Diritti / Attualità
Carceri, continua a crescere il numero di detenuti
Oltre tremila detenuti in più negli ultimi 12 mesi. In alcuni casi si torna sotto la quota minima di tre metri quadrati per persona. La denuncia di Antigone, che traccia un bilancio dei primi sei mesi del 2017
Continua a crescere il numero di persone detenute nelle carceri italiane, resta elevato il ricorso alla carcerazione preventiva (malgrado l’entrata in vigore di nuove leggi di senso opposto) mentre rimane molto basso il numero di educatori. Sono alcuni dati che emergono dal “Pre-rapporto 2017 sulle carceri” presentato oggi a Roma dall’associazione Antigone.
Il dato più lampante è sicuramente il trend in continua crescita del numero di detenuti nelle carceri italiane: 56.817 al 21 luglio 2017, con un aumento di 2.967 unità rispetto al luglio 21016. “Con un tasso di crescita simile, alle fine del 2020 torneremo ai numeri della dichiarazione dello stato di emergenza del 2010, mentre la capienza del nostro sistema penitenziario resta sostanzialmente stabile”, si legge nel documento di Antigone.
Le ragioni della crescita del numero dei detenuti sono diverse. Da un lato un cambiamento nelle pratiche di polizia e giurisdizionali, effetto della pressione dell’opinione pubblica a partire da casi eclatanti. Altro elemento che incide sul sovraffollamento è il numero enorme di processi penali pendenti (oltre 1,5 milioni, di cui più di 300mila dalla durata irragionevole): i tempi lunghi dei processi, infatti, influiscono sull’eccessivo ricorso alla custodia cautelare che continua a crescere. Il 34,6% dei detenuti, infatti, si trovano in carcere in attesa del processo (nel 2015 era al 33,8%).
Torna quindi a salire il tasso di sovraffollamento, che ha raggiunto un tasso medio del 113,2%. Ma che in alcuni casi schizza verso l’alto raggiungendo il 186% nel carcere di Como e il 174% a Busto Arsizio. Conseguenza inevitabile di queste situazioni, il fatto che in alcune carceri (quattro tra quelle visitate nel corso dei primi sei mesi del 2017) si sia scesi sotto la soglia minima di 3 metri quadrati per detenuto.
“Le condizioni di vita nelle carceri stanno tornando a essere sempre più simili a quelle precedenti alla sentenza Torregiani”, spiega Susanna Marietti, coordinatrice nazionale di Antigone, facendo riferimento al pronunciamento della Corte Europea dei diritti dell’uomo che ha condannato l’Italia per violazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Il caso riguardava i “trattamenti inumani e degradanti” subiti da sette persone detenute per molti mesi nelle carceri di Piacenza e Busto Arsizio. Costretti a vivere con meno di quattro metri quadrati a disposizione. “All’indomani di quella sentenza -spiega Marietti- sono state fatte alcune riforme che hanno permesso, ad esempio, di modificare la normativa sulla custodia cautelare. Ma non solo. Si è lavorato per ripensare, a livello organizzativo e burocratico, il carcere. Oggi si sta tornando indietro”.
Altri dati emersi durante i primi sei mesi di monitoraggio delle carceri italiane effettuato dall’Osservatorio di Antigone riguardano lo stato generale delle condizioni di detenzione. Nel 68% degli istituti da visitati ci sono celle senza doccia e solo in uno, a Lecce, e solo in alcune sezioni, è assicurata la separazione dei giovani adulti dagli adulti, come richiesto dall’art. 14 dell’Ordinamento penitenziario. Inoltre l’Italia è uno dei paesi dell’Unione Europea con il più basso numero di detenuti per agente (1 per 1,7 detenuti), mentre mancano gli educatori: a Busto Arsizio il rapporto è di 1 ogni 196 detenuti, a Bologna 1 ogni 139. “Dati che riflettono l’impostazione del nostro sistema penitenziario –riflette Susanna Marietti-. Concentrato più sulla custodia che sul recupero e il reinserimento delle persone detenute”. Altro dato preoccupante, il fatto che in tre casi su dieci il direttore sia incaricato anche per un altro istituto, mentre è quasi del tutto sparita la figura del vicedirettore (il 70% delle carceri visitate in questi sei mesi ne è sprovvisto) e nel 20% dei casi ce n’è uno solo.
In leggero calo (-3,3%), rispetto a dieci anni fa, il numero di detenuti stranieri che oggi sono il 34,1% del totale. Tra le comunità più rappresentate ci sono quella marocchina (18,5%), romena (14,1%), albanese (13,4%), tunisina (10,5%), nigeriana (5,1%), egiziana (3,4%), algerina (2,3%).
Proprio per alcuni detenuti stranieri, l’approvazione della nuova (e contestata) legge sulla tortura potrebbe portare a un importante cambiamento. La nuova normativa, infatti, vieta “respingimento, l’espulsione o l’estradizione di una persona verso uno stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che essa rischi di essere sottoposta a tortura”. È il caso, tra gli altri, di 667 detenuti egiziani, 85 siriani e 53 turchi. Antigone sta seguendo da vicino la vicenda di due detenuti (un cittadino afghano e un turco) che hanno l’ordine di espulsione a fine pena.
Durante la conferenza stampa sono state anche presentate le proposte di Antigone per il nuovo ordinamento penitenziario. Lo scorso 14 giugno la Camera dei Deputati ha votato infatti in via definitiva una legge recante “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all’ordinamento penitenziario”. Per quanto riguarda quest’ultimo, il ministro della Giustizia ha annunciato la costituzione di tre Commissioni che scriveranno i decreti legislativi che si occuperanno delle modifiche alla disciplina delle misure di sicurezza e di assistenza sanitaria, della riforma dell’ordinamento penitenziario minorile e della riforma dell’ordinamento penitenziario nel suo complesso.