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Ambiente / Intervista

La “Resistenza verde” che si batte per difendere gli alberi e i parchi di Torino

Il coordinamento unitario è nato da poco con l’intento di tessere le lotta dei numerosi e diversi comitati cittadini. L’agire comune è prezioso anche perché, spiega Roberto Accornero, attore e doppiatore, attivista ambientale torinese, “la dinamica di assalto al verde da parte della Giunta comunale è sempre la stessa e si replica in altre città”

Da qualche tempo a Torino è in atto una forma di contrasto alle politiche comunali di aggressione al verde cittadino. Si concretizza in diversi comitati dalle modalità più varie e variopinte. Si è iniziato con i Prati di Parella (un quartiere fortemente cementificato in cui si è riusciti a salvare un residuo fazzoletto di verde); poi si è costituito il comitato EsseNon per contrastare l’oscura operazione immobiliare che prevede l’azzeramento del Giardino Artiglieri di Montagna; poi il comitato Salviamo il Meisino, parco fluviale in cui l’illuminata Giunta vorrebbe creare una cittadella dello sport; dalla scorsa primavera è attivo un folto gruppo di persone che si prefigge di proteggere l’alberata di Corso Belgio; e un altro comitato mira a salvare una buona fetta di alberi nel Parco della Pellerina, su cui dovrebbe atterrare un nuovo ospedale; nel contempo continua l’occupazione del bosco in città di Corso Principe Eugenio (Prinz Eugen).

Tutti questi comitati e gruppi si riconoscono oggi in Resistenza Verde, un coordinamento unitario. Sul tema abbiamo intervistato Roberto Accornero, attore e doppiatore, ma anche attivista ambientale torinese. “Resistenza verde è nata da poco con l’intento di coordinare la lotta dei comitati anche perché la dinamica di assalto al verde da parte della Giunta comunale è sempre la stessa e si replica identica in altre città d’Italia -racconta Accornero-. Come ci conferma Daniele Zanzi, il nostro agronomo di riferimento, di livello internazionale, che offre la propria opera gratuita ai comitati di ogni dove e supporta scientificamente le loro lotte. Spesso si contesta ai cittadini di agire in base all’emotività. In realtà l’emotività è importante ma spesso è anche supportata da dati oggettivi”. 

Accornero lei ha seguito in particolare e sta seguendo la vicenda di Corso Belgio.
RA Il regolamento del Verde di Torino prevede che le alberate possano essere sostituite. Ma questo implica che vengano tagliati alberi perfettamente sani. E si giustifica l’operazione con il rischio di caduta di rami o interi individui. Ora, il rischio di caduta in realtà è insignificante, ma viene cavalcata questa giustificazione emozionale, è il bias cognitivo del sensazionalismo. Fa notizia un morto a causa della caduta di un ramo ma non le vittime quotidiane sul lavoro, o per l’inquinamento o gli incidenti stradali. In Corso Belgio l’operazione poi è alimentata da fondi europei, destinati, si badi bene, alla forestazione urbana. 

In teoria i fondi europei dovrebbero servire per alimentare il verde cittadino, non per diminuirlo. Lo recita anche il Piano nazionale di ripresa e resilienza.
RA Peccato che ci sia un paradosso, e cioè che l’Europa ti dà dei soldi perché tu pianti degli alberi, ma non controlla che poi questo avvenga davvero, ma soprattutto che il bilancio ambientale sia favorevole. Se taglio alberi adulti sani e pianto degli alberelli, magari anche due o tre in più, è chiaro che il bilancio ambientale sarà negativo, anche se risulterà che tu hai piantato gli alberi. Come risulta dal programma I-Tree, che calcola i servizi ecosistemici del verde in ambito urbano. Senza contare un dato essenziale: con la siccità gli alberi adulti (Acer negundo) di Corso Belgio attingono acqua molto in profondità. Dove gli alberi adulti sono stati sostituiti da alberelli, come in un’altra arteria cittadina, Corso Umbria, questi non hanno resistito in quanto necessitano di continui innaffiamenti che il Comune non è in grado di garantire. Sotto la Giunta Appendino sono stati piantati migliaia di alberelli, che sono morti in buona parte proprio per questa ragione. Aggiungo: con il cambiamento climatico occorre salvare il verde di prossimità, per la salute dei cittadini, specie quelli anziani. 

Domanda provocatoria: allora le alberate non dovrebbero essere mai sostituite? Gli alberi vanno pure a morire.
RA Certo ma se escludiamo il caso delle malattie che possono assalire una certa specie, come sta accadendo agli ippocastani, non curati in tempo, gli alberi non muoiono tutti insieme, e quindi si procederà a graduali sostituzioni: si avranno soggetti disetanei e anche di specie diverse (anche questo è importante proprio per evitare epidemie), ma l’alberata continuerà a esistere. Del resto, è quello che in questi decenni è stato fatto proprio in Corso Belgio. Certo, questo necessita di una politica mirata che deve transitare da una giunta all’altra, anche a livello di stanziamenti. Invece spesso che cosa capita, che si procede per il presente senza prevedere il futuro e una nuova giunta opera in modo difforme rispetto alla precedente, magari solo perché è una formazione politica diversa. Peraltro, nel caso di Corso Belgio, la prima delibera era della Giunta Appendino che giustificava il taglio perché gli alberi erano infestanti.

È molto bella questa sensibilità ambientale da parte dei cittadini e la loro lotta, del resto in Corso Belgio è in atto da più di due mesi un presidio permanente per evitare il taglio. Ma come si spiega che invece le associazioni ambientaliste latitano?
RA È un aspetto molto doloroso che mi spiego solo con il fatto che almeno su certi temi non vogliono scontrarsi con il governo cittadino. Ma questo non vale solo per le sigle storiche ma anche per quelle recenti.

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