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Due anni di profitti record per le multinazionali farmaceutiche dei vaccini anti-Covid-19
Tra 2021 e 2022 Pfizer, BioNTech, Moderna e Sinovac hanno realizzato utili per 90 miliardi di dollari. Un risultato possibile grazie a generosi finanziamenti pubblici per la ricerca e vantaggiosi (e opachi) accordi di pre-acquisto siglati dai governi. Il report del centro di ricerca Somo. Che lancia l’allarme sul prossimo accordo pandemico
Tra il 2021 e i primi nove mesi del 2022 le multinazionali farmaceutiche Pfizer, BioNTech, Moderna e Sinovac hanno registrato profitti per circa 90 miliardi di dollari dalla vendita di vaccini e farmaci contro il Covid-19. Guadagni enormi “in larga parte dovuti a decenni di ricerca finanziata da investimenti pubblici, miliardi di sovvenzioni per lo sviluppo e la produzione e decine di miliardi sotto forma di Accordi di acquisto avanzato (APA) con i governi”, sottolinea Somo, organizzazione olandese che indaga i comportamenti e le politiche delle grandi aziende transnazionali, nel rapporto “Pharma’s pandemic profits” pubblicato il 27 febbraio. Più nel dettaglio, Pfizer ha generato utili netti per 25 miliardi di dollari, BioNTech e Moderna 20 miliardi a testa mentre la cinese Sinovac ha rilevato margini per circa 15 miliardi.
I ricercatori di Somo hanno analizzato i dati finanziari dei sette maggiori produttori di vaccini contro il Covid-19: un’attività che ha permesso di generare ricavi pari a 86,5 miliardi di dollari solo nel 2021, con un utile di 50 miliardi. Ma solo quattro società (Pfizer, BioNTech, Moderna e Sinovac, appunto) hanno realizzato utili consistenti. “Con un margine netto del 57% sono stati superati persino i profitti già alti del business as usual dell’industria farmaceutica, che è tra i settori commerciali più redditizi al modo -si legge nel report-. Ma se si considerano solo Pfizer, BionTech, Moderna e Sinovac i margini per il 2021 sono addirittura compresi tra il 62% e il 76%”.
Altrettanto elevati gli utili nei primi nove mesi del 2022 -in questo caso solo stimati da Somo, dal momento che non tutti i bilanci sono stati ancora resi pubblici- per le quattro società che hanno tratto maggiori profitti dalla vendita dei vaccini anti-Covid-19: 30 miliardi di dollari. Cifre particolarmente sorprendenti se si pensa che di queste, solo Pfizer aveva registrato utili prima ancora di avviare la produzione di vaccini contro il Covid-19.
Fatturati da record resi possibili anche grazie ai generosi finanziamenti messi a disposizione dai governi (in particolare da quello statunitense) a seguito dello scoppio della pandemia: le sette società prese in esame hanno ricevuto almeno 5,8 miliardi di dollari sotto forma di finanziamenti pubblici per la ricerca. Ma non solo. “La percezione comune è che i vaccini Covid-19 siano stati sviluppati rapidamente dalle aziende farmaceutiche in tempi molto brevi, ma questo non è il quadro completo. Ricerche precedenti avevano gettato le basi”, ricorda Somo citando diversi articoli di ricerca che hanno evidenziato come la tecnologia utilizzata per sviluppare rapidamente i vaccini era disponibile negli Stati Uniti perché il governo aveva finanziato la ricerca di base e il progresso di queste tecnologie. “Anche altri governi e organizzazioni internazionali hanno finanziato la ricerca, come la tecnologia mRNA utilizzata da Moderna e Pfizer/BioNtech -si legge ancora nel report-. Ad esempio, la Fondazione Bill&Melinda Gates ha finanziato Moderna per lo sviluppo della tecnologia mRNA, sia nel 2016 sia nel 2019, per un importo totale di 21 milioni di dollari. In realtà, la tecnologia mRNA ha una lunga storia di sviluppo, che risale al 1961, finanziata da diverse università”.
A queste risorse vanno poi sommate quelle erogate dai governi tramite i cosiddetti Advanced purchase agreements (Apa), ovvero il pagamento anticipato per sostenere i costi di sviluppo e di produzione: miliardi di dollari sono finiti nelle casse delle aziende mentre i vaccini erano ancora in fieri e ancor prima di conoscerne l’efficacia. Secondo le stime di Somo le aziende avrebbero ricevuto almeno 86,5 miliardi di dollari ma l’importo esatto “è difficile da determinare e potrebbe essere molto più alto perché le aziende e i governi non sono stati trasparenti nei loro accordi -aggiunge Esther de Haan, ricercatrice di Somo-. Per quanto abbiamo potuto stabilire, questi accordi non richiedevano alle società di restituire il denaro utilizzato per sviluppare e produrre vaccini, anche quando lo sviluppo falliva e il prodotto non veniva mai consegnato”.
Nel report, l’organizzazione olandese denuncia la mancanza di trasparenza degli Apa, che ha reso difficile verificare se i fondi pubblici siano stati spesi bene ed equamente. “Nella maggior parte dei documenti analizzati venivano effettuati pagamenti anticipati che finanziavano i costi di sviluppo e produzione -si legge nel report-. Se l’azienda non riusciva a sviluppare un vaccino funzionante, il denaro già speso per lo sviluppo e la produzione non doveva essere ripagato. Mentre se si rivelava efficace, le società non dovevano restituire nulla, nonostante i notevoli profitti. Molti accordi non prevedevano sanzioni in caso di ritardo nella consegna”.
Ma chi ha tratto beneficio da questa situazione? Certamente gli amministratori delegati delle compagnie: secondo le stime, infatti, l’amministratore delegato di Pfizer, Albert Bourla, nel 2021 avrebbe ricevuto più di 24 milioni di dollari; una cifra che comprende stipendio annuale (1,7 milioni di dollari), premio obiettivo e premi in azioni. Complessivamente, il pacchetto retributivo dei sei membri della dirigenza di Pfizer ammonterebbe a 71 milioni di dollari. Grazie ai profitti generati dalla produzione di vaccini anti-Covid-19 l’immunologo Uğur Şahin, amministratore delegato di BioNTech, è entrato ufficialmente nella lista dei miliardari di Forbes nel 2022 con un patrimonio di 6,1 miliardi di dollari seguito dal Ceo di Moderna, con 5,8 miliardi.
Chi ci ha rimesso, invece, è stato il fisco. Somo aveva già indagato il sistema di elusione fiscale messo in atto da alcune società impegnate nella produzione di vaccini per contrastare la diffusione del virus. Per quanto riguarda Moderna, in particolare, l’Ong olandese aveva denunciato il possesso di un numero elevato di brevetti nel Delaware (Stato Usa a fiscalità agevolata) e la creazione di una sussidiaria svizzera dove convogliare i ricavi registrati a seguito dei contratti siglati con l’Unione europea. “La nostra conclusione è che gli utili di Moderna finivano molto probabilmente nei paradisi fiscali del Delaware e della Svizzera, dove sono tassati a un’aliquota molto più bassa rispetto ad altre giurisdizioni”.
L’organizzazione ha pubblicato questo articolato report in concomitanza con l’avvio del quarto ciclo di negoziati per la definizione del nuovo Accordo sulle pandemie, un documento che riconosce anche la necessità per i governi di porre condizioni al finanziamento pubblico della ricerca e dello sviluppo medico. Tuttavia, sottolinea Somo, la bozza di testo pubblicata all’inizio di febbraio è ben lontana dal rendere obbligatorie le condizioni su prezzi, margini di profitto e accesso equo. “Senza regole obbligatorie, cambierà ben poco. I colossi aziendali continueranno a ricevere finanziamenti pubblici incondizionati e a negoziare accordi perversi. I finanziamenti pubblici devono servire l’interesse pubblico, il che significa farmaci accessibili a tutti e sicuri, non superprofitti per Big Pharma”, conclude Esther de Haan.
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