Diritti / Opinioni
Chi sfratta il diritto alla casa
Con milioni di appartamenti sfitti e in piena emergenza abitativa, il governo punisce penalmente le occupazioni. A scapito della dignità delle persone. La rubrica di Lorenzo Guadagnucci
La nuova sindaca di Firenze, non troppo conosciuta in città, ha evocato spesso in campagna elettorale la figura del nonno materno, Piero Bargellini (1897-1980), letterato di buona fama, autore di una monumentale (quattro volumi) “Magnifica storia di Firenze”, nonché indimenticato sindaco democristiano durante la disastrosa alluvione del 1966. Il suo rivale Eike Schmidt ha invece evocato un altro suo parente, Lorenzo Bargellini, un cugino, cercando in questo modo di screditarla. Lorenzo, scomparso prematuramente nel 2017, è stato una figura di spicco del Movimento di lotta per la casa, molto attivo a Firenze sul delicatissimo fronte del bisogno abitativo, un’emergenza in tutta Italia e ancora di più in una città “colonizzata” dal turismo.
Schmidt intendeva, evidentemente, accostare Funaro non allo stimato e prestigioso nonno, ma al più problematico cugino, considerato nel milieu perbenista una specie di pericolo pubblico, un fuorilegge, una minaccia alla sacralità della proprietà privata. L’operazione politica di Schmidt si è rivelata in verità un boomerang, un po’ perché Lorenzo Bargellini non c’è più e chiamarlo in causa è parso di cattivo gusto, ma anche perché la cugina lo ha sempre difeso, pur non apprezzando i metodi del Movimento, e poi perché Lorenzo si era guadagnato in città un certo apprezzamento, per la generosità e per lo spessore etico del suo impegno (lui stesso viveva all’interno delle occupazioni).
L’episodio, in sé, potrebbe apparire irrilevante, ma fa riflettere sulla rilevanza politica della questione casa, poco presente nell’agenda politica ufficiale, ma di primo piano per un’ampia fascia di popolazione, quella che conosce il diritto alla casa solo come nozione giuridica, anziché come pratica concreta, sotto forma di quattro mura e un tetto.
Con il tempo, i movimenti di lotta per la casa sono divenuti, città per città, sempre più attivi, in parallelo con i bisogni crescenti, determinati da più fattori: il dominio della rendita immobiliare, la scomparsa dell’edilizia popolare pubblica, la gentrificazione dei centri urbani, la precarietà e l’impoverimento della working class. Così il tema delle “occupazioni” è tornato ad aleggiare nel discorso politico istituzionale, ma in un modo paradossale. Non ha cioè indotto ad aprire una discussione seria e pubblica sull’emergenza abitativa in un Paese che ha un patrimonio edilizio perfino eccessivo, con un’enorme quantità di case sfitte o abbandonate; ha spinto, all’opposto, a criminalizzare i Lorenzo Bargellini del momento, le occupazioni in corso, i gruppi e i movimenti di lotta per la casa. I toni, sul punto, sono spesso eccessivi: si pensi alla campagna d’odio mediatico scatenata dalle destre sul conto di Ilaria Salis.
Sono 10,7 milioni le abitazioni sfitte in Italia su circa 36 milioni censite (dati Istat 2019). Nel 2022 sono stati eseguiti oltre trentamila sfratti nel nostro Paese
E non basta, perché lo spauracchio delle occupazioni ha spinto il Governo Meloni a prevedere una nuova, specifica figura di reato -“Occupazione arbitraria di immobile destinato a domicilio altrui”- nell’ambito della nuova legge sulla sicurezza in discussione in Parlamento. Il disegno di legge intende colpire anche chi coopera con le occupazioni -in sostanza gli attivisti dei movimenti per la casa- con pene fra due e sette anni di reclusione. L’intento, come sostiene l’associazione Antigone, è “criminalizzare sempre di più il fenomeno sociale delle occupazioni”. Quando le norme penali sostituiscono le risposte sociali, è la democrazia che si degrada, perché rinuncia al perseguimento dei suoi obiettivi di fondo: l’affermazione dei diritti di base, la tutela della dignità di tutte le persone. È quel che sta avvenendo sotto i nostri occhi.
Lorenzo Guadagnucci è giornalista del “Quotidiano Nazionale”. Per Altreconomia ha scritto, tra gli altri, i libri “Noi della Diaz” e “Parole sporche”.
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