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Altre Economie / Opinioni

Il lato oscuro delle filiere

© Shelby Murphy Figueroa - Unsplash

Troppe imprese non si assumono le responsabilità delle proprie scelte. Così consumatori e consumatrici rischiano di essere lasciati soli. Una possibile via d’uscita. La rubrica a cura di “Equo Garantito”

Tratto da Altreconomia 273 — Settembre 2024

Quando la cronaca racconta tragedie come quella del bracciante agricolo Satnam Singh ucciso nei campi dell’Agro Pontino si apre una breccia, seppur temporanea, sul silenzio che copre le diffuse pratiche irregolari nel mondo del lavoro, anche in Italia, e lo sfruttamento che domina svariati settori.

Non perché non ci sia nessuno che se ne occupi, che studi il fenomeno e lo denunci: sono tante le organizzazioni, i sindacati, le università e i soggetti attivi, ma il loro lavoro quotidiano non fa notizia. I player del mercato preferiscono non mostrare il lato oscuro delle filiere produttive e a nessuno piace pensare a chi è stato sottopagato per la produzione del proprio nuovo acquisto o del cibo che mangia.

Non si può neanche trasferire tutta la responsabilità a consumatori e consumatrici, che vogliono o devono risparmiare qualche euro. I veri responsabili sono più in alto nella catena del valore, dalla grande distribuzione che applica meccanismi criminali come le aste al ribasso, alle aziende assediate dai costi e che li tagliano, dai manager che devono dare profitti a fondi finanziari, alle istituzioni nazionali e internazionali che non si schierano per le persone e l’ambiente.

Anzi, quando alcuni strumenti vengono messi in campo, si tende ad annacquarli, come per la Direttiva europea sulla due diligence (di cui più volte abbiamo parlato anche in queste pagine) o a renderli di difficile applicazione, come la legge 199/2016 contro il caporalato.

La differenza potrebbe farla proprio il cambio di paradigma auspicato dall’Agenda 2030 dell’Onu con il coinvolgimento delle aziende nell’azione per gli obiettivi di sviluppo sostenibile (Sdgs), e dalle richieste di responsabilizzazione delle imprese avviate dall’Ue con le recenti Direttive.

I fattori ambientali, sociali e di governance (Esg), su cui le imprese (grandi, medie e piccole) sono tenute a comunicare le proprie pratiche in base alla Direttiva Ue 2464/2022 sul bilancio di sostenibilità, sono tematiche che fanno parte del Dna dell’economia solidale dalle sue origini.

C’è allora speranza che cambi anche il mercato mainstream? Intanto è importante ricordare che la rendicontazione di sostenibilità, seppure preveda l’attestazione di conformità da parte dei revisori, è una dichiarazione delle società stesse, non un sistema di monitoraggio svolto da un soggetto terzo. Per la trasparenza delle filiere e per la scelta dei fornitori, resta quindi strategico il lavoro degli standard ed enti di certificazione e dei sistemi di garanzia, che nello specifico faciliteranno anche l’approvazione del bilancio di sostenibilità.

La garanzia continua a essere un pilastro del commercio equo e solidale. In Italia, i prodotti a marchio Fairtrade e quelli commercializzati dai soci di Equo Garantito -appartenenti a due modelli differenti- garantiscono ai consumatori e consumatrici un acquisto giusto e solidale.

Il sistema di monitoraggio di Equo Garantito è certificato da un ente esterno indipendente ed è costituito da tre passaggi fondamentali: autovalutazione, verifica interna e verifica esterna. Una nuova pubblicazione, un opuscolo liberamente scaricabile dal nostro sito, racconta i valori del fair trade e come è organizzato il sistema di controllo, con un focus sul sistema di garanzia di Equo Garantito, certificato da Csqa certificazioni.

Perché le filiere trasparenti, virtuose e credibili esistano, non può essere solo compito del consumatore e delle consumatrici supportarle e valorizzarle, ma il loro contributo è prezioso per alimentarle.

Equo Garantito. Assemblea Generale Italiana del Commercio Equo e Solidale è l’associazione di categoria delle organizzazioni di Commercio Equo e Solidale italiane

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