Diritti / Inchiesta
Il fuoco della Marina israeliana contro Gaza e il ruolo delle aziende italiane
Le corvette dello Stato ebraico impegnate come le forze di terra e aria nell’attacco contro la Striscia sono armate dall’Italia. I cannoni sono della Oto Melara (gruppo Leonardo), mentre a far luce sui colpi utilizzati sono gli sviluppi seguiti agli scontri nel Mar Rosso. La nostra inchiesta sulle forniture armate italiane continua
La Marina israeliana ha un ruolo attivo negli attacchi contro Gaza. Fin dal 9 ottobre scorso, infatti, le navi militari dello Stato ebraico sono schierate a sostegno delle forze di terra e di aria, contribuendo attivamente alla distruzione della Striscia. Ad aver fornito a Israele le capacità belliche per bombardare Gaza dal mare è da tempo anche l’Italia e in particolare due aziende: Leonardo e Simmel Difesa.
La prima è nota, essendo da tempo la più grande impresa italiana del settore e l’undicesima a livello mondiale, mentre Simmel ha suscitato negli anni minor attenzione. Eppure l’azienda con base a Colleferro, in provincia di Roma, è la maggior produttrice italiana di munizionamento di medio e grosso calibro e vanta una leadership internazionale nel campo del munizionamento navale, secondo quanto riportato dalla stessa Federazione delle aziende italiane per l’aerospazio, la difesa e la sicurezza (Aiad, di cui è stato presidente anche l’attuale ministro della Difesa, Guido Crosetto). Nel 2022 il valore della produzione di Simmel ha sfiorato quota 99 milioni di euro, segnando una crescita di oltre 46 milioni rispetto all’anno precedente. Dal 2014 il socio unico dell’impresa è la Nexter System S.A., gruppo industriale di armamenti appartenente allo Stato francese.
Prima di approfondire il ruolo delle due aziende italiane occorre però mettere a fuoco quello che la Marina israeliana ricopre nelle operazioni contro la Striscia di Gaza. Come chiarito in un’intervista rilasciata alla rivista Israel Defense dal tenente colonnello Steven, ufficiale in forza alla terza divisione della Marina, le navi israeliane sono state usate dopo il 7 ottobre “in missioni difensive”, per poi spostarsi all’attacco. “Già tre settimane dopo l’inizio dei combattimenti partecipavamo alla battaglia con una duplice missione: sorveglianza e fuoco”, le parole del tenente colonnello riportate a febbraio di quest’anno.
Le corvette israeliane sono state perciò largamente impiegate nell’operazione contro la Striscia. Il 9 novembre, per esempio, la Marina ha sparato contro alcune case di Khan Younis, nel Sud di Gaza. Il bombardamento, secondo l’agenzia palestinese Wafa, non avrebbe causato morti o feriti, ma l’attacco è arrivato nell’ultimo giorno di tregua concordato tra Hamas e Israele. A febbraio, invece, sempre a Khan Younis, le corvette hanno aperto il fuoco contro un peschereccio, costringendo l’equipaggio a tornare a riva. Gli attacchi contro i pescatori non sono una novità. Prima del 7 ottobre la Marina aveva infatti il compito di impedire alle imbarcazioni palestinesi di prendere il largo, imponendo di fatto un embargo navale contro la Striscia.
Ad armare le corvette dello Stato ebraico è, dagli anni Settanta, l’italiana Oto Melara, oggi controllata da Leonardo. Le imbarcazioni Sa’ar 3, 4 e 5 sono tutte dotate di cannoni Oto Melara da 76 millimetri prodotti dall’omonima azienda con sede a La Spezia e hanno a bordo il sistema radar per il fire-control Orion RTN-10X, prodotto da Selenia industrie elettroniche associate, azienda successivamente confluita in Selex ES, sempre del gruppo Leonardo. La ex Finmeccanica ha saputo perciò costruire un rapporto solido con Israele nel campo marittimo, come dimostra anche la partecipazione al progetto di ammodernamento lanciato nel 2015 da Tel Aviv per dotare la propria Marina di altre quattro corvette. La costruzione delle imbarcazioni classe Sa’ar 6, ognuna del valore di 400 milioni di dollari, è stata affidata alla tedesca Thyssenkrupp, con Berlino che si è impegnata a pagare un terzo dei costi.
Le corvette sono state consegnate tra dicembre 2020 e luglio 2021 e sono state dotate ancora una volta dei cannoni prodotti dalla Oto Melara da 76 millimetri. Secondo la versione ufficiale del governo israeliano, queste nuove imbarcazioni dovrebbero essere impiegate per difendere i giacimenti di gas metano che si trovano nel Mediterraneo e rivendicati anche dagli Stati confinanti, ma le vicende degli ultimi mesi smentiscono Tel Aviv. Le corvette INS Magen e INS Oz sono state usate per la prima volta per bombardare Gaza, come emerge anche dalla comunicazione diffusa dallo stesso esercito il 14 ottobre 2023. Entrambe le imbarcazioni sono armate con il cannone prodotto da Oto Melara ma è incerto il tipo di munizionamento usato dalla Marina israeliana. Mentre Leonardo/Oto Melara hanno diffuso in alcune occasioni comunicati stampa in cui si celebravano gli accordi di vendita siglati con Israele, non è stata mai fatta alcuna menzione delle munizioni.
Sull’origine dei colpi, quindi, si è sempre saputo poco, ma lo scontro nel Mar Rosso tra gli houthi e le Marine coinvolte nella missione Aspides, a cui partecipa anche l’Italia, ha fornito delle informazioni rilevanti per ricostruire l’origine del munizionamento venduto a Israele. Il cacciatorpediniere italiano Caio Duilio è dotato di cannoni Oto Melara da 76 mm, gli stessi che delle corvette israeliane, e secondo la Rivista italiana difesa (Rid) -una delle più accurate nel panorama italiano a proposito- “è altamente plausibile” che sia stato utilizzato il munizionamento HE-PFF con radiospoletta di prossimità 3AP, entrambi realizzati da Simmel e Oto Melara. Di questo stesso tipo di munizioni si parla in realtà anche in un articolo del 2021 della testata americana Abc, in cui tramite due interviste a un militare israeliano e all’esperto Steve Draper si cerca di risalire all’origine di un missile usato per colpire Gaza e che ha provocato la morte di una bambina di 11 anni. Secondo la ricostruzione di quell’inchiesta, il munizionamento utilizzato è un L62 HE-PFF IM84, sparato per l’appunto dai cannoni Oto Melara installati sulle nuove corvette.
Quei colpi L62 HE-PFF IM84 sono presenti all’interno del catalogo della Simmel e sono stati costruiti proprio per adattarsi a tutti i cannoni Oto Melara da 76 mm. Scorrendo però le Relazioni sulle operazioni di esportazione, importazione e transito di materiale di armamento presentate dal governo al Parlamento dal 2016 al 2022 non risulta che Simmel abbia siglato direttamente accordi di vendita con Israele. Eppure nel 2021 e nel 2022 alla voce “Leonardo” c’è un’operazione di vendita di colpi IM84 -materiale Simmel-, oltre ai proiettili 76 mm L62 HE-PF-IM6-OES con spoletta che rientrano sempre nel catalogo dell’azienda di Colleferro e ugualmente pensati per adattarsi ai cannoni Oto Melara.
Una circostanza confermata anche da Alberto Valleriani dell’Assemblea No War Valle del Sacco, che da anni monitora l’azienda. “Nel catalogo della Simmel sono presenti gli stessi proiettili sparati dalle corvette contro la Striscia. Sappiamo per certo che Leonardo commercia i cannoni ma ha tutto l’interesse a vendere un prodotto completo, dotato anche di munizionamento”. Avere informazioni certe a riguardo, specifica Valleriani, non è però possibile a causa della mancanza di reale trasparenza da parte del governo. Il report annuale non specifica quale prodotto le aziende vendono ai singoli paesi e la riforma della legge 185/90 attualmente in discussione rischia di rendere ancora meno controllabile l’operato del governo.
La mancanza di certezza sull’export, sottolinea la Rete italiana pace e disarmo, non permette di collegare in maniera chiara Simmel e Israele, ma la questione dei cannoni Oto Melara ricorda ancora una volta che siamo di fronte a un sistema che alimenta i conflitti in zone già calde. “L’Italia continua a dire che ci vorrebbe una de-escalation e una soluzione a due Stati, ma allo stesso tempo arma Israele che periodicamente invade Gaza”, osserva Francesco Vignarca, rappresentante della Rete. “Israele usa la Marina per attaccare la Striscia, non per difendersi dai Paesi arabi, eppure l’Italia contribuisce al suo rafforzamento”.
Intanto, le organizzazioni riunitesi nel coordinamento “Basta favori ai mercanti di armi”, di cui fa parte anche la Rete pace e disarmo, hanno lanciato una petizione per chiedere ai parlamentari della Camera di non approvare le modifiche alle legge 185/90, proteggendo così i meccanismi di autorizzazione e controllo e i presidi di trasparenza sull’esportazione di armamenti attualmente esistenti. Altreconomia ha contattato Simmel per avere un commento sulla vicenda ma al momento della pubblicazione di questo articolo non è stata ricevuta alcuna risposta.
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