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Diritti / Opinioni

Serve un passaggio di civiltà: dalla geopolitica alla geoetica

È successo con il movimento operaio, con il socialismo, con le lotte anticolonialiste, con l’attivismo per i diritti civili, con le rivendicazioni femministe. Ora accade con l’ecologismo. Dai movimenti alternativi il capitalismo trae linfa per mantenersi insuperabile. Le “idee eretiche” di Roberto Mancini

Tratto da Altreconomia 243 — Dicembre 2021
© Foto di NastyaSensei da Pexels

Dalla geopolitica alla geoetica. È questo il passaggio di civiltà che riapre il futuro. Finché perdura il paradigma della geopolitica le decisioni essenziali restano frutto dei rapporti di potere tra le Nazioni e degli interessi di oligarchie finanziarie e imprese globali. Un’umanità divisa e male orientata è destinata all’autodistruzione. Scrive Zygmunt Bauman che “la partizione degli umani in ‘noi’ e ‘loro’ ha rappresentato una caratteristica costitutiva del modo umano di essere-nel-mondo” (“Sintomi alla ricerca di un oggetto e di un nome” in “La grande regressione”, Feltrinelli, 2017, p. 37).

Tale perenne competizione si svolge nel quadro di sottomissione al dominio globale del tecnocapitalismo. Le oligarchie di questo regime non sono affatto disposte ad alcuna conversione ecologica, democratica e spirituale. Perciò il recente G20 di Roma e poi la Climate Change Conference (Cop26) di Glasgow sono stati un’ipocrita messa in scena. La civiltà capitalista ha un sistema operativo inamovibile e nel contempo estremamente plastico.

Mentre mantiene il suo dogma istitutivo -l’accumulazione di capitale- sa modularsi riassorbendo nella propria logica ogni spinta potenzialmente alternativa. È successo con il movimento operaio, con il socialismo, con le lotte anticolonialiste, con l’attivismo per i diritti civili, con le rivendicazioni femministe. Ora accade con l’ecologismo. Dai movimenti alternativi il capitalismo trae linfa per mantenersi insuperabile. Il “nuovo” è la versione più ipocrita del vecchio: così Draghi ha potuto dire: “stiamo costruendo un nuovo modello economico”, aggiungendo che “l’obiettivo di non superare di un grado e mezzo l’aumento del riscaldamento globale è stato riconosciuto come scientificamente valido”.

Dopo decenni di denunce ora i potenti riconoscono che il problema è degno di indagine scientifica. Pure per quanto riguarda la disponibilità universale del vaccino anti-Covid-19 non c’è alcun impegno per realizzarla e togliere il regime dei brevetti. Si ragiona in termini di “donazioni” dei Paesi ricchi a quelli più poveri. La salute dell’umanità resta in mano alle multinazionali farmaceutiche. Il cammino per uscire dalla trappola deve spegnere il delirio della geopolitica. A persone, popoli e governi la realtà in persona chiede di maturare l’orientamento della geoetica, che è la sapienza di coabitare la Terra con la responsabilità per la rete delle relazioni che abbraccia l’umanità, le creature della natura e la vita stessa. Prima di qualunque forma di verità particolare e dottrinale, la vita va rispettata come verità universale, laica, interreligiosa e interculturale. È in sé valore, senso, condizione originaria e finalità che deve strutturare ecologicamente la politica, l’economia, l’educazione, l’informazione, la tecnologia e i comportamenti quotidiani. 

La modernità occidentale sradicando il soggetto umano dal tessuto comunitario dell’essere al mondo, ha smarrito il senso della relazione fondamentale con la verità e con la natura. Eppure noi possiamo imparare chi siamo e come vivere solo dal rapporto con la natura e con la verità dell’esistenza. L’autocoscienza umana o è cosmica o non è. Se ci isoliamo per erigere una supremazia sul mondo diventiamo distruttivi. Guarire da questo delirio richiede di attuare l’ecologia non come una tecnica, ma come una spiritualità dell’amicizia in tutte le relazioni. E poiché l’apprendimento dell’etica matura nei rapporti quotidiani, ogni comunità (familiare, territoriale, civile, religiosa) deve interiorizzare questa prospettiva. 

La geoetica è la Costituzione della Terra e va attuata nella cura del bene comune.  Su tale terreno possono sorgere governi che prendano la giusta direzione nell’alternativa tra pulsione suicida e sapienza biofila. Chi si assume il compito di tradurre politicamente questa consapevolezza svolge il lavoro più duro ma anche più urgente. Non conta disquisire sulla possibilità di farcela, conta agire con lucidità etica per salvare il Pianeta e tutti noi.

Roberto Mancini insegna Filosofia teoretica all’Università di Macerata; il suo libro più recente è “Gandhi. Al di là del principio di potere” (Feltrinelli, 2021)

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