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Economia / Approfondimento

Che cosa non funziona nel riordino del gioco d’azzardo

A inizio aprile è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto relativo al comparto del gioco online, primo passo della riforma voluta dal Governo Meloni. Ora l’attenzione si concentra sul comparto “fisico”, per il quale le Regioni hanno presentato la preoccupante richiesta di una compartecipazione su canoni e proventi

Da anni le organizzazioni e le realtà del Terzo settore chiedono una legge organica che regolamenti il gioco d’azzardo in Italia, con un’attenzione particolare ai suoi effetti negativi dal punto di vista sociale e sanitario. Una richiesta che sembrava essere stata recepita dall’esecutivo guidato da Giorgia Meloni quando, ad agosto 2023, all’interno della Legge Delega per la riforma fiscale ha assegnato al governo anche il compito di “riordino delle disposizioni vigenti in materia di giochi pubblici”.

Fin dall’inizio, però, l’iter non ha seguito il percorso auspicato. A partire dalla decisione del governo di separare il percorso per la regolamentazione del gioco online da quello fisico: una scelta discutibile dal momento che i due ambiti sono strettamente connessi e che le ricadute sulla salute delle persone sono ugualmente gravi e pericolose. Inoltre, è emersa chiaramente quale fosse la priorità dell’esecutivo: garantire l’invarianza del gettito fiscale. Avere cioè la certezza di far entrare nelle casse dello Stato un determinato importo che, nel 2022, ha raggiunto gli 11,2 miliardi di euro.

L’opposto di quanto chiesto da organizzazioni come Avviso Pubblico, rete di enti locali che promuovono la cultura della legalità e della cittadinanza responsabile, che invece ha ribadito più volte la necessità di “mettere correttamente in fila le priorità: al primo posto la salute, la coesione sociale e la sicurezza pubblica e poi, solo successivamente, gli interessi erariali e l’attività di impresa”.

“Da anni denunciamo il fatto che lo Stato è dipendente dal gioco d’azzardo -spiega ad Altreconomia Roberto Montà, presidente di Avviso Pubblico-. Se l’obiettivo è quello di mantenere costante il gettito fiscale, l’unico modo per farlo è continuare ad aumentare l’offerta di azzardo, facendo così crescere il numero delle giocate e dei giocatori. Quando invece bisognerebbe lavorare per ridurla”.

I numeri del “Libro blu” dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli permettono di fotografare con precisione quanto l’azzardo sia cresciuto negli ultimi anni: nel 2022 la raccolta complessiva -ovvero il valore totale delle puntate effettuate- ha raggiunto i 136 miliardi di euro, in crescita del 292% rispetto al 2006. E le prime stime per il 2023 parlano di un nuovo record: 150 miliardi di euro. A partire dal 2020, inoltre, è avvenuto il “sorpasso” della raccolta legata all’online che, sempre nel 2022, ha toccato i 73 miliardi di euro contro i 63 miliardi spesi per giochi che si svolgono in luoghi fisici come edicole e tabaccherie, sale slot e centri per le scommesse sportive.

Questi numeri sono ancora più allarmanti se li si riporta alla popolazione residente: nel 2022 ogni italiano ha speso in media 1.069 euro per gratta e vinci, lotterie e slot machines. Cui si aggiungono altri 1.239 euro per casinò virtuali, mani di poker online e scommesse sportive fatte attraverso il proprio smartphone.

La partita per il riordino del settore dei giochi online è arrivata a un primo punto fermo l’11 marzo con l’approvazione da parte del Consiglio dei ministri del decreto legislativo in materia, poi pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 3 aprile. Il testo prevede, tra le altre cose, l’istituzione presso il ministero dell’Economia e delle finanze di una Consulta permanente dei giochi pubblici ammessi in Italia a cui partecipano anche i rappresentanti dei concessionari. L’istituzione di questo nuovo organismo, puntualizza Avviso Pubblico, rischia di sminuire la tutela della salute e crea ambiguità rispetto al ruolo dell’Osservatorio per il contrasto alla diffusione del gioco d’azzardo e il fenomeno della dipendenza grave istituito in seno al ministero della Salute.

Nel testo del decreto è stata poi inserita un’ulteriore disposizione che si sofferma sul concetto di “gioco responsabile” attraverso la promozione e comunicazione di alcuni messaggi funzionali alla diffusione dell’azzardo sicuro con il logo del concessionario che promuove il messaggio. Con il rischio così di aggirare il divieto di pubblicità in vigore dal 2018 e che già viene spesso eluso come dimostra, ad esempio, la sanzione da 1,35 milioni di euro comminata il 12 marzo dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) alla società “Twitter international unlimited company”.

Chiusa la partita del gioco online si è immediatamente aperta quella per il riordino del comparto “fisico”, che prevede la definizione di un’intesa programmatica tra Stato, Regione ed Enti locali. “Una discussione da affrontare con il massimo della cura, in particolare per gli importanti strumenti di tutela della salute messi in campo in questi anni da Regioni e Comuni (dal distanziometro ai limiti orari), la cui validità è stata più volte ribadita dalla giurisprudenza amministrativa e costituzionale e che riteniamo fondamentale salvaguardare”, ha commentato Massimo Masetti, vicesindaco di Casalecchio di Reno (BO) e referente sul tema azzardo di Avviso Pubblico.

Ma le aspettative non sono positive. Il 25 gennaio la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome ha approvato un documento in cui viene richiesta “la possibilità che si consideri una compartecipazione regionale sia al canone di concessione dei punti delle reti fisiche del gioco che sul provento del gioco al netto delle vincite”. In concreto si chiede una quota pari al 5% che permetterebbe alle Regioni di incassare una cifra che, per il periodo 2024-2026, dovrebbe attestarsi a una media annuale di 294 milioni di euro. Risorse che le Regioni vorrebbero utilizzare per “poter rafforzare gli interventi diretti nel campo della ludopatia” e per finanziare interventi in ambito sanitario, sociale o della formazione. La proposta, che è stata presentata ufficialmente durante l’audizione alla Commissione finanze e tesoro del Senato il 15 febbraio scorso, è stata accolta con favore del presidente, il leghista Massimo Garavaglia.

Altro nodo critico è la richiesta di revisione del cosiddetto “distanziometro”, ovvero la possibilità per gli enti locali di imporre distanze minime tra gli esercizi in cui è possibile praticare l’azzardo (ad esempio sale slot e Vlt) e luoghi considerati sensibili come scuole, chiese e ospedali. “La proposta presentata dalla Conferenza delle Regioni è stata una doccia fredda per noi -commenta Emiliano Contini, rappresentante del Coordinamento nazionale comunità di accoglienza (Cnca) all’interno della campagna “Mettiamoci in gioco”-. Fino a oggi gli enti locali erano stati l’ultimo baluardo contro la diffusione incontrollata dell’azzardo nelle città che, attraverso l’adozione di leggi regionali e con l’introduzione dei ‘distanziometri’, avevano introdotto strumenti di protezione per le fasce più deboli. Togliere questi vincoli significa tornare ad aperture selvagge”.

Gli esiti di una riforma che vada a mettere mano agli strumenti che limitano la possibilità per le persone vulnerabili di accedere ai luoghi dell’azzardo sono facilmente prevedibili. Un esempio di quello che potrebbe accadere lo dimostra il caso del Piemonte, dove nel 2021 la giunta regionale ha abrogato una norma del 2016 che limitava fortemente orari e luoghi di gioco: “Nel 2022 il numero di locali slot è raddoppiato rispetto all’anno precedente, passando da 1.284 a 2.525 mentre nel resto d’Italia, nello stesso arco di tempo, c’è stata una leggera riduzione -spiegano Francesca Corona e Pasquale Somma del servizio Accoglienza e trattamento del Gruppo Abele di Torino-. Di conseguenza è aumentato anche il numero dei giocatori”.

Un’analisi curata da Paolo Jarre, già direttore del Dipartimento di patologia delle dipendenze dell’Asl Torino 3, uno dei massimi esperti in Italia in tema di gioco d’azzardo patologico, fotografa con precisione gli esiti delle scelte adottate dalla Regione Piemonte: fino all’entrata in vigore della legge del 2016 l’ammontare pro-capite speso in slot machine e videolottery, ad esempio, era di 842 euro all’anno, una cifra leggermente superiore alla media nazionale (816 euro). La riduzione è iniziata già l’anno successivo fino a raggiungere i 645 euro all’anno di spesa pro-capite nel 2019: 147 euro in meno rispetto alla media nazionale di 792 euro.

“Se questo è un gioco – Inchiesta sull’azzardo”, il podcast a cura di Avviso Pubblico e Fondazione Adventum pubblicato per Altreconomia

Ma dopo la pausa “forzata” imposta dalla pandemia da Covid-19 e la cancellazione della legge sulle distanze minime la curva ha ripreso a salire: se nel 2021 il dato medio piemontese era ancora inferiore a quello nazionale (270 euro contro 311 euro) nel 2022 la spesa per slot machine e altri apparecchi è risalita a 566 euro, tornando pareggiare quella media nazionale (573 euro). Chiudendo così di fatto una stagione virtuosa durata appena sei anni.

Tra le molte attività finalizzate al contrasto del gioco d’azzardo patologico, il Gruppo Abele promuove anche attività di prevenzione territori e nelle scuole: “Quello che osserviamo tra i più giovani è un incremento del gioco online -spiegano i due referenti dell’organizzazione-. Quello che inizia come un semplice passatempo, un modo per sconfiggere la noia, può diventare una patologia. Questo disturbo è legato a fattori individuali, ma sicuramente la facilità di accesso non aiuta”.

Al servizio del Gruppo Abele arrivano sempre più familiari di questi ragazzi e ragazze, preoccupati anche per l’impatto economico che l’abitudine compulsiva al gioco ha sulle finanze dei propri figli e nipoti: “Un fenomeno che incontriamo spesso, anche tra i giovani, è quello dell’usura -spiegano i due operatori-. Si fanno prestare soldi per continuare a giocare ma non hanno il coraggio di denunciare. Recentemente abbiamo accolto una persona di appena trent’anni che aveva accumulato 100mila euro di debito. Soldi che aveva chiesto in prestito per continuare a puntare sulle scommesse sportive, ma soprattutto per giocare alle slot machines”.

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