Diritti / Attualità
Survival international fa ricorso all’Ocse contro l’azienda italiana Pasubio
La società specializzata nella lavorazione delle pelli per confezionare gli interni di auto di lusso si rifornirebbe da allevamenti sorti illegalmente all’interno delle terre ancestrali del popolo Ayoreo-Totobiegosode in Paraguay. “Stanno rischiando il genocidio a causa di una deforestazione selvaggia e illegale”, denuncia la Ong
Il legame tra le pelli utilizzate dall’industria automobilistica (in particolare per gli interni di auto di lusso come Jaguar, Bmw e Land Rover) e la deforestazione illegale del territorio degli Ayoreo-Totobiegosode, un popolo incontattato che vive nel Chaco paraguaiano, è al centro di un’istanza depositata Survival international Italia contro l’azienda italiana Pasubio Spa al Punto di contatto nazionale dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), entità sovranazionale che riunisce 36 Paesi accomunati da un sistema di governo di tipo democratico e da un’economia di mercato. L’azienda italiana è uno dei principali importatori di pellame dal Paese latino-americano e, secondo quanto denunciato dalla Ong, si rifornirebbe da concerie che a loro volta lo acquistano da allevamenti illegali che si sarebbero appropriati ingiustamente delle terre del popolo indigeno.
La vicenda era stata denunciata nel settembre 2020 dall’inchiesta “Grand theft Chaco” realizzata dall’Ong britannica Earthsight. Al centro dell’indagine due aziende che che tra il 2018 e il 2019 hanno disboscato rispettivamente 2.700 e 500 ettari all’interno delle aree ancestrali degli Ayoreo-Totobiegosode, (“Patrimonio natural y cultural Ayoreo-Totobiegosode”, identificate con l’acronimo Pncat) per avviare pascoli e allevamenti bovini. A queste due società se ne era aggiunta poi una terza, che ha alle spalle una lunga storia di transazioni illegali di terreni e di sviluppo nei pascoli. Grazie a una combinazione di ricerche sul campo, incontri sotto copertura, analisi dei dati commerciali e scambi con le case automobilistiche, Earthsight è riuscita a collegare le pelli prodotte illegalmente all’interno del Pncat a Pasubio, che le utilizza per realizzare gli interni (sedili e volanti) per alcune delle più prestigiose auto di lusso, tra cui Bmw, Jaguar e Land Rover. L’azienda italiana, si legge nel rapporto, è uno dei principali clienti delle concerie dove vengono lavorate queste pelli.
Il legame tra Italia e Paraguay in questo settore è particolarmente forte: il report, infatti, evidenzia come circa due terzi di tutto il pellame prodotto ogni anno nel Paese latinoamericano vengano esportati nel nostro. E ben il 39% dell’export finisce negli stabilimenti della Pasubio. Nell’inchiesta di Earthsight compare poi anche una seconda società italiana, il Gruppo Mastrotto. Sulla base delle denunce contenute nel report di Earthsigh, Survival international (in collaborazione e con l’autorizzazione degli Ayoreo-Totobiegosode) ha innanzitutto inviato lettere di diffida alle due imprese, sollecitandole a interrompere queste importazioni. “Ma mentre Gruppo Mastrotto ha risposto, avviando un dialogo che è ancora in corso e sarà poi oggetto di valutazione finale, Pasubio ha fatto pervenire solo una breve e sterile comunicazione di discolpa generica, senza voler mostrare alcuna volontà di confronto”, si legge nel comunicato diffuso dall’Ong. Da qui la decisione di presentare un’istanza davanti al Punto di contatto nazionale dell’Ocse. Si tratta di un organismo istituito presso il ministero dello Sviluppo economico italiano il cui compito è quello di promuovere il rispetto delle Linee guida per le imprese multinazionali: uno standard volontario di condotta responsabile elaborato dall’Ocse, rivolto alle multinazionali e a tutte le altre imprese che operano sul mercato internazionale.
Nell’istanza, Survival International chiede che l’azienda italiana “accetti di interrompere immediatamente l’importazione di pelli dalle concerie del Paraguay responsabili e/o coinvolte nella deforestazione dell’area protetta degli Ayoreo-Totobiegosode”. La condotta perpetrata dalla società, infatti, contribuisce ad alimentare la deforestazione illegale e la violazione dei diritti di questo popolo privandolo della foresta da cui dipende per tutte le sue vitali necessità; forzandolo a uscire dalla propria terra in cerca di cibo e cure, e costringendolo a contatti forzati e indesiderati con il mondo esterno che possono essere pericolosi veicoli di malattie contro cui la popolazione indigena non può difendersi.
Il Chaco è una grande regione che si estende su diversi Paesi dell’America Latina ed è una delle ultime grandi aree selvagge del mondo: un patrimonio di biodiversità poco abitato, ma dove vivono 250mila persone appartenenti a diversi popoli indigeni. Una ricchezza che però affronta una minaccia mortale: secondo quanto denunciato da Earthsight “le foreste del Chaco stanno scomparendo più rapidamente di qualsiasi altra -si legge nel report-. Un’analisi della Nasa ha rilevato che tra il 1985 e il 2016 circa un quinto delle aree boschive del Chaco è stato convertito in terreni agricoli e in pascoli per il bestiame”. Il Paraguay è stato particolarmente interessato da questo fenomeno con 44mila chilometri quadrati persi: un’area più grande della superficie della Svizzera.
“Il rapporto e le pubblicazioni successive hanno messo a nudo l’incapacità dello Stato paraguaiano di far rispettare le leggi ambientali e di proteggere i diritti degli indigeni, permettendo all’illegalità di prosperare senza controllo per anni”, ha denunciato l’Ong britannica nella seconda edizione del report, Grand Theft Chaco II. Earthsight ha descritto nel dettaglio come una diffusa cultura di corruzione e inazione si sia radicata nel ministero dell’Ambiente del Paraguay, permettendo alle aziende agricole di ricevere permessi di deforestazione irregolari, spesso concessi dopo che le foreste erano state disboscate.
A pagare il prezzo più alto di questa situazione sono i popoli originari, tra cui gli Ayoreo: si tratta di una piccola comunità, circa cinquemila persone che vivono tra Paraguay e Bolivia, divisi in numerosi sottogruppi tra cui gli Ayoreo-Totobiegosode, che sono quelli entrati in contatto con i colonizzatori in tempi più recenti. “Stanno rischiando il genocidio a causa di una deforestazione selvaggia e illegale, ma che continua a crescere di pari passo con le importazioni di pelli dell’Italia -commenta Francesca Casella, direttrice della sede italiana di Survival international-. Gli esperti prevedono addirittura che la domanda di pelle per auto aumenterà di oltre il 5% all’anno fino al 2027. Clienti e consumatori finali devono esserne consapevoli, e poiché l’Italia è il più grande acquirente di pelli paraguaiane al mondo, ha il potere e la responsabilità di intervenire smettendo di fare affari con gli allevamenti di bestiame che operano illegalmente all’interno della terra indigena con la connivenza di politici e funzionari corrotti”.
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