Diritti / Approfondimento
Il turismo si sta mangiando Napoli. Residenti e fasce deboli pagano il conto

Negli ultimi dieci anni gli annunci sulle piattaforme come Airbnb sono aumentati dell’800%. Sul mercato c’è il 42% in meno di stock immobiliare disponibile e negli ultimi cinque anni si è registrato un incremento medio del 38% degli affitti residenziali. Il problema abitativo in città è esplosivo. Le assemblee cittadine chiedono all’amministrazione Manfredi di aprire un tavolo di confronto e di non minimizzare un fenomeno che invece è incontrollato
Il centro storico di Napoli è sfigurato dal turismo. Tra una pizza a portafoglio e un cuoppo di frittura, la città, incatenata agli stereotipi, rischia di diventare un parco tematico. A pagarne il prezzo sono i residenti e le fasce più deboli. Come in altri posti, nell’ultima decina d’anni la crescente domanda turistica ha portato molti proprietari a convertire le proprie abitazioni in b&b: la riduzione dell’offerta abitativa ha fatto esplodere il caro affitti che ha spinto studenti e residenti fuori dal centro cittadino.
Il tema è molto sentito tanto che è stato al centro del Carnevale sociale di quest’anno intitolato ai diritti fantasma: nelle sfilate del centro storico molte maschere e carri -come la “Venere degli sfratti”- riprendevano la questione del caro affitti e del diritto alla casa. Le abitazioni, sottratte ai residenti, sono sempre più uno strumento di estrazione di profitto nell’economia globalizzata e digitalizzata.
Negli ultimi dieci anni gli annunci sulle piattaforme come Airbnb sono aumentati dell’800% eppure l’amministrazione cittadina minimizza: “Dai numeri che abbiamo viene fuori che non c’è un livello di saturazione”, ha di recente affermato il sindaco Gaetano Manfredi e presidente dell’Associazione nazionale dei Comuni italiani (Anci) nel corso della Commissione urbanistica. La vicesindaca e assessora all’Urbanistica Laura Lieto ha sostenuto che i residenti non sono oggetto di un fenomeno di espulsione e che addirittura non c’è correlazione tra turismo e incremento dei prezzi sul mercato immobiliare. Ma dati e fatti affermano il contrario.
“Turistificazione” è il termine con cui attivisti e urbanisti da anni definiscono il processo che, in molte città, ha stravolto i connotati dei centri storici inondando il mercato di affitti brevi e innescando un’inesorabile espulsione dei residenti. Lo conferma anche un recente studio dell’Assessorato all’urbanistica dello stesso Comune di Napoli: sul mercato c’è il 42% in meno di stock immobiliare disponibile, ossia abitazioni per la locazione ai residenti, e si è registrato un incremento medio del 38% sugli affitti residenziali negli ultimi cinque anni.
“Come offerta di locazioni brevi abbiamo ampiamente superato Venezia sulle piattaforme: a Napoli il fenomeno è del tutto deregolamentato e si registrano tassi di crescita molto, molto elevati. Si parla di circa 15mila alloggi offerti online tra le varie piattaforme -spiega Alessandra Esposito, urbanista e ricercatrice della Sapienza nonché autrice del libro ‘Le case degli altri. La turistificazione del ventre di Napoli e le politiche pubbliche al tempo di Airbnb’– in un Comune di 117 chilometri quadrati sono un’enormità in termini di perdita di spazio abitativo”.
La mappa di Inside Airbnb che censisce le locazioni turistiche è impressionante. Il centro antico è una macchia uniforme di puntini che identificano le strutture extralberghiere: oltre il 75% si concentra in sole tre municipalità. “Nelle zone intorno ai decumani c’è un’incidenza di una casa in affitto su Airbnb ogni due-tre. Questo purtroppo è solo l’inizio per Napoli: l’aeroporto di Capodichino, che è stato privatizzato, è gestito dalla società Gesac che ha ottenuto i permessi per farne un grande scalo intercontinentale. Presto verranno inaugurate le nuove tratte verso l’Asia e in particolare verso la Cina, che è diventato il maggior esportatore di turisti al mondo -spiega Esposito-. Napoli è in una fase già molto grave ma, rispetto ad altre città, dove si riconosce che c’è un problema e l’opinione pubblica è pronta a schierarsi, qui si pensa ancora che in fondo questo fenomeno non sia grave. I dati dicono tutt’altro”.

Ad arricchirsi con questo tipo di economia sono solo gli imprenditori e chi vive di rendita. Quello del turismo spinto dalle piattaforme è un settore a basso valore aggiunto: salari minimi, precarietà e mancanza di tutele. Nell’area Unesco la metà degli esercizi commerciali sono oggi bar, ristoranti e friggitorie che hanno soppiantato botteghe artigiane, librerie indipendenti e attività destinate agli abitanti. Il turismo cannibalizza il territorio, messo a valore tramite investimenti mirati a costruire il brand Napoli, privatizzando spazi pubblici e sottraendo case per residenti e studenti, denunciano gli attivisti.
“L’impatto dell’industria turistica sul mercato immobiliare a Napoli è molto violento anche perché è una città con una percentuale di inquilini molto alta, l’ultima stima parla del 40% che è un dato enorme. Inoltre, nel centro storico si concentrano tantissimi grandi proprietari: le confraternite, la curia e i palazzinari storici delle famiglie nobiliari cittadine -precisa Chiara Capretti, consigliera della II Municipalità e coordinatrice di Potere al popolo-. L’ultimo dato, molto rilevante, che ci dice perché il fenomeno a Napoli è ancora più grave, è quello del reddito pro-capite: è uno dei più bassi d’Italia”.
“L’esplosione del mercato immobiliare con la speculazione che cresce di anno in anno mette in atto una vera espulsione dei ceti popolari, cosa che a Napoli ha un impatto particolarmente grave perché il centro storico conservava dei quartieri estremamente popolari, era questa la sua bellezza. Oggi per la prima volta si registra un fenomeno di espulsione perché aumentano gli affitti e anche gli sfratti”, continua Capretti. Nel 2012 a Napoli le ingiunzioni di sfratto sono state 1.200, nel 2022 subito dopo la fine del blocco degli sfratti, ben 10mila; oggi si attestano sui cinque-seimila.

“La maggior parte degli sfratti in questo momento, nel centro storico, riguardano patrimonio pubblico, patrimonio storico, patrimonio comunale, che in qualche modo è in mano alle due giunte (regionale e cittadina). Non c’è alcun tipo di salvaguardia per le persone che ci abitano, ci sono stati una serie di sfratti negli ultimi tempi molto violenti, non fatti da privati ma dal soggetto pubblico. Questo è uno dei tasti più dolenti, perché sicuramente l’intenzione non è quella di gestire il patrimonio pubblico in modo sociale ma cercare di liberare questi immobili per metterli a valore”.
Il problema abitativo a Napoli è in una fase estremamente acuta e tocca tutti gli abitanti. Allo sportello antisfratto di Montesanto prima si rivolgevano soprattutto persone con problemi di morosità incolpevole: negli ultimi mesi stanno aumentando i casi in cui a fine locazione il proprietario di casa decide di raddoppiare il canone, racconta Capretti. “Tutto questo impatta su una città che ha istituzioni pubbliche assolutamente non all’altezza del fenomeno: a Napoli non esiste nemmeno l’assessorato alla casa, non esiste la delega alla casa, non esiste quindi nessuna forma di pianificazione rispetto alle politiche abitative”. L’amministrazione comunale mette la testa sotto la sabbia e demanda la regolamentazione al governo.
“Non si sta facendo niente per arginare il fenomeno, anzi: l’azione dei privati e della giunta Manfredi è concentrata nel rendere la città più turistica -afferma Esposito-. Il Comune ha incaricato Stefano Landi, consulente per le pubbliche amministrazioni per la promozione turistica, uno che turistifica i luoghi per professione e a spese pubbliche, di rilanciare il ‘brand Napoli’ e distribuire i flussi, cioè rendere turistico quel che a Napoli ancora non lo è: l’obiettivo è farla maturare come meta”.
Il nodo napoletano della Rete Set e della campagna “Resta abitante” ha organizzato una manifestazione che il 28 marzo consegnerà al Comune le migliaia di firme raccolte per la petizione “Stop b&b” che chiede di arginare la crescita incontrollata degli affitti brevi e intervenire con strumenti di pianificazione urbanistica per bloccare le licenze. Auspicano a un tavolo che possa ragionare su soglie di sostenibilità anche per gli altri quartieri della città, soglie ben più restringenti di quelle annunciante dalla giunta comunale. “Un’altra cosa molto importante che chiediamo è un censimento del patrimonio comunale utilizzabile a fini abitativi e che non sia incluso nei piani di alienazione e di vendita -conclude Capretti-. Urgono politiche di investimento per il diritto alla casa”.
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