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Crisi climatica / Approfondimento

Siccità in Europa: gli impatti e i rischi, alla ricerca di soluzioni per la gestione dell’acqua

© markus-spiske - Unsplash

L’Atlante del rischio siccità, pubblicato dal Jrc della Commissione europea, evidenzia le vulnerabilità dell’Unione di fronte alla crescente scarsità d’acqua. Agricoltura, energia, trasporto fluviale e forniture di acqua subiranno i maggiori impatti. Come prepararsi prima che arrivi una crisi

La siccità riguarderà sempre di più l’Europa. Anche all’inizio di quest’anno sono emersi i segni del fenomeno, causati da un inverno eccezionalmente caldo e secco, a cui si sono sommati il persistere degli effetti di un 2022 devastante. Solo dal 2011 l’Osservatorio europeo della siccità (Edo) di Copernicus, il programma europeo di osservazione della Terra, ha segnalato 21 eventi di grave siccità. E si prevede che aumenteranno ulteriormente nei prossimi decenni a causa dei cambiamenti climatici. Gli impatti riguardano diversi sistemi critici dell’Europa: l’agricoltura, le forniture di acqua potabile, l’energia, il trasporto fluviale e gli ecosistemi. 

Per prepararsi a gestire la scarsità d’acqua in futuro, la Commissione europea sta sviluppando due strumenti con gli scienziati del Jrc, il servizio scientifico della Commissione, e dei partner di Edora (Osservatorio europeo sulla siccità per la resilienza e l’adattamento). Si tratta del Database europeo degli impatti della siccità, che contiene dati dal 1977 al 2022, e l’Atlante europeo del rischio siccità, pubblicato lo scorso ottobre.

Andrea Toreti è tra i ricercatori che hanno lavorato al progetto e primo autore della pubblicazione. L’obiettivo principale del lavoro è mostrare come la siccità sia un problema europeo: “Nonostante la zona del Mediterraneo sia quella che noi chiamiamo hotspot, il rischio siccità interessa tutto il continente”, spiega ad AltreconomiaUn esempio concreto è quanto accaduto nel 2018, quando l’Europa ha affrontato una siccità unica per le condizioni estreme, sia in primavera sia in estate, che l’hanno caratterizzata. A una primavera con scarse precipitazioni e temperature sopra la media è seguita un’estate altrettanto secca con temperature molto elevate. A subirne le peggiori conseguenze furono l’Europa centrale e settentrionale, con gravi impatti in diversi settori socioeconomici. Ciò che in quel caso permise di attenuare gli impatti della scarsità d’acqua fu una (rara) primavera più piovosa del solito che colpì l’Europa meridionale. 

“Nel 2018 -continua Toreti- la cooperazione all’interno del mercato europeo ha aiutato a far sì che gli effetti della siccità in Europa centrale e settentrionale non si propagassero. L’Europa meridionale fortunatamente aveva avuto delle condizioni climatiche che avevano permesso rese agricole ottimali. E questo ha evitato una maggiore volatilità nei picchi dei prezzi dei beni agricoli. Ma in altri studi, anche recenti, abbiamo dimostrato come i rischi nel settore agricolo, in assenza di mitigazioni a livello globale per ridurre le emissioni, diventeranno sempre maggiori”. Primo autore anche di un articolo scientifico pubblicato nel 2019 sulla rivista Earth’s Future che analizzava le anomalie del 2018, Toreti concludeva che quell’anno doveva essere considerato “un campanello d’allarme”, sottolineandone l’eccezionalità delle condizioni meteo. In futuro aumenterà l’incidenza della siccità su tutto il continente europeo, e saranno rari gli anni in cui alla scarsità d’acqua in una regione si alternerà e sarà compensata dalla piovosità in un’altra.

L’Atlante europeo identifica le zone più a rischio di siccità per cinque diversi settori -agricoltura, energia, trasporto fluviale, forniture di acqua e ecosistemi naturalinelle condizioni climatiche attuali, e fornisce anche indicazioni su come questi rischi potrebbero cambiare negli scenari climatici che prevedono aumenti di temperatura di +1,5°C, +2°C e +3°C, rispetto al periodo preindustriale.

Il settore agricolo, responsabile del 46% dell’utilizzo medio annuo totale di acqua, è uno dei più colpiti dalla siccità. L’Atlante calcola che alle attuali condizioni climatiche le perdite delle rese agricole arriveranno fino al 10% e la zona del Mediterraneo (in particolare la Spagna) e la Romania saranno le più colpite. Le colture dipendenti dalle piogge, come il grano, risentiranno maggiormente delle precipitazioni insufficienti in Spagna, Romania, Italia meridionale e Cipro. Mentre per mais, orzo, riso e patate, irrigate artificialmente, la competizione per le risorse idriche con altri settori potrà rivelarsi un problema. Anche in questo caso le zone più colpite saranno quelle affacciate sul Mediterraneo (Spagna, Italia, Sud della Francia, Grecia) insieme alla Romania. Un’eccezione è rappresentata dalle patate, le cui rese diminuiranno omogeneamente in tutta Europa con picchi in Svezia, Finlandia settentrionale, Bulgaria orientale e, in certa misura, in Italia centro-meridionale. 

“Quello che bisogna arrivare a fare -continua Toreti- è avere un uso più efficiente dell’acqua ed evitare di avere picchi di domanda di acqua contemporaneamente tra diversi settori o all’interno dello stesso settore. Per esempio, si deve evitare che nella coltivazione del riso il picco della domanda di acqua arrivi nello stesso momento di quello per il mais. Questo si può fare adottando tecniche di irrigazione completamente diverse, anche attraverso tecnologie digitali come i sensori che monitorano costantemente i campi e permettono di programmare diversamente l’irrigazione dei campi”. Inoltre, aggiunge il ricercatore, un’altra strategia per l’agricoltura può essere quella di adottare varietà diverse della stessa coltura, più resistenti alle condizioni meteo-climatiche cambiate: “Uno degli strumenti di adattamento è lo sviluppo di servizi climatici che possano dare informazioni all’agricoltore per scegliere durante la semina la varietà della stessa coltura che riduce i rischi legati agli eventi estremi che potrebbero verificarsi durante la stagione di crescita”. 

In altri settori, come la fornitura di acqua pubblica, compresa quella potabile, la siccità crea problemi per quel che riguarda la quantità di risorse disponibile ma anche per la qualità dell’acqua a disposizione. Le proiezioni suggeriscono che la siccità potrebbe mettere sotto pressione anche Paesi nordici come Svezia e Finlandia, che potrebbero essere però in grado di far fronte all’aumento di prelievi di acqua. Mentre nelle regioni del Sud d’Europa, i ridotti livelli delle acque sotterranee e di superficie potrebbero portare a restrizioni che ne limitano l’uso, non solo domestico (non so se aggiungere). 

La mancanza di precipitazioni e le temperature elevate modificheranno inoltre la portate dei fiumi, portando a un abbassamento dei livelli di acqua. Le conseguenze sono significative per il settore energetico e del trasporto fluviale. Riduzioni nella produzione di energia idroelettrica sono attese in Portogallo, Cipro, Spagna, Grecia, Estonia e Bulgaria, anche se questi ultimi tre Paesi sono meno a rischio in termini assoluti. E anche Francia e Italia dovranno affrontare rischi sostanziali. Così come il riscaldamento dell’acqua dei fiumi e il loro abbassamento renderà più difficile il raffreddamento delle centrali nucleari in Svezia meridionale, nella Slovacchia occidentale e in Spagna. Ma perdite anche moderate potranno avere un grande impatto in Francia, dove la produzione di energia nucleare ha una delle quote più alte al mondo nel mix energetico. E anche la rete di quasi 40.000 chilometri di corsi d’acqua navigabili su cui può contare l’Europa -concentrata su pochi sistemi fluviali come Reno, Danubio, Elba, Rodano, Senna e Po- subirà degli impatti. Il settore della navigazione interna subirà perdite significative in Germania e, in scenari climatici più caldi, aumenterà nella regione del Danubio, con conseguenze anche per i settori industriali che dipendono da questi trasporti. 

Tra gli obiettivi dell’Atlante c’è anche quello di riuscire a valutare gli effetti a cascata della siccità, la “catena degli impatti” che da un settore possono poi svilupparsi sugli altri: “Siamo ancora agli inizi dello sviluppo di questo concetto, ma il prossimo passo è iniziare a sviluppare metodologie per quantificare queste catene di impatti e soprattutto gli shock che potrebbero produrre a livello europeo. I cambiamenti climatici ci porteranno ad avere disponibilità diverse o regimi idrici completamente diversi, l’idea è che da oggi dobbiamo iniziare ad adattarci, mentre riduciamo le emissioni ovviamente. E dobbiamo farlo tutti insieme in Europa”. 

È questa l’idea della Commissione europea che nel suo programma di lavoro per il primo trimestre del 2024 ha annunciato la presentazione di una “Water resilience initiative” come una delle sue priorità. Ne ha dato qualche anticipazione Virginijus Sinkevičius, il commissario europeo per l’Ambiente, lo scorso 17 ottobre in una discussione al Parlamento europeo, sottolineando che i settori che utilizzano più acqua, come l’industria, l’energia, i trasporti e l’agricoltura, devono fare di più per integrare l’efficienza idrica e la protezione degli ecosistemi. “Abbiamo bisogno di una trasformazione sistemica del modo in cui l’acqua viene gestita, utilizzata e valorizzata, tenendo sempre presente la necessità di proteggere la natura e gli ecosistemi. […] Ci è voluta una grande crisi per insegnarci quanto sia preziosa la nostra energia. È ora di applicare una mentalità diversa anche all’acqua. Invece di aspettare che si verifichi una crisi, dobbiamo prepararci adottando un’azione complessiva”.

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