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Diritti / Opinioni

In Europa serve un modello pubblico per la ricerca medico-scientifica

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Il Covid-19 ha mostrato le criticità di una gestione affidata al settore privato. I modelli a cui ispirarsi ci sono già. La rubrica di Nicoletta Dentico

Tratto da Altreconomia 253 — Novembre 2022

I due anni di pandemia che hanno mutato per sempre le nostre esistenze ci hanno costretto a riconoscere che il mercato e le sue logiche non sono in grado di offrire risposte adeguate alle sfide più importanti, quelle da cui dipende la nostra vita. Siamo arrivati all’appuntamento della pandemia, lungamente annunciato dalla comunità scientifica, con il fiato corto. La condizione di inadeguatezza ha riguardato i sistemi sanitari ridotti all’osso a causa dell’assottigliamento degli investimenti sulla salute.

Il Covid-19 poi ha messo a nudo per l’ennesima volta il paradosso di una scienza largamente sussidiata dal settore pubblico ma inesorabilmente assoggettata a meccanismi di privatizzazione fissati dall’Organizzazione mondiale del commercio. Oltre a essere assai onerosi per il settore pubblico, questi finanziamenti alimentano la disuguaglianza sociale e una distribuzione fuorviante dei benefici che mina alla radice i presupposti della convivenza sociale e della funzione pubblica. Ne abbiamo parlato più volte, a proposito della sospensione dei diritti di proprietà intellettuale durante la pandemia. 

Gli esiti di una simile deriva li ha toccati con mano a inizio ottobre la Commissione di inchiesta del Parlamento europeo sul Covid-19 quando ha dovuto misurarsi con il rifiuto dell’amministratore delegato di Pfizer, Albert Bourla, di presenziare a una seduta cui era stato convocato per rispondere alle domande dei parlamentari. Misurando così anche la propria impotenza istituzionale a fronte della sfacciata arroganza dell’industria farmaceutica.

La Commissione, nata un anno fa, deve anche indagare i risvolti degli accordi che Bruxelles ha stipulato con le case farmaceutiche per l’acquisto dei vaccini. La politica paga lo scotto di aver ceduto le redini della gestione del Covid-19 a un ristretto manipolo di attori privati. L’inchiesta del sito d’informazione Politico e del quotidiano tedesco Die Welt squaderna le forme dell’irresistibile pressione esercitata da quattro fondazioni filantropiche su singoli governi e sulla comunità internazionale alle prese con il contagio.

Al dicembre 2021 l’Unione europea ha investito 71 miliardi di euro per la ricerca sui vaccini contro il Covid-19

Lo scenario potrebbe cambiare se venissero attivate entità pubbliche sovranazionali di ricerca ad alta densità di conoscenza e imprese pubbliche con una missione in campo medico-scientifico, con una visione di interesse comune. Realtà di questa natura esistono già e offrono modelli operativi cui ispirarsi per il settore farmaceutico. Mi riferisco al Cern di Ginevra, all’Agenzia spaziale europea, all’European molecular biology laboratory. Sono espressione di un modo di produrre conoscenza basato su comunità scientifiche cosmopolite non vincolate a interessi nazionali, su un accesso universale ai dati e sulla capacità di attrarre investimenti pubblici per alimentare la motivazione dei ricercatori. Fuori dalle logiche della competizione, oltre gli incentivi che assicurano il profitto a un manipolo di monopolisti.

La proposta viene dalla visione di Massimo Florio, economista dell’Università di Milano che con il Forum disuguaglianze e diversità ha lanciato la proposta di creare un’agenzia europea per i farmaci e l’innovazione biomedica, con il compito di forgiare un portafoglio di ricerca ispirato al pubblico interesse e una gestione del tutto innovativa della proprietà intellettuale, per uno strategico avanzamento scientifico dell’Ue. L’agenzia richiederebbe una spesa di 3,5 miliardi di euro all’anno se seguisse il modello di ricerca medica americano oppure 6,5 miliardi se fosse ispirata al modello dell’Agenzia spaziale europea. Sarebbe un modo molto intelligente per usare i soldi dei cittadini europei.

Nicoletta Dentico è giornalista ed esperta di diritto alla salute. Già direttrice di Medici Senza Frontiere, dirige il programma di salute globale di Society for International Development

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