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Altre Economie / Reportage

La sfida dal basso per una Sardegna rinnovabile

A Villanovaforru un impianto fotovoltaico da 44 kW produce energia per 45 case e un albergo, coprendo il fabbisogno energetico di un centinaio di persone © Schirra/Giraldi

Sull’isola diversi Comuni si oppongono ai mega impianti eolici e fotovoltaici, promuovendo la nascita di comunità energetiche

Tratto da Altreconomia 263 — Ottobre 2023

Sardegna, una delle più grandi isole del Mediterraneo, gioca un ruolo importante nella partita della transizione energetica. Da un lato, il fatto di essere poco abitata (la densità media è di 68 abitanti per chilometro quadrato) è stato una delle ragioni che ha impedito lo sviluppo di una rete gas: a oggi, infatti, è l’unica Regione d’Italia a non essere stata metanizzata. Dall’altro l’abbondanza di sole e di vento l’hanno resa una territorio ambìto per i grandi player dell’energia rinnovabile.

Le imprese del settore cercano quindi di accaparrarsi superfici marine e terrestri per installare grandi impianti fotovoltaici ed eolici. Ma c’è un movimento dal basso, che attraversa la Sardegna da Nord a Sud, promosso dalle amministrazioni locali, che sceglie l’energia a chilometro zero e cerca di contrastare quello che gli stessi abitanti chiamano “colonialismo energetico”.

“Nel 2013 ci siamo opposti all’installazione di un impianto eolico da 54 MW di Edison, che aveva offerto opere compensative pari a 50mila euro a fronte di circa 30 milioni di euro di guadagni annuali”, spiega Silvano Arru, sindaco di Borutta (SS), un piccolo paese dell’entroterra di 250 abitanti, che ha installato impianti fotovoltaici pubblici per quasi 250 kW di potenza totale a uso degli abitanti. “Il sistema va integrato ma siamo a buon punto, mentre il nostro Piano urbanistico comunale vieta la realizzazione di grandi impianti. Vogliamo fornire energia a costo zero agli abitanti: è il modo che abbiamo scelto per dare una nuova vita al paese”.

L’indipendenza energetica è un tema caro anche a Rosolino Sini, il tecnico del Comune di Benetutti (SS): “Negli anni Venti del Novecento in paese c’era un mulino che produceva energia per circa venti utenze. Siamo proprietari della rete di distribuzione e stiamo lavorando per produrre in toto l’energia che ci serve: abbiamo installato impianti fotovoltaici per un kilowatt di potenza ad abitante”. Anche il vicino Comune di Berchidda (SS), che conta poco più di 2.500 abitanti, si occupa da oltre cinquant’anni della distribuzione dell’energia: entro la fine del 2023 concluderà i lavori per implementare la propria smart grid, una “rete intelligente” che permette di ridurre gli sprechi e gestire in tempo reale i flussi tra le diverse utenze.

I 107mila pannelli fotovoltaici installati sulle serre di Narbolia (OR) producono 27 MW di energia. Per sostenere queste strutture sono stati impiantati oltre 33mila plinti da un metro cubo di cemento armato ciascuno (per un totale di tre ettari e mezzo) in uno dei migliori terreni irrigui dell’isola. I progetti approvati e concessi a Enervitabio di Ravenna sono stati ceduti alla Win Sun di Hong Kong che, con la sua controllata Win Sun Luxembourg, incassa più di sette milioni di euro di incentivi statali all’anno per 20 anni e quasi 3,5 milioni di euro all’anno per la vendita di energia. “La nostra protesta non va contro le energie rinnovabili ma contro il metodo che si presta alle speculazioni”, dice Graziano Bullegas di Italia Nostra © Schirra/Giraldi

“Abbiamo acquisito un terreno dove costruiremo un impianto fotovoltaico che coprirà il 40% del nostro fabbisogno -spiega il sindaco Andrea Nieddu- inoltre è in fase di costituzione una comunità energetica rinnovabile (Cer) da 60 utenze”. A oggi quelle ufficialmente riconosciute in Sardegna sono solo due (Villanovaforru e Ussaramanna, attivate in collaborazione con la cooperativa energetica ènostra) mentre un centinaio sono in fase di attivazione, in attesa del decreto con gli incentivi previsto dal decreto legislativo “Red II” (199/2021) che ha recepito una direttiva europea del 2018.

“Ci siamo opposti a un impianto eolico di Edison, che aveva offerto opere compensative per 50mila euro a fronte di 30 milioni di euro di guadagni annuali” – Silvano Arru

In merito ai grandi impianti, invece, a tracciare un quadro dettagliato è il sindaco di Villanovaforru (SU), Maurizio Onnis: “Quelli presentati sono più di 180 -spiega-. A fine 2019, prima del calo dei consumi legato alla pandemia da Covid-19, la Sardegna consumava novemila GWh di energia elettrica l’anno e ne produceva oltre 12mila. In base ai dati forniti da Terna la nostra Regione esporta circa il 35-40% dell’energia che genera. La produzione complessiva stimata degli impianti in attesa di autorizzazione è di circa 25mila GWh: è ovvio che quella energia non serve a noi ma è destinata all’esportazione verso aree d’Italia energivore. Questa è speculazione: chi installa questi impianti guadagna milioni di euro, mentre qui non resta nulla”.

“A fine 2019, prima del calo dei consumi legato alla pandemia, la Sardegna consumava 9mila GWh di energia l’anno e ne produceva oltre 12mila” – Maurizio Onnis

Onnis oggi è impegnato nella lotta contro i grandi impianti eolici: tre progetti interessano anche il Comune che amministra. Sulla sua pagina Facebook tiene una sorta di “diario di viaggio” in cui suggerisce a cittadini e amministrazioni locali metodo e forma per l’opposizione.

Un murale realizzato a Ortueri (NU) mostra una donna in vestito tradizionale che cammina verso il sole. Alla sua sinistra una quercia da sughero sulla quale è stata eseguita l’estrazione, a destra i campanacci dei “sonaggios”, maschere tradizionali per i riti propiziatori prima dell’inizio della primavera © Schirra/Giraldi

La Sardegna avrebbe l’occasione di bypassare la dipendenza da gas (anche se le istituzioni stanno lavorando per avviare la metanizzazione) ed essere la prima grande isola del Mediterraneo a produrre e consumare energia verde al cento per cento. Una visione che però non rientra negli obiettivi politici locali e nazionali.

Nell’Unione europea circa un milione di persone fa parte di una comunità energetica. Secondo le stime di Enea il numero potrebbe toccare i 260 milioni entro il 2050

“Il nostro impianto è di 71 kW, ma solo per questioni normative che dovrebbero essere superate, per questo ora stiamo lavorando sul concetto di Unione dei Comuni per un impianto energetico condiviso”, spiega Marco Sideri, sindaco di Ussaramanna (SU).

Le comunità energetiche, gruppi di soggetti che si organizzano per produrre e condividere localmente l’energia prodotta da fonti rinnovabili, sono per la Sardegna un’occasione per iniziare una transizione energetica dal basso, consapevole, responsabile e condivisa. L’isola potrebbe così diventare un modello concreto di transizione energetica per altre realtà simili.

la scuola estiva di ReCommon per la formazione di attivisti under 30 che nel 2021 e nel 2022 si è svolta a Bauladu (OR). “Dobbiamo ragionare su una transizione energetica giusta piuttosto che sul perpetrarsi di un modello energetico dove rigassificatori, gasdotti ma anche i grandi impianti di energia rinnovabile sono funzionali all’estrazione di ricchezza dai territori”, commenta Elena Gerebizza, campaigner di ReCommon © Schirra/Giraldi

Nell’Unione europea circa un milione di persone fanno parte di una comunità energetica in veste di produttori, clienti o investitori. Un numero che, secondo le stime dell’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie (Enea), potrebbe toccare i 260 milioni entro il 2050 e generare fino al 45% dell’elettricità nei Paesi dell’Ue. Garantendo posti di lavoro all’interno delle comunità locali e contribuendo alla riduzione delle bollette, alla costruzione di un ambiente più salubre e, non ultimo, di un tessuto sociale più forte.

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