La salute mentale -alle frontiere tra la situazione sanitaria e la cultura democratica del Paese- è stata senz’altro uno dei temi più ricorrenti nelle promesse per una gestione del dopo Covid-19 centrata sui diritti costituzionali delle persone. Le conseguenze della “contenzione indiscriminata” delle frazioni più fragili della popolazione (dagli anziani all’età pediatrica-adolescenziale, alle persone in carico dei servizi psichiatrici, ai “diseguali” per solitudine e povertà) sono state solo uno dei capitoli più documentati e preoccupanti: i rischi di perdita di autonomia, gli interventi di prevenzione, presa in carico, cura (non strettamente sanitari ma imprescindibili in una logica di priorità dovuta alle disabilità del vivere) sono stati lasciati alla buona volontà, tanto creativa, quanto frammentata dei servizi esistenti.
La mobilitazione di tante piattaforme, fortemente rappresentative sia dei vari ambiti assistenziali sia della “società civile”, ha prodotto propos
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