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Diritti / Opinioni

Un nuovo ordine per la salute pubblica in Africa

Ahmed Ogwell Ouma, direttore dell'Africa Centres for disease control and prevention (Africa CDC) durante il meeting di Davos © World Economic Forum/Sikarin Fon Thanachaiary

Grazie all’esperienza maturata durante il Covid-19 i Paesi del continente stanno lavorando per l’autodeterminazione sanitaria. La rubrica di Nicoletta Dentico

Tratto da Altreconomia 256 — Febbraio 2023

L’Africa ha imparato la lezione della pandemia e sulla scorta del Covid-19 ha deciso di intraprendere un cammino verso un nuovo ordine della salute pubblica (A new public health order) nel continente. È questa la visione ribadita a più riprese durante la seconda Conferenza per la salute pubblica nel continente che si è svolta a Kigali a metà dicembre 2022 grazie alla leadership dell’Unione africana e dell’Africa centre for disease control (Africa Cdc). L’appuntamento -con ampia partecipazione di esperti africani e non solo- era atteso. Molte le sessioni, con un ritmo di lavoro serrato e la presenza dei ministri della Salute di Ruanda, Marocco, Egitto, Etiopia, Kenya, Sud Sudan e Mozambico. 

La curiosità politica intorno all’emergente leadership africana in campo sanitario è cresciuta sensibilmente nel 2022. Una leadership che si è sviluppata intorno alla poderosa azione di raccordo e di risposta messa in campo da Africa Cdc durante i tre anni di pandemia. Questa istituzione, legata a doppio filo all’Unione africana e nata nel 2017 fa dopo l’emergenza Ebola (2014-2015) -una crisi che ha ridotto allo stremo interi Paesi africani e messo operativamente sotto scacco la stessa Organizzazione mondiale della sanità (Oms)- si è fatta in quattro per venire incontro alle carenze del continente nella capacità di gestione del nuovo virus. L’Africa dipende totalmente dall’estero per la produzione medicale e farmaceutica, indispensabile a fronteggiare eventi come il Covid-19. 

A queste fragilità strutturali si è aggiunto il senso di abbandono dovuto all’egoismo del mondo ricco, così preoccupato di frenare il contagio a casa propria da accaparrarsi enormi quantità di vaccini, salvo poi considerare le donazioni al Sud del mondo a fine 2021 più con promesse di carità narcisistica che non spedizioni solerti di dosi utilizzabili: in Ruanda, ad esempio, sono state inviate fiale con una scadenza di appena due settimane. 

“È importante che si sappia che l’era della salute globale definita secondo le priorità del Nord del mondo sta per finire”, ha dichiarato Senait Fisseha, co-presidente della conferenza di Kigali. E precisamente in questa visione di sovranità sanitaria sta il nucleo del “nuovo ordine di salute pubblica” che il principale propulsore di questa iniziativa, Ahmed Ouma Ogwell, direttore di Africa Cdc, ha lanciato come la rotta da seguire, sulla scorta dei clamorosi successi raggiunti utilizzando le risorse locali e le capacità indigene di trovare soluzioni. Dai due laboratori per la sequenza genomica dei virus esistenti in tutta l’Africa nel 2021 si è passati in sei mesi ad almeno uno in ogni Paese, grazie alla cooperazione e al forte coinvolgimento dei capi di Stato che, ha evidenziato Ogwell, “si sono incontrati ben 12 volte da marzo a dicembre 2020”.

Nei Paesi a basso reddito il 24,9% della popolazione ha ricevuto almeno una dose del vaccino anti-Covid-19 alla fine del 2022. L’obiettivo del continente è arrivare a produrre il 30% di tutti i vaccini necessari all’Africa entro il 2030. 

Un punto di non ritorno anche sotto il profilo della collaborazione finanziaria, dai primi 25 milioni di dollari di finanziamenti pubblici nel giugno 2020, la mobilitazione dei capitali anche privati ha permesso di raggiungere i due miliardi a fine 2022. Risorse investite in formazione del personale, sistemi di monitoraggio e scambio di informazioni, creazione di piccole infrastrutture delocalizzate, mappatura dei bisogni più urgenti. Al netto delle tensioni che non si faranno attendere, sotto la pressione dei grandi finanziatori filantropici della salute (generalmente poco amanti delle alzate d’ingegno verso l’autodeterminazione sanitaria dei popoli) la conferenza di Kigali ha rappresentato una visione politica incoraggiante. C’è da sperare che il richiamo alle storiche leadership africane -da Mandela a Sankara- non sia stravolto, al ribasso, in vecchie logiche di mercato. 

Nicoletta Dentico è giornalista ed esperta di diritto alla salute. Già direttrice di Medici senza frontiere, dirige il programma di salute globale di Society for International Development

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