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Diritti / Intervista

La ricerca dalla parte della giustizia sociale. Le contro-inchieste di Border Forensics

Ricostruzione realizzata dal Border forensics di quanto successo a Blessing Matthew la notte del 7 maggio 2018 sul confine italo-francese secondo la testimonianza di Hervé © Border Forensics

Un gruppo di ricercatori utilizza l’architettura forense per far luce sulle violenze di Stato a danno delle persone migranti. Dal Mediterraneo al confine alpino tra Italia e Francia, fino al Sahara. L’obiettivo è fare luce su quanto avviene in quei luoghi e dare giustizia a coloro che hanno perso la vita. Intervista a Cristina Del Biaggio

“Non si può essere ricercatori e non perseguire la giustizia sociale, processuale, spaziale. Il mio lavoro avrà avuto un senso anche solo per dare un’altra versione dei fatti, un’altra verità possibile su quelle ‘violenze di Stato’ che negano i diritti fondamentali delle persone”. Non esistono vie di mezzo per la geografa Cristina Del Biaggio, docente all’Università di Grenoble e ricercatrice presso Border Forensics, organizzazione che utilizza gli strumenti dell’architettura forense per produrre nuove prove nell’ambito dei procedimenti giudiziari. È grazie al team composto tra gli altri da Del Biaggio se Blessing Matthew, giovane donna nigeriana morta nel tentativo di attraversare il confine italo-francese il 7 maggio 2018, ha ancora un barlume di speranza di avere giustizia. La contro-inchiesta realizzata da Border Forensics è stata presentata giovedì 2 febbraio all’Urban Lab di Torino, dove l’abbiamo intervistata.

Del Baggio, facciamo un passo indietro. Che cos’è e come nasce l’architettura forense?
CDB I primi lavori vengono condotti da Eyal Weizman, originario di Haifa, in Israele, per ricostruire come l’occupazione israeliana non si realizzasse solamente attraverso la violenza fisica ma anche architettonica e infrastrutturale (sul tema dei diritti umani in Palestina Altreconomia ha da poco pubblicato questo dossier). Si può citare come esempio le ricerche svolte sul caso del cimitero di Al-Araquib considerato illegittimo dalle autorità perché, secondo la loro narrazione, era stato costruito dopo la creazione dello Stato di Israele nel 1948. Recuperando immagini di archivio, Weizman dimostra che quel villaggio e il suo cimitero esistevano prima del 1948. Da questa sua attività prende vita, nel 2010, il centro Forensic Architecture alla Goldsmiths, Università di Londra: oggi sono più di cento le persone che collaborano con il centro. Originariamente l’architettura forense veniva utilizzata solamente in contenziosi assicurativi, ad esempio per fornire prove nei procedimenti di accertamento delle responsabilità per crolli di palazzi e abitazioni, mentre l’architettura forense si apre verso orizzonti più politici.

Con quali obiettivi?
CDB Si parte dal presupposto che ci si occupa non delle violenze perpetrate da persone fisiche nei confronti di singoli ma di violazioni dei diritti fondamentali delle persone da parte degli Stati. Con tre obiettivi individuati sempre da Weizman nel libro “La verità in rovine”. Il primo è cercare di ricostruire la verità dei fatti; il secondo è l’indagine per individuare i responsabili; il terzo è rendere pubblica la “nuova” verità a cui si è arrivati. Le contro-inchieste quindi non hanno valore solo legale, con lo scopo di giungere alla verità processuale, ma anche politico. In un suo libro l’architetto israeliano scrive che “la terra è una fotografia, registra e conserva le tracce di un’occupazione anche se vengono negate”: così anche nel caso di Blessing, siamo andati alla ricerca delle tracce negate. 

Di che cosa si tratta?
CDB Nel maggio 2018, nel suo tentativo di attraversare la frontiera italo-francese dall’Alta Val Susa, Blessing Matthew muore dopo aver raggiunto la cittadina francese di La Vachette, pochi chilometri oltre il confine. Nel febbraio 2021 il tribunale di Grenoble archivia il procedimento sul decesso della giovane donna di origine nigeriana dopo le indagini preliminari delle autorità francesi. L’associazione Tous Migrants e una delle sorelle di Blessing presenti in Italia, Christiana, non volevano però fermarsi e hanno chiesto il nostro intervento per raccogliere nuove prove.

E che cosa avete scoperto?
CDB Abbiamo rintracciato Hervé, il compagno di viaggio di Blessing che è stato al suo fianco durante l’attraversamento del confine, e con lui siamo tornati a La Vachette, dove la giovane è stata inseguita dalla polizia francese. Ha ricostruito i fatti in maniera diversa da quanto riferito dagli agenti francesi, una “nuova” verità che purtroppo non è stata ascoltata dai giudici (ne abbiamo dato conto nel dettaglio qui).

Cioè?
CDB Il tribunale di Grenoble non ha voluto riaprire il caso perché non ha ritenuto le nuove prove sufficienti per procedere ulteriormente. Abbiamo impugnato così alla Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) che ha accettato il ricorso, dovremo aspettare però diversi anni prima della decisione.

“L’inchiesta sul caso di Blessing ha permesso per lo meno di non lasciare una sola versione, quella ufficiale -parziale e contraddittoria- su quanto successo quella notte”

Il caso di Blessing è stato seguito da Border Forensics, un nuovo “progetto” che si ispira agli insegnamenti di Weizman. Come nasce?
CDB I miei due colleghi Charles Heller e Lorenzo Pezzani hanno indagato sulla morte di 72 persone nel mar Mediterraneo nell’aprile 2011 applicando gli strumenti dell’archeologia forense sul tema delle violazione dei diritti fondamentali delle persone in transito. Hanno inoltrato denunce a Francia, Belgio, Italia e Spagna, richiamando le loro responsabilità sul caso. Da quell’indagine è nata l’associazione Border Forensics che poi ha allargato lo sguardo su altri confini, tra cui quello alpino.

Pensi che questa attività che svolgi sia “atipica” per una ricercatrice?
CDB Mi sono sempre detta che non posso fare ricerca senza avere come obiettivo la giustizia sociale e spaziale, essendo geografa. Questo tipo di ricerca, impegnata,  mi dà un barlume di speranza perché mi permette di porre un tassello nella ricerca di giustizia. Mi sento assolutamente legittimata in quanto ricercatrice che non vuole  essere neutra, perché, appunto, l’obiettivo finale è quello di contribuire ad un mondo più giusto. E le politiche migratorie attuali devono essere criticate proprio perché nascono da una profonda ingiustizia. L’inchiesta sul caso di Blessing ha permesso per lo meno di non lasciare una sola versione, quella ufficiale -parziale e contraddittoria- su quanto successo quella notte. Prima della nostra inchiesta, era disponibile solo la “storia” come raccontata dagli agenti, l’unica che resterebbe impressa come la verità; per questo è necessario produrre contro-narrazioni. A prescindere poi dalle conseguenze legali che questo genera.

Nel dicembre 2022 Border forenics, in collaborazione con Human rights watch, ha pubblicato l’inchiesta “Complicità aerea” per ricostruire la collaborazione tra l’Agenzia che sorveglia le frontiere europee e le milizie libiche per intercettare le barche dirette verso l’Europa © Border Forensics

Quali “figure” fanno parte della vostra équipe?
CDB Siamo un team multidisciplinare. Per l’inchiesta su Blessing, l’équipe era composta da due geografe, un architetto, un cineasta oltre ai tecnici più legati al design, alla cartografia e all’animazione 3D. Ma a volte non bastiamo noi. Ad esempio, sempre nell’inchiesta sul Mediterraneo, Pezzani e Heller hanno collaborato con oceanografi per ricostruire la deriva dell’imbarcazione. Tante competenza al servizio della ricerca della verità, chiedendosi, ognuno e ognuna con uno sguardo diverso, “quali tracce ha potuto lasciare questo evento?”. Questo è il grande lavoro: uscire dalla propria logica e immaginare gli scenari possibili e andare alla ricerca delle tracce “negate”, come direbbe Weizman. Per questo è fondamentale avere persone con varie competenze e sensibilità.

Che ruolo gioca l’estetica nei vostri lavori?
CDB Ha un ruolo importante. Lavoriamo sull’estetica e con l’estetica: non è un caso se presentiamo i lavori in gallerie d’arte, saloni espositivi. Siamo stati anche alla Biennale di Venezia. È una parte fondamentale del nostro lavoro, anche sotto l’aspetto di denuncia e sensibilizzazione.

I prossimi progetti del Border Forensics?
CDB Continueremo a lavorare sul confine alpino, come si continua a lavorare sul Mediterraneo con un lavoro di inchiesta sui rapporti tra Frontex e la cosiddetta guardia costiera libica. Sarà pubblicata a breve un’inchiesta sulle persone in transito nel deserto del Sahara. In cantiere c’è anche un lavoro sullo spazio urbano per studiare come la creazione di un “ambiente ostile”, dal termine utilizzato da Theresa May, fa sì che le persone senza un regolare titolo di soggiorno adottino delle posture che le spingono verso delle situazioni di vulnerabilità estreme mettendo in gioco il loro diritto alla vita.

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