Diritti / Attualità
Il “Libro nero dei respingimenti” mostra la violenza sistematica alle frontiere europee
È uscita l’edizione aggiornata del volume curato dal Border violence monitoring network. Tra il 2021 e il 2022 almeno 16mila persone sono state vittime di brutali respingimenti ai confini dell’Unione europea. Appena il 5% degli intervistati ha riferito di non aver subito maltrattamenti o trattamenti disumani. Anche l’Italia è coinvolta
Le persone in transito verso l’Europa affrontano un “aumento senza precedenti” della violenza ai confini. Più di 16mila persone nel 2021 e 2022 sono state vittime di respingimenti mentre cercavano di raggiungere il territorio europeo. È la punta dell’iceberg ricostruita grazie alle testimonianze di 733 persone intervistate dal Border violence monitoring network (Bvmn) che ha pubblicato a inizio dicembre 2022 la versione aggiornata dell’edizione 2020 del “Libro nero dei respingimenti” commissionato dalla Sinistra (The left) al Parlamento europeo. Sommando le testimonianze raccolte nelle due pubblicazioni, la gestione violenta e illegittima dei confini avrebbe colpito almeno 25mila persone dal 2017 a oggi. E a scorrere le pagine del documento si può ricostruire la “sistematicità” delle torture al confine: pestaggi, stupri, minacce con armi da fuoco. Lo svuotamento e la negazione dei diritti riconosciuti dai trattati fondamentali europei.
Il Bvmn, una rete che riunisce diverse organizzazioni attive in 15 Paesi europei e non, denuncia sei ricorrenti “tipologie” di torture ai confini. Si registrano 57 casi dal 2017 a oggi, che coinvolgono 1.213 persone di cui il 57% minorenni, di utilizzo “punitivo” di armi a scarica elettrica. Tra il 2021 e il 2022 almeno 160 incidenti in cui le persone in transito sono state spogliate forzatamente dei vestiti e dei loro averi: telefoni, soldi e documenti di identità. Spesso la spoliazione era seguita o “anticipata” da un utilizzo sproporzionato della violenza. Si aggiungono poi la detenzione arbitraria, nei veicoli e nelle stazioni di polizia, che è diventata “parte integrante” dei respingimenti. Le persone vengono trattenute in luoghi spesso senza letti o servizi sanitari, con l’accesso a cibo e acqua negato. “Nonostante siano già state private della libertà personale e vittime di trattamenti inumani e degradanti, le persone vengono poi stipate in veicoli di polizia o addirittura in van frigoriferi, quando gli agenti non usano veicoli ufficiali, per essere riportati indietro verso la zona di confine e concludere l’operazione di respingimento”.
A inizio 2021 la perdurante emergenza da Covid-19 ha reso più difficile l’attività delle Ong sulle zone di frontiera. “Non solo da un punto di vista di sostegno materiale: nessuno poteva documentare le aggressioni ai danni delle persone”, spiega il Bvmn. Così le guardie di frontiera di 13 Paesi, Italia compresa, con la “triste pagina” delle riammissioni tornata di grande attualità (ne parleremo qui con RiVolti ai Balcani), hanno iniziato ad utilizzare tecniche di dissuasione “raccapriccianti”. “In questo periodo abbiamo assistito a un preoccupante aumento di metodi sofisticati di tortura ai confini croati e greci. Inclusa l’utilizzo di armi da fuoco e lo stupro, il gettare le persone nei fiumi con le mani a volte ancora bloccate da fascette e la sistematizzazione della svestizione forzata culminata con la morte per congelamento di un gruppo di 19 persone vicino al fiume Evros (sul confine di terra tra Grecia e Turchia, ndr)”.
Anche l’Italia è coinvolta. Oltre quaranta pagine sono dedicate alla raccolta delle testimonianze svolta sul territorio italiano. I respingimenti “appaltati” ai libici nel Mediterraneo, l’utilizzo delle navi quarantena, la privazione della libertà personale delle persone, l’aumento delle espulsioni verso la Tunisia con la “sommaria” analisi delle richieste d’asilo. E poi ancora, i respingimenti al confine italo-francese e le riammissioni a quello italo-sloveno. Si segnala nel 2021 la crescita “esponenziale” dell’utilizzo della rotta adriatica con l’aumento degli arrivi in Calabria specialmente di afghani, siriani, pakistani e curdi. Inoltre continuano a verificarsi numerosi casi di persone “respinte” dai porti adriatici (Ancona in particolare) verso Grecia e Albania. “Anche per coloro che chiedono asilo, sia minori sia persone vulnerabili e senza la presenza di un mediatore e la notifica di provvedimenti formali”. Delle testimonianze registrate quasi nel 45% dei casi le persone hanno richiesto asilo.
Un ruolo fondamentale continua a ricoprirlo Frontex, l’Agenzia che sorveglia le frontiere europee. “È diventato sempre più chiaro che l’Agenzia nelle sue operazioni mette da parte i diritti fondamentali e non può essere ritenuta responsabile delle sue azioni”, sottolineano Alexandra Bogos, Giulio D’Errico ed Elena Beck che hanno curato il capitolo dedicato all’Agenzia. Le dimissioni di aprile 2022 dell’ex direttore Fabrice Leggeri sono una misura “esigua” in un’Agenzia caratterizzata da cattiva gestione, molestie e insabbiamento della violazione dei diritti umani commessa ai confini. Il “ritornello” ripetuto anche dalla direttrice ad interim Aija Kalnaja è che una maggior presenza dei suoi agenti alle frontiere assicurerebbe maggior rispetto del diritto Ue. “Ormai è evidente che non è così. Sono numerosi i casi in cui la presenza non si è tradotta in una gestione più ‘consona’ del confine”, sottolineano gli attivisti. Dal confine tra Grecia e Turchia, a quello tra Albania e Grecia, e poi ancora in Bielorussia e Lituania fino al Mediterraneo centrale. Luoghi dove Frontex c’è e i respingimenti violenti non mancano.
Gli attivisti delle organizzazioni facenti parte del Bvmn sono evidentemente sempre più “scomodi”. Nel “libro nero” un intero capitolo è dedicato alla criminalizzazione sia delle persone in movimento sia della solidarietà. “Molte delle nostre organizzazioni sono state costrette a cambiare sede o a rinunciare al loro lavoro. Ben otto su 12 organizzazioni aderenti al Bvmn sono state prese di mira, sia informalmente sia formalmente”, denunciano. Gli atti “informali” possono essere minacce, intimidazioni, disturbo o minaccia e uso di violenza fisica. E poi il danneggiamento delle sedi delle organizzazioni o i veicoli. Come esempio di criminalizzazione informale il Bvmn cita il caso di Omer Essa Mahdi, ex dipendente di Are you Syrius?, Ong attiva in Croazia, che si è visto revocare lo status di rifugiato dopo aver rifiutato di diventare un informatore dell’Agenzia di sicurezza e di intelligence. Una “scusa” per punire per il suo attivismo a favore delle persone in transito.
Le condanne dei tribunali sovranazionali, sia la Corte di giustizia sia la Corte europea dei diritti dell’Ue, non hanno lasciato “scampo” alle pratiche dei governi. Croazia, Grecia, Slovenia, Macedonia del Nord sono state condannate per la violazione dei diritti fondamentali delle persone in transito. Il diritto, sempre di più, è un ostacolo alle pratiche di “gestione” dei confini realizzate dagli Stati europei. E così, l’obiettivo diventa quello di cambiare le cornici di azioni stabilite dai trattati. Il Patto per le migrazioni e l’asilo presentato nel settembre 2020 rischia, secondo gli attivisti, di aumentare ulteriormente i respingimenti illegali. Si riferiscono soprattutto al tema della “strumentalizzazione” dei migranti e delle modifiche del Codice Schengen, contenute nel Patto, e proposte dopo che l’autocrate leader bielorusso Alexander Lukashenko è stato accusato di aver attirato persone dal Medio Oriente in Bielorussia e poi di averle portate nell’Ue in autobus nel tentativo di provocare il “caos”. “C’è così tanto spazio per l’interpretazione nelle nuove regole da parte degli Stati membri che i nuovi strumenti potrebbero essere attivati a ‘piacimento’ per consentire un massiccio respingimento con individui senza alcun tipo di responsabilità”, ha detto al Guardian Hope Barker, co-editore del “libro nero” e senior policy analyst al Bvmn.
“Dopo la pubblicazione della prima edizione avremmo voluto che gli Stati membri si limitassero a rispettare e ad applicare il diritto comunitario e internazionale, consentendo a donne, uomini e bambini di chiedere asilo sul territorio dell’Ue -scrivono gli editori del ‘libro nero’-. Al contrario: negli ultimi due anni, a Calais, Velika Kladuša, Bihać, Lesbo, Samos, Evros o Melilla, abbiamo ascoltato più testimonianze di sopravvissuti alle violenze subite alle frontiere da parte delle autorità di frontiera dell’Ue. Siamo stati testimoni dei gravi traumi mentali e fisici che questa sistematica violenza di frontiera ha causato a donne, uomini e bambini. […] E abbiamo preso atto del silenzio della Commissione europea, nonostante il nostro costante invito ad agire, e le sue proposte di rendere legittimi i respingimenti”. Un futuro che sembra così essere sempre più buio.
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