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Crisi climatica / Approfondimento

In Africa è urgente migliorare il monitoraggio meteo per contrastare la crisi climatica

© Nasa - Unsplash

Il continente contribuisce marginalmente alle emissioni di gas serra eppure ha già subito perdite e danni causati dai cambiamenti climatici, come dimostra la tragica tempesta Daniel che ha colpito la Libia. Questa condizione non è causata solo dalla gravità degli eventi ma anche da una forte carenza nella raccolta dei dati climatici

Quando il ciclone tropicale Idai, nel 2019, ha attraversato il Madagascar, il Malawi, il Mozambico e lo Zimbabwe, ha colto di sorpresa le popolazioni africane provocando distruzione e oltre mille morti. Un evento classificato di categoria 4 con velocità del vento superiore a duecento chilometri orari. Poco meno intenso dell’uragano Ida che, nello stesso anno, ha colpito gli Stati Uniti orientali provocando quasi cento vittime. I cittadini statunitensi erano stati fatti evacuare prima dell’arrivo dell’uragano. A parità di condizioni meteorologiche, la differenza è stata determinata dalla capacità di prevedere i rischi, predisporre sistemi di allerta e preparare la popolazione a come reagire. 

L’Africa è uno dei continenti che contribuisce meno alle emissioni di gas serra, eppure ha già subìto perdite e danni causati dai cambiamenti climatici, tra i quali perdita di biodiversità, scarsità d’acqua, riduzione della produzione alimentare, perdita di vite umane e riduzione della crescita economica. Questa condizione non è causata solo dalla gravità degli eventi che colpiscono il continente ma anche da una forte carenza nella raccolta dei dati climatici, cruciali per prendere decisioni fondamentali legate tanto ai sistemi di allerta meteo, che potrebbero salvare vite umane, quanto alla programmazione economica, energetica e agricola dei Paesi africani. 

Anche la tempesta Daniel che ha colpito la Libia lo scorso 10 settembre ne è una tragica dimostrazione. Il Centro meteorologico nazionale libico aveva emesso allerte per le forti precipitazioni 72 ore prima dell’evento, informando le autorità governative tramite mail e media. Sulla base di questi avvisi era stato infatti dichiarato lo stato di emergenza nelle regioni orientali. Anche se in passato la Libia è stata attraversata da tempeste di pioggia, per questo evento il livello di precipitazioni è stato da record (414,1 millimetri in 24 ore) e ha causato inondazioni e la rottura di due dighe ormai obsolete (un rischio questo non considerato).

In quelle zone sono più frequenti le tempeste di sabbia. L’Organizzazione meteorologica mondiale (Wmo) ha spiegato ad Altreconomia che “a causa della situazione (politica, ndr) che si protrae da tempo nel Paese, il Centro meteorologico nazionale ha delle limitazioni molto gravi, carenza di attrezzature e di materiali per l’osservazione, mancanza di personale. Le strumentazioni sono estremamente essenziali”. Un altro grave problema è che le alluvioni si sono verificate a tarda notte “e la gente non era preparata”. Per il Segretario generale della Wmo, Petteri Taalas, l’impatto distruttivo della tempesta evidenzia la necessità “di migliorare l’accuratezza e la disponibilità delle previsioni e di garantire che queste raggiungano tutte le persone e portino a mettere in atto le misure necessarie”.

Un recente articolo di commento, pubblicato sulla rivista Nature, ha sottolineato l’importanza di gestire i rischi legati al clima attraverso il monitoraggio meteorologico, le previsioni, anche locali, e i sistemi di allerta precoce. Eppure oggi l’Africa deve fare i conti con forti carenze di dati che la espongono in modo sproporzionato “a rischi climatici, idrologici e meteorologici catastrofici”. Per questo – scrivono gli autori- qualsiasi programma di investimenti per contrastare e limitare i danni dei cambiamenti climatici in Africa dovrebbe mettere al centro il miglioramento dei sistemi di monitoraggio del clima. Un appello arrivato a ridosso del primo vertice africano sul clima -l’Africa climate summit, conclusosi il 6 settembre a Nairobi, in Kenya- che è stato dominato dalle discussioni su come mobilitare risorse economiche a favore del continente per l’adattamento a condizioni climatiche sempre più estreme, per la conservazione della natura e lo sviluppo di energie rinnovabili.

Consultando la banca dati dei radar dell’Organizzazione meteorologica mondiale (Wmo) si vede che il divario nella capacità di monitoraggio tra Africa e resto del mondo è enorme. L’Europa e gli Stati Uniti dispongono rispettivamente di 344 e 291 stazioni (utilizzate per tracciare le precipitazioni e stimarne il tipo) che monitorano una superficie complessiva di 20 milioni di chilometri quadrati abitata da una popolazione di 1,1 miliardi di abitanti. L’Africa possiede invece 37 stazioni radar per una popolazione di 1,2 miliardi di persone e una superficie di 30 milioni di chilometri quadrati. 

Inoltre, denunciano gli autori su Nature, più della metà di queste stazioni non fornisce dati sufficientemente precisi per previsioni meteorologiche affidabili poiché molti strumenti, a più livelli di rilevamento, sono obsoleti o non funzionano correttamente, lasciando le popolazioni africane vulnerabili alle condizioni meteorologiche estreme. 

Da questo punto di vista, l'Africa si distingue dalle altre regioni. Nel periodo 2000-22, ha avuto più inondazioni e morti legate alle inondazioni di quante ne abbiano avute il Nord America e l'Europa messe insieme. Solo l'Asia meridionale e sudorientale ne ha subite di più, in parte a causa della densità di popolazione nei Paesi più a rischio, come il Bangladesh. Nel Corno d'Africa, dal 2020, la siccità più prolungata nella storia recente della regione, continua a colpire l’Etiopia, la Somalia e il Kenya, con oltre 20 milioni di persone che soffrono di malnutrizione. 

I ricercatori identificano per l’Africa cinque priorità sulle quali intervenire: determinare i rischi a seconda delle zone, investire nel monitoraggio e nelle previsioni meteorologiche, promuovere innovative modalità di previsione basate su simulazione e modelli matematici, migliorare i sistemi di allerta precoce e stanziare fondi per la modernizzazione, la manutenzione e la sicurezza.  

I rischi climatici per l’Africa variano molto da zona a zona. Secondo gli scenari, l'Africa orientale sperimenterà temperature più calde e siccità più prolungate; a Sud del Madagascar aumenteranno frequenza e intensità dei cicloni, mentre il delta del fiume Niger, nell'Africa occidentale, dovrebbe subire ritardi nell'inizio della stagione delle piogge. Per i ricercatori è urgente aumentare le stazioni radar. Questi strumenti possono rilevare le nubi temporalesche, valutarne le strutture e aiutare a prevedere il maltempo. Anche il monitoraggio e le previsioni meteorologiche via satellite sono fondamentali e devono essere migliorati. Così come molto utili possono essere sistemi che raccolgono le osservazioni a livello locale direttamente dai cittadini. Questi e altri interventi richiedono fondi per le infrastrutture e per lo sviluppo di competenze -nei servizi idrometrici africani non ci sono abbastanza meteorologi qualificati per interpretare le immagini satellitari per le previsioni- oltre che per migliorare la capacità di calcolo, la larghezza di banda di internet e la copertura della rete mobile, l’implementazione di software avanzati. Anche quando i sistemi ci sono, devono essere migliorati. Per essere efficaci, gli avvisi devono indicare non solo quali saranno le condizioni meteorologiche, ma anche quali saranno le conseguenze per le popolazioni locali, fornire indicazioni chiare, nelle lingue e nei dialetti parlati dalle popolazioni. 

L’iniziativa Early Warnings for All, guidata dall'Wmo e dalle Nazioni Unite, è un primo passo verso la giusta direzione. Oltre alle Nazioni Unite e alla Wmo, coinvolge il movimento della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa, la società civile, le aziende Big Tech, i governi donatori, le banche di sviluppo e il settore assicurativo. Nel novembre 2022 ha promesso 3,1 miliardi di dollari, da distribuire tra il 2023 e il 2027, per i sistemi idrometrici in 30 Paesi, tra cui 13 nazioni africane, ma per i ricercatori è un impegno insufficiente. Soprattutto se paragonato agli investimenti fatti dagli Stati Uniti negli ultimi 30 anni che hanno installato, mantenuto e modernizzato 122 stazioni radar meteorologiche di nuova generazione per un costo di 3,1 miliardi di dollari, lo stesso ammontare dell’intera iniziativa Early Warnings for All. E l'Africa ha una superficie pari a più di tre volte quella degli Stati Uniti. 

Gli investimenti in questo settore sono essenziali per salvare vite, ma anche per contenere i costi delle perdite e dei danni. La Banca Mondiale ha stimato che i Paesi africani possono risparmiare 13 miliardi di dollari all'anno investendo nei sistemi idrometrici, oltre ai 22 miliardi di dollari relativi ai costi per la salute e ai 30 miliardi dell’aumento della produttività. Come spiegano i ricercatori su Nature, le mancanze in questi sistemi, spesso rendono superflui altri finanziamenti per lo sviluppo: “Non ha senso investire nelle piccole aziende agricole se le inondazioni le spazzeranno via”.

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