle loro libertà in misura maggiore o minore. Più queste relazioni sono etiche, più promuovono le libertà di tutti nella condivisione equa di questi flussi per la realizzazione del bemviver di tutti e di ciascuno.

Le azioni umane sono identificate, sul piano linguistico, da verbi coniugati secondo la temporalità degli eventi e dalle loro relazioni con altre azioni. Così, scegliendo e definendo i verbi appropriati, possiamo fornire indicatori qualitativi utili a proporre una diagnosi circa i rapporti sociali di produzione, circolazione, appropriazione, consumo o credito e per valutare, quindi, quanto siano oppressivi o liberatori, negando, limitando o espandendo le libertà pubbliche e private di ciascuno e di tutti.

Poiché l’esercizio della libertà delle persone, delle comunità e delle società umane richiede mezzi materiali, poteri e conoscenze, è possibile identificare in che misura le persone, le comunità e le società sono private di questi stessi mezzi per realizzare le loro libertà in condizioni di equità e diagnosticare, anche, come questa stessa privazione sia generata e riprodotta nell’esercizio limitato delle libertà degli attori sociali. Così, è possibile identificare l’esistenza o meno di contraddizioni sociali tra diversi attori, raggruppamenti e classi sociali per quanto riguarda l’appropriazione e il controllo dei mezzi di produzione, circolazione, consumo e credito che potrebbero tradursi nella privazione di questi mezzi in misura diversa per le diverse classi sociali e le differenti comunità umane.   

Gli indicatori qualitativi di oppressione e liberazione economica

Ma che cosa significa liberazione? Essa va intesa in due modi: liberazione da e liberazione per, che possono essere spiegate a grandi linee come segue. Liberazione da tutte le forme di oppressione, da tutte le relazioni sociali che negano o limitano la libertà, esercitata eticamente, e da ciò che manca come elemento necessario alla sua realizzazione etica, per esempio: la liberazione dalla fame, dalla povertà, dal razzismo, del sessismo, dall’ignoranza, dalla manipolazione. Liberazione per la realizzazione etica della libertà, che si manifesta nel bemviver di ogni persona, di ogni comunità e di tutti i popoli, considerando l’essere umano nella sua integralità e in tutte le sue dimensioni.

Così nel campo della stessa economia, possiamo parlare di economie di oppressione e di economie di liberazione. La tabella seguente indica alcune relazioni sociali, nonché aspetti delle relazioni di oppressione e di liberazione, che si svolgono al loro interno.

Gli indicatori qualitativi di oppressione e liberazione economica

In sintesi le economie di liberazione sono volte all’eliminazione delle varie forme di oppressione e alla costruzione di modi solidali di produrre, interscambiare, accreditare, consumare, proteggere l’ambiente e democratizzare il potere nonché, anche, all’integrazione sociale e al dialogo interculturale per il bemviver di tutte le persone e di tutti i popoli.

L’economia di liberazione

Negli anni Settanta, dalla prassi della liberazione, si è sviluppata una “Pedagogia della liberazione”, con il contributo di Paulo Freire, una “Sociologia della liberazione”, con il contributo di Fals Borda, una “Psicologia della liberazione”, con il contributo di Martín-Baró, e in altre scienze o aree specifiche, come la filosofia, la teologia, l’antropologia, il teatro, ecc. Da tutto questo, ne è emerso un paradigma della liberazione, sistematizzato in un libro, pubblicato con il titolo “Filosofia della Liberazione-Storia, filoni, critiche e prospettive”. Tuttavia non c’era ancora un’economia di liberazione negli anni Settanta.

Oggi in America Latina sta nascendo un’economia di liberazione che emerge dalla prassi di liberazione economica delle comunità e dei popoli latinoamericani. Gradualmente, una parte delle pratiche dell‘economia solidale di sopravvivenza, che si limitano a generare reddito per soddisfare le necessità di base delle famiglie -sopprimendo in qualche misura le loro privazioni- sono diventate anche economie solidali di resistenza, affrontando diverse pratiche di oppressione economica come lo sfruttamento nel lavoro, l’espropriazione nell’interscambio, la spoliazione nel credito, la privazione nel consumo e il degrado degli ecosistemi. Queste economie solidali di resistenza hanno poi cominciato a svilupparsi, in una forma ancora embrionale, come economie solidali di liberazione, cercando di costruire altri modi di produzione, altri sistemi di interscambio e di credito e altre formazioni sociali nel tentativo di sopprimere le privazioni, superare l’oppressione e realizzare il bemviver delle persone e delle comunità umane. Le oppressioni economiche affrontate sono caratteristiche del modo di produzione capitalista attualmente egemonico e del suo sistema di interscambio, cioè il mercato globalizzato, e del suo sistema di credito, in cui tutto è realizzato per il profitto.

Le azioni organizzate dell’economia popolare e solidale hanno anche fatto progressi nella resistenza verso diverse forme di dominazione politica e culturale. Esse hanno poi proposto e conquistato la messa in atto di politiche pubbliche per l’economia solidale in diversi paesi e l’istituzione di leggi per l’affermazione di nuovi diritti, capaci di riconoscere i loro attori come soggetti economici con caratteristiche proprie che cercano di dar vita a un nuovo assetto istituzionale, legato ai loro processi di liberazione economica.

© Guille Alvarez

In sintesi, la grande novità presente in una parte sempre più crescente di questo movimento consiste nello sforzo ambizioso di avanzare nel superamento di tutte le privazioni e di tutte le forme di oppressione di cui soffrono i popoli latinoamericani e di costruire nuovi modi di produzione, nuovi sistemi di interscambio e di credito; nuove formazioni sociali autogestite, democratiche e solidali, che garantiscano il bemviver di tutte le persone e lo sviluppo di comunità in equilibrio armonico con gli ecosistemi.

Per realizzare questo progetto, nell’economia di liberazione si recuperano, per dirla con Freire, i saperi sorti dall’esperienza, ovvero i saperi presenti nelle pratiche economiche di sopravvivenza, resistenza e liberazione degli oppressi e, con loro, degli attori solidali. Questa conoscenza, presente nella cultura popolare e ancestrale, ha alimentato la sopravvivenza economica delle famiglie e delle comunità favorendo, in tal modo, la loro resistenza alle diverse forme di oppressione e ha alimentato i loro sogni e le loro speranze per un’ampia liberazione economica nella promozione del bemviver per tutti. La verità di questa conoscenza è comprovata nella pratica stessa di queste comunità, organizzazioni e persone.

D’altra parte, però, si recuperano anche le conoscenze della scienza economica già formalizzate storicamente; in particolare, il sapere che permette una comprensione critica del capitalismo e quello che contribuisce meglio a progettare, pianificare e gestire la liberazione delle forze produttive, delle forze di interscambio e delle forze di credito.     

L’unione di questo sapere esperienziale e del sapere scientifico formalizzato si realizza nella riflessione dialogica sviluppata attraverso le pratiche di educazione popolare, i cui risultati, per essere considerati validi, devono essere verificati nella prassi stessa della liberazione economica. Ciò, come economia di liberazione, dà luogo a un sapere popolare che risulta dalla trasformazione della realtà economica di queste popolazioni, della vita delle comunità e delle persone.

Lo sforzo fatto è quello di sistematizzare questo sapere prodotto dialogicamente da queste comunità umane e di collegarlo con il sapere scientifico prodotto nel corso della storia; quest’ultimo, infatti, è integrato nella prassi stessa di liberazione della classe lavoratrice e delle comunità umane solidali nella costruzione di nuove società al fine di avanzare nella produzione di mediazioni teoriche, metodologie e strumenti tecnologici volti a moltiplicare e consolidare i processi solidali di liberazione economica. 

In breve, da un lato, possiamo parlare di economia di liberazione come pratica di liberazione economica, nel campo della produzione, della circolazione, del credito, del consumo e del riciclaggio ecologico, che cerca di far avanzare la liberazione economica delle comunità umane. Dall’altro lato, invece, possiamo parlare di economia di liberazione come di una scienza modellata matematicamente che ci permette di analizzare, con rigore scientifico, il processo stesso della riproduzione allargata del valore economico e il processo della sua liberazione che si realizza a ogni ciclo di produzione, circolazione e realizzazione del valore. Tramite ciò è possibile progettare l’organizzazione di circuiti economici solidali capaci di garantire i mezzi necessari alla realizzazione della liberazione delle forze di produzione, d’interscambio e di credito, per assicurare la liberazione economica delle comunità umane.

Sviluppando l’argomento, saranno presentati di seguito alcuni concetti generali, due esempi didattici degli impatti locali e nazionali che queste soluzioni d’integrazione autogestite del consumo familiare (con l’interscambio, la produzione e il credito solidale) possono generare per la liberazione economica delle società e, infine, sarà fatta una proiezione di liberazione delle forze economiche a partire dai dati della realtà italiana.

Le funzioni principali per progettare questa liberazione delle forze economiche, e come le si impiega, saranno presentate in breve. Per una analisi comparativa, con dati diversi rispetto alla realtà messicana, si può vedere una conferenza tenuta presso l’Università Nazionale Autonoma del Messico – Unam, il cui video è disponibile online (Mance, 2021b). Sulle differenze e le interconnessioni tra i circuiti economici del valore capitale e i circuiti economici del valore solidale, sono disponibili alcuni materiali di un corso realizzato presso la Facoltà Latino-americana di Scienze Sociali-FLACSO, Repubblica Dominicana, (Mance, 2020a) e alcuni articoli che si possono scaricare del sito euclidesmance.net.

I circuiti economici

I circuiti economici del valore comprendono tutte le tappe della metamorfosi del valore stesso; che sia valore capitale o valore solidale. In entrambi ci sono processi di input di valore (Zufluss), output di valore (Abfluss) e feedback interno di valore (Rückfluss). La riproduzione estesa del capitale collega gli anelli del capitale produttivo, commerciale e creditizio nella metamorfosi del valore; è proprio in questi ultimi che si verifica lo sfruttamento del lavoro, l’espropriazione nell’interscambio e la spoliazione nel credito. Alla fine, il plusvalore creato dal lavoro passa attraverso il circuito del capitale e si converte in profitto che viene accumulato, in larga misura, dal capitale produttivo, commerciale e creditizio.

© Alex Hudson

D’altra parte, il valore prodotto nell’economia solidale di sopravvivenza e resistenza finisce anche per essere accumulato nei circuiti economici del capitale, data la loro interconnessione attraverso il mercato. Tuttavia è possibile invertire questa situazione organizzando circuiti economici solidali, in modo che porzioni crescenti dei flussi di valori economici -precedentemente realizzati come profitto dal capitale commerciale, produttivo e creditizio- possano essere catturati, realizzati come eccedenti e accumulati nei circuiti solidali in fondi comunitari autogestiti dalle comunità locali. Questi circuiti economici solidali, poi, possono essere organizzati in forma di cooperative (o sotto altre forme giuridiche) capaci di assicurare l’istituzionalità democratica e popolare necessaria per le azioni di liberazione economica locale ma, anche, a livello regionale e nazionale, con l’organizzazione in questi ambiti si reti di circuiti economici solidali.

I circuiti economici solidali

Prendiamo due esempi didattici. Immaginiamo che un quartiere organizzi un circuito economico solidale che ha due elementi importanti: un emporio, che è un punto dove si collegano gli acquisti mensili delle famiglie, e un fondo di economia solidale, i cui valori sono autogestiti dalla comunità, per liberare le forze di produzione, di circolazione e di credito. L’emporio può funzionare esclusivamente online, ricevendo e totalizzando gli ordini su base settimanale, facendo acquisti in quantità totale, organizzando le scatole e consegnando a domicilio, oppure può funzionare come un people’s supermarket, dove le persone possono ritirare i prodotti quando vogliono. Nell’emporio, inoltre, il consumatore può comprare tutti i prodotti che normalmente comprerebbe in un supermercato convenzionale, oltre a prodotti ecologici e solidali; proprio come avviene in Emporio Nhandecy, del Circuito Economico Solidario di Curitiba. L’emporio opera in modo sostenibile, economicamente, ecologicamente e socialmente, realizzando la sua crescita con valori basati sullo sviluppo della comunità e la promozione del bemviver per tutti.

Immaginiamo che cinquecento famiglie facciano acquisti in questo emporio. Se ogni famiglia spendesse cento euro al mese -un valore che è al di sotto della soglia di povertà per qualsiasi Regione d’Italia, dato che sarebbe poco più di tre euro al giorno per famiglia- ne risulterebbero 50mila euro al mese e 600mila euro di fatturato per l’emporio comunitario in un anno. Su questo valore si ottiene un margine. Nel mercato convenzionale, il margine operativo lordo di Esselunga è stato dell’8,8% nel 2019 e l’utile netto del 3,2% rispetto al 3,5% dell’anno precedente (Pacifico, 2020, n.p.). Ma, come abbiamo visto con i People’s Supermarket ed Emporio Nhandecy, con la partecipazione degli associati alle attività e alla partnership con i produttori locali, i margini possono essere più alti. Così, in questo esempio didattico, se il 10% del fatturato -che prima sarebbe stato accumulato dal capitale commerciale- fosse ora destinato a un fondo di economia solidale, avremmo 60mila euro nel fondo di liberazione economica alla fine del primo anno del circuito (il 10% di 600mila).

Mettiamo questi dati in scala guardando alla situazione italiana. Secondo i dati Istat l’economia sociale in Italia conta 1.519.019 addetti, essendo 1.151.349 nelle cooperative e 367.670 nelle altre organizzazioni dell’economia sociale (Borzaga et al., 2021, p. 13).

Immaginiamo che ogni addetto rappresenti una famiglia. Se queste famiglie spendessero cento euro su una piattaforma online, gestita da una rete nazionale di circuiti economici solidali su tutto il territorio nazionale (che può distribuire l’acquisto richiesto all’emporio cooperativo più vicino al luogo dell’ordine e consegnarlo al domicilio del socio cooperativo), quanto sarebbe il fatturato annuale di questa rete di circuiti economici interconnessi da questa piattaforma di economia solidale? Sarebbero 1,8 miliardi di euro (1.519.019 famiglie x 100 euro x 12 mesi = 1.822.822.800 euro), risultanti dagli acquisti di riso, fagioli, zucchero, caffè, pasta, sapone, shampoo e di quant’altro le famiglie hanno bisogno ogni mese per le loro case; prodotti che comprano ogni settimana per il loro consumo abituale, ma che prima acquistavano nei circuiti economici capitalisti e che ora comprano nei circuiti economici solidali. 

Quanto ci sarebbe nei fondi comunitari per la liberazione delle forze di produzione, di circolazione e di credito alla fine di un anno? Se il margine ottenuto fosse il 10% del fatturato delle imprese, ci sarebbero più di 182 milioni di euro nei fondi.

L’obiettivo primario di questa liberazione economica potrebbe essere quello d’integrare nei circuiti solidali le famiglie più vulnerabili. Secondo Istat, nel 2016, è stato stimato “[…] che 1 milione 619mila famiglie (6,3% delle famiglie residenti) […] [erano] in condizione di povertà assoluta in Italia, per un totale di 4 milioni e 742mila individui (7,9% dell’intera popolazione)” (Istat, 2017, p.2, parentesi quadra nostra). 

Bisogna sottolineare che, in questo esempio, si parla solo di addetti delle cooperative e di altre organizzazioni dell’economia sociale in Italia; persone che sono già integrate nei processi dell’economia sociale e che sarebbero più sensibili ad aderire a questa rete e a partecipare alle sue attività. Questi due esempi permettono di capire perché, economicamente, una rivoluzione delle reti è possibile. Nella metodologia proposta, con l’espansione di questi fondi si può progettare e sviluppare, nel Paese, una rivoluzione economica, politica e sociale basata sull’economia di liberazione.

Per questo è necessaria non solo l’organizzazione in rete dei flussi materiali, di potere e di conoscenza di questi circuiti e di queste comunità ma, anche, la scienza economica nello sviluppo e nell’uso della modellazione matematica richiesta per analizzare -ciclo per ciclo- la produzione, la circolazione e la realizzazione del valore e, anche, per disegnare la migliore strategia di liberazione delle forze economiche.

Modellazione matematica

Nel modellare la progressione e la liberazione dei flussi economici, le variabili incorporate nelle funzioni ed equazioni possono essere convertite in altre funzioni. Gli elementi di queste funzioni, a loro volta, possono anche essere convertiti in altre funzioni considerando, in modo sempre più ampio, i fattori esogeni che condizionano la progressione economica e la liberazione stessa delle forze di produzione, d’interscambio e di credito. Ne risulta una modellazione reticolare ipercomplessa che permette l’integrazione dei fattori economici, ecologici e sociali come variabili interdipendenti nella proiezione della trasformazione sostenibile della realtà per il bemviver di tutti. Tutto ciò tenendo conto, anche, della necessaria sostenibilità economica, ecologica e sociale di questa liberazione economica.

Un esempio di applicazione alla realtà italiana. Commenti sui dati iniziali nel contesto italiano

Nonostante questo esempio sia didattico, tutti i dati usati sono propri della realtà italiana, compresi i dati rispetto alle attività d’interscambio, di investimenti iniziale, di fatturato, di margine operativo lordo, di risultato operativo e di utile netto. Per quanto riguarda l’investimento iniziale, fonti diverse in Italia convergono sul fatto che per aprire un piccolo minimarket di prossimità possono bastare circa 50mila euro di investimento iniziale, mentre per aprire un supermercato l’investimento necessario raddoppia arrivando a un minimo di circa 100mila euro (Infofranchising, 2019, n.p.). 

Foto d’archivio © Jon Tyson – Unsplash

D’altra parte, per quanto riguarda il fatturato e i margini, abbiamo che i ricavi generati da un Supermercato24 ore derivano da:

Mark-up, ossia una maggiorazione di circa il 5-15% sul prezzo dei prodotti venduti dalle insegne non in accordi di partnership con Supermercato24;

– Commissione sul venduto, che solitamente si aggira intorno al 20-30% per le insegne per le quali sussiste un rapporto di partnership (Bisceglia, 2018, p.48);

Inoltre i bilanci di Esselunga mostrano che nel 2019 la società aveva un margine operativo lordo dell’8,8%, un risultato operativo del 4,8 % e un utile netto di 3,2% (Pacifico, 2020, n.p.).

Nel caso della Coop, con dati del 2019; con 14,3 miliardi di euro di fatturato totale di cui il 95% realizzato da sette grandi cooperative, rappresenta la più importante attività economica commerciale nel mondo delle cooperative nel nostro Paese. […] Il conto economico evidenzia un primo margine (margine commerciale allargato) che va da un minimo del 27,9% di Unicoop Firenze a un massimo del 33,3% per Nova Coop. L’azienda più redditizia è Unicoop Firenze (2,31% di Ebit margin e 2,18% di Profit margin), seguita da Coop Liguria, che produce perdite operative (Ebit) ma chiude con un profit margin del 2,12%, grazie all’importante contributo dell’area finanziaria (Di Napoli, 2021. n.p.).

In sintesi, si può dire che nella situazione italiana, nel settore dei supermercati, l’utile netto si aggira tra il 2% e il 3%. (“Meno profitti…”, 2021, n.p.). In base a investimenti e risultati simili, si può fare una proiezione della liberazione autogestita di forze produttive, d’interscambio e di credito in Italia, partendo dall’organizzazione di un circuito locale, che si riproduce progressivamente contribuendo, in tal modo, alla generazione di altri circuiti che a loro volta si replicano. Tutti assieme questi circuiti formano, alla fine, una rete nazionalmente integrata di circuiti che possono così svilupparsi in ragione degli investimenti solidali delle eccedenze accumulate nei loro fondi collettivi autogestiti dalle comunità locali; fondi che sono intesi come res pubblica da impiegare per il bene comune

Un problema da risolvere

Quanti cicli di riproduzione ampliata del valore e di progressione della liberazione delle forze produttive, d’interscambio e di credito sarebbero necessari per soddisfare il consumo totale annuale delle famiglie (z) in Italia? Considerando un consumo stimato -in base al Pil del 2020- di 1.093 miliardi di dollari, partendo da un unico circuito economico solidale, con un valore circolante iniziale (a) di 41.667 dollari, un investimento fisso iniziale (ay) di 83.334 dollari, con un fattore di riproduzione ampliata del valore (x) per ciclo di 1,08, un fattore di reinvestimento in valore circolante (i) di 1,05, un fattore d’investimento in nuovi impianti (u) di 0,02 e un fattore di donazione (o) di 0,01.

Mantenendo queste proporzioni, quante imprese (h) sarebbero integrate nella rete nazionale dei circuiti economici solidali nel momento in cui la domanda totale sarebbe soddisfatta? Quale sarebbe l’ampiezza delle forze produttive, d’interscambio e di credito allora liberate (v), il volume dei segni di valore non monetario (punti) emessi in modo autogestito (fu) e il volume totale dei prodotti offerti in donazione in questi circuiti (ao)? Qui analizzeremo soltanto il flusso del valore -considerando la riproduzione ampliata del valore delle forze produttive e d’interscambio e la loro distribuzione in valore circolante e valore fisso- nelle proporzioni necessarie per il loro sviluppo sostenibile nella sfera della produzione e della circolazione, così come l’emissione di segni non monetari di valore (punti o crediti recuperabili con prodotti) e l’espansione della donazione di mezzi di consumo e mezzi di produzione che, allo stesso modo, alimentano la liberazione delle forze economiche nella sfera della produzione e circolazione. 

 

Risultati delle proiezioni per l’ultimo ciclo

In base a queste condizioni iniziali, per raggiungere la capacità di soddisfazione mensile di consumo familiare nazionale, ci vorrebbero 299 cicli mensili di riproduzione ampliata, di realizzazione del valore e di progressione della liberazione delle forze produttive, d’interscambio e di credito: cioè 24 anni e 11 mesi. Solo per soddisfare il consumo finale -senza considerare il consumo produttivo o il grado di retroazione delle catene produttive- la rete di circuiti distribuiti in tutto il Paese potrebbe avere circa 288.761 imprese autogestite di produzione e circolazione, con un valore stimato in installazioni totali e stock in casa di 36,09 miliardi di dollari.

Poiché questo valore è lo stesso che sostiene l’emissione di segni di valore per transazioni non monetarie (punti o crediti) nei cataloghi di scambio, i segni di valore fino all’importo di 36,09 miliardi di dollari potrebbero essere emessi in modo sostenibile per transazioni non monetarie all’interno dei circuiti. Il volume emesso, nel frattempo, potrebbe essere inferiore, a seconda dell’effettiva necessità di operare adeguatamente per gli scambi. Per tutti gli interscambi non monetari fatti nei circuiti, come scambio o donazione, si fa egualmente il pagamento degli importi rispettivi.  

Nel 299esimo ciclo la distribuzione gratuita di quasi 860 milioni di dollari in mezzi di consumo e mezzi di produzione potrebbe essere realizzata in modo sostenibile, secondo le delibere autogestite da parte di ogni circuito.  Inoltre, più di 17 miliardi di dollari, in mezzi di consumo e produzione, avrebbero potuto essere distribuiti gratuitamente attraverso la serie di cicli realizzati attivando, con questa distribuzione gratuita, le catene di produzione e circolazione proprie dei circuiti.   

Anche se tutto questo può sembrare piuttosto assurdo, non è ancora il momento finale del processo di liberazione delle forze economiche, ma solo una tappa intermedia. Nonostante il volume di produzione finale raggiunga questo livello, infatti, rimangono ancora delle eccedenze che, invece di essere incanalate nell’espansione del valore circolante, possono essere utilizzate per la distribuzione gratuita di input produttivi, riducendo così la copertura dei costi di produzione con denaro o segni di valore non monetari. Questo permetterebbe di aumentare progressivamente, nei cicli successivi, il volume della riproduzione ampliata del valore economico basato sul dono.

Il continuo aumento della produttività, con costi di produzione più bassi, meno necessità di lavoro nella produzione o circolazione e un maggior volume di prodotti distribuiti per la libera appropriazione, rispettando i parametri ecologici della sostenibilità. Ciò rende possibile la progressiva riduzione dell’orario di lavoro per tutti (se la società lo desidera) e l’aumento del tempo libero di ognuno; questo non sarebbe più il tempo dell’esclusione e della disoccupazione sotto il capitale, ma il tempo libero per il bemviver sotto un’economia solidale che si realizza come economia di liberazione.

[…]

Conclusione

La transizione dalle economie di oppressione alle economie di liberazione richiede un processo organizzativo delle comunità umane di tipo collaborativo e solidale. Come tutte le azioni economiche, anche queste sono espressione di relazioni sociali; il cambio economico, infatti, coinvolge non soltanto i flussi materiali, ma anche i flussi di potere e di conoscenza necessari alla liberazione di tutti e di ciascuno perché gli esseri umani si liberano solo in comunione. La strategia di organizzazione dei Circuiti economici solidali migliora le condizioni materiali per le comunità locali per avanzare nella trasformazione dei rapporti sociali verso la costruzione di altri modi di produzione, altri sistemi d’interscambio e credito e altre formazioni sociali, basate sulla concezione etica di promozione della realizzazione del bemviver di tutti.

Gli esempi e le proiezioni didattiche fatte in questo articolo, con gli strumenti matematici impiegati, permettono di capire che, infatti, è possibile in poche decadi avanzare nella transizione verso un altro sistema economico.

Tuttavia, all’espansione della libertà umana -che riposa e si sviluppa nel continuum divenire storico della comunità umana, integrando e trascendendo la libertà di ogni persona- non vi è mai fine dato che le generazioni future sviluppano la loro libertà proprio a partire da quel campo di possibilità che gli è stato offerto dalle generazioni passate. Così, ogni azione economica deve essere problematizzata per essere trasformata, poi, a vantaggio di una prassi di liberazione sviluppando condizioni di realizzazione della libertà delle persone e delle società attraverso la tessitura e il rafforzamento del legame solidale delle comunità economiche umane, comprese come parte integrante dell’oikos della vita. 

© Sabrina Tosato – Unsplash

Alcuni indicatori qualitativi di sviluppo di un altro sistema economico in questa prospettiva sono: la promozione della collaborazione solidale fra le persone, comunità e popoli, la distribuzione equa dei mezzi economici, la soddisfazione dei bisogni di tutti, la donazione in reciprocità comunitaria, la distribuzione giusta del valore economico, la preservazione dell’equilibrio ecologico locale e globale, la collaborazione per costruire società caratterizzate dall’accoglienza e l’integrazione, per il dialogo e l’autogestione collettiva (cercando di servire e non di conquistare), la fioritura di società che sviluppano sintesi culturali sempre più ampie e aperte alla diversità e che rafforzano i legami di cooperazione e di comunione (con base nell’unione comunitaria), la socializzazione e l’organizzazione collettiva per il bene comune. Una società, quindi, caratterizzata per la sua solidarietà e aggregazione.

Questi indicatori qualitativi -come indici semiotici che fanno parte del suo oggetto- sono presenti, in qualche misura, in diverse pratiche di economia solidale e in differenti parti del mondo che, a poco a poco, si stanno integrando in una rete collaborativa secondo una prospettiva liberatrice. Da parte sua, la modellazione matematica presentata formalizza semplicemente una dinamica di flussi di valore che, egualmente, è presente in alcuni circuiti economici solidali e si alimenta sulla base di saperi propri dell’esperienza vissuta. Lo sviluppo di questi saperi, in rapporto dialogico con i saperi scientifici, permette così di rinforzare la prassi di liberazione economica che si sta sviluppando in molti luoghi cercando di costruire, quindi, altri mondi possibili. 

Euclides André Mance è tra i principali pensatori e sperimentatori dell’altra economia nel mondo. È nato a Mogi das Cruzes (San Paolo del Brasile) nel 1963, è laureato in Filosofia e in Pedagogia. Nel 1995 è tra i fondatori dell’Istituto di Filosofia della Liberazione. Da trent’anni si dedica alla costruzione del modello dell’economia della liberazione, in alternativa al modello capitalista. In Brasile e in altri Paesi dell’America Latina ha ispirato e guidato il percorso delle comunità popolari che hanno dato vita ai circuiti economici solidali nei quali il nuovo modello viene sperimentato. Le sue opere principali sono tradotte in italiano: “La rivoluzione delle reti” (EMI, 2003), “Fame zero” (EMI, 2006), “Organizzare reti solidali” (Solidarius Italia, 2010) e “Circuiti economici solidali” (Ioda edizioni, 2017). L’editore Gabrielli di Verona sta avviando la pubblicazione del primo volume della sua opera principale, “Economia della liberazione”.

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