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Ambiente / Approfondimento

Al via la procedura per il declassamento dello status di protezione del lupo in Europa

© Jp Valery - Unsplash

Lo scorso 25 settembre la votazione del Coreper ha dato il la al processo di declassamento dello status di protezione del lupo da “rigorosamente protetto” a “protetto”, alimentando il dibattito politico e pubblico -da sempre caratterizzato da retorica e propaganda- sul grande carnivoro per eccellenza e sulla sua coesistenza con l’essere umano. Il punto della situazione e i prossimi passaggi

La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen lo aveva annunciato lo scorso dicembre: “lo status di protezione del lupo va ridotto”. E in questo senso si è mosso il Comitato dei rappresentanti permanenti (Coreper), organo subordinato del Consiglio europeo, costituito dagli ambasciatori degli Stati membri presso l’Unione europea, che nel corso della seduta del 25 settembre scorso ha dato il via al declassamento della protezione dei lupi da “rigorosamente protetta” a “protetta”.

La maggioranza qualificata degli Stati dell’Unione europea, infatti, ha votato a favore dell’avvio della procedura di modifica della Convenzione di Berna del 1979, l’accordo internazionale per la conservazione della vita selvatica e dell’ambiente naturale in Europa. Spagna e Irlanda hanno espresso voto contrario, mentre Cipro, Slovenia, Malta e Belgio si sono astenuti.

Decisiva per il raggiungimento della maggioranza qualificata è stata la Germania che, dopo aver ottenuto una dichiarazione verbale in cui si precisa che la modifica della protezione è specifica per il lupo -che in Europa conta circa 20mila esemplari- e non può riguardare altre specie, ha votato a favore.  

Adalbert Jahnz, portavoce della Commissione europea, ha definito l’esito della votazione degli Stati membri “un passo importante per affrontare le sfide legate all’aumento della popolazione di lupi, al fine di mantenere al tempo stesso uno stato di conservazione favorevole alla specie”. Entusiasti, invece, i toni di Pietro Fiocchi, parlamentare europeo di Fratelli d’Italia e vicepresidente della commissione Ambiente (Envi) del Parlamento europeo, conosciuto per le sue posizioni pro-caccia con tanto di manifesti elettorali che lo ritraevano in posa seduto sotto un albero di Natale addobbato con delle cartucce.

Fiocchi ha parlato di “un’ottima notizia” e ha espresso “soddisfazione per il risultato raggiunto, che premia le battaglie per il declassamento che conduciamo da tempo a fianco degli allevatori italiani che subiscono predazioni”.

Di tenore decisamente diverso le reazioni delle organizzazioni ambientaliste. Secondo Stefano Raimondi, responsabile nazionale biodiversità di Legambiente, per esempio, questa decisione “mette a rischio decenni di sforzi di conservazione e rappresenta una significativa battuta d’arresto per quello che è stato uno dei più importanti successi dell’Unione europea in materia di conservazione della fauna selvatica: il ritorno del lupo dopo un periodo in cui la specie ha rischiato l’estinzione”. 

In Italia, in particolare, il lupo ha vissuto una storia lunga e travagliata. All’inizio del Novecento sull’arco alpino era stato eradicato, mentre sugli Appennini se ne contavano appena un centinaio di esemplari. Il suo ritorno ha avuto inizio negli anni Settanta, soprattutto grazie all’introduzione di alcune leggi volte alla sua tutela: nel 1971 il decreto ministeriale Natali proibì la caccia e i bocconi avvelenati, nel 1979 la Convenzione di Berna lo classificò come “specie rigorosamente protetta”, mentre nel 1992 il governo italiano recepì la Direttiva Habitat dell’Unione europea sulla conservazione degli habitat naturali e della fauna e flora selvatiche.

Proprio nel 1992 il canis lupus ha fatto la sua ricomparsa sulle Alpi occidentali, quando tra Italia e Francia si è sviluppata per dispersione la prima coppia proveniente dall’arco appenninico. Nel 2011 si è registrata invece la prima coppia sulle Alpi centrali e l’anno successivo quella nelle zone della Lessinia, altopiano che comprende parti di territorio della provincia di Verona, Vicenza e Trento.

Una stima dell’attuale numero dei lupi in Italia l’ha fornita lo scorso anno l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), che dal 2018 al 2022 ha coordinato il primo monitoraggio nazionale. Al termine dell’analisi dei dati raccolti -6.520 avvistamenti fotografici da fototrappola, 491 carcasse di ungulato predate, 1.310 tracce, 171 esemplari morti, 16mila escrementi-, l’Ispra ha stimato la presenza di 3.330 lupi sul territorio italiano. 

Negli ultimi anni, anche nel nostro Paese il dibattito pubblico intorno al lupo -e alla coesistenza con l’essere umano- si è decisamente inasprito. Allevatori e contadini di montagna lamentano le predazioni del bestiame, mentre alcune campagne politiche a mezzo stampa alimentano la paura di possibili attacchi contro l’uomo.

A questo proposito il Wwf ha però precisato che “in Italia l’ultima aggressione letale di un lupo a un uomo risale al 1825, in un contesto sociale e ambientale totalmente differente da quello attuale, quando ad esempio era diffusa la pratica di affidare la custodia delle greggi a bambini di appena quattro o cinque anni”. 

Per quanto riguarda il percorso per il declassamento dello status di protezione del lupo, va sottolineato che la votazione del Coreper non ha effetti immediati e costituisce solo il primo passo in questa direzione. Per raggiungere il loro obiettivo i sostenitori dell’iniziativa, infatti, dovranno sottoporre la misura a ulteriori passaggi.

“A inizio dicembre la proposta dovrà essere approvata innanzitutto dalla Convenzione di Berna, accordo relativo alla conservazione della vita selvatica e dell’ambiente naturale in Europa. Qualora la riduzione della tutela venisse approvata anche in questa sede, la Commissione europea potrà presentare un emendamento mirato alla modifica della Direttiva Habitat, per ‘spostare’ il lupo dall’allegato IV (Specie animali e vegetali di interesse comunitario che richiedono una protezione rigorosa) al V (Specie animali e vegetali di interesse comunitario il cui prelievo nella natura e il cui sfruttamento potrebbero formare oggetto di misure di gestione)”.

A illustrare il quadro è Benjamin Kostner, ricercatore del gruppo di ricerca Human-Environmental interactions dell’Istituto per lo sviluppo regionale di Eurac Research di Bolzano e partner di LIFEstockProtect, progetto europeo volto ad aumentare l’attenzione per le misure di protezione del bestiame al fine di mitigare il conflitto uomo-lupo nell’area alpina di lingua tedesca.

Il ricercatore, inoltre, fa notare che “secondo l’articolo 19 della Direttiva, in questa sede al momento non basta raggiungere la maggioranza qualificata, ma il voto degli Stati deve essere unanime”. 

Solo con l’entrata in vigore di tale modifica, la tutela del lupo potrà essere effettivamente ridotta e gli esemplari di questa specie potrebbero essere prelevati più facilmente rispetto a quanto avviene oggi. Kostner sottolinea, però, come “anche se si profilasse davvero questo scenario gli Stati saranno tenuti a garantire lo status di conservazione della specie e a documentare a livello scientifico una popolazione di lupi sana all’interno del proprio territorio bio-geografico di riferimento”.

In ogni caso, secondo Kostner, l’equazione retorica secondo cui “abbassare lo status di protezione e sparare” sarebbe sufficiente per risolvere la questione-lupo “non ha evidenze scientifiche”. Il ricercatore altoatesino evidenzia come “la polarizzazione delle posizioni del mondo dell’agricoltura e di quello della conservazione sia in realtà dannosa per tutte le parti in causa” e che, al contrario, “lavorando insieme si possono raggiungere buoni risultati: i dati ci dimostrano che laddove vengono adottate adeguate misure di prevenzione e protezione delle greggi -presenza del pastore, cani da guardiania e reti elettrificate-, le esperienze sono positive”.

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