Crisi climatica / Attualità
“SACE fa un cattivo uso dei soldi pubblici e continua a sostenere il settore fossile”
A metà maggio ReCommon ha presentato un esposto alla Procura regionale del Lazio della Corte dei conti sull’operato dell’assicuratore di Stato controllato dal ministero dell’Economia. Tra il 2016, da quando è in vigore l’Accordo di Parigi sul clima, e il 2023, SACE avrebbe emesso garanzie per il settore fossile per un totale di venti miliardi di euro, di cui 4,95 miliardi solo lo scorso anno
Lo scorso 17 maggio ReCommon ha presentato un esposto alla Procura regionale del Lazio della Corte dei conti per chiedere di indagare sull’operato di SACE, l’assicuratore di Stato italiano controllato dal ministero dell’Economia. Al centro della contesa ci sono le garanzie (sotto forma di assicurazioni sui progetti o di garanzie sui prestiti per la loro realizzazione) emesse da SACE ai settori dei combustibili fossili, petrolchimico e croceristico. Secondo ReCommon, fornire sostegno a queste attività inquinanti e a rischio potrebbe rappresentare una gestione non corretta delle risorse pubbliche e una mancata tutela degli interessi dei cittadini. “La stessa Corte dei conti, attraverso la sua Sezione del controllo sugli enti, negli ultimi tre anni ha segnalato la necessità di provvedere a una maggiore diversificazione settoriale, raccomandazione che SACE ha ripetutamente ignorato, intensificando gli investimenti nei settori più a rischio, a partire dai combustibili fossili”, ricorda ReCommon.
Tra il 2016, anno di entrata in vigore dell’Accordo sul clima di Parigi che prevede di mantenere l’aumento di temperatura media globale entro i 1,5 gradi, e il 2023, SACE ha emesso garanzie per il settore fossile per un totale di venti miliardi di euro, di cui 4,95 miliardi solo lo scorso anno. Questi finanziamenti rappresentano buona parte dei sussidi ambientalmente dannosi italiani. Inoltre, l’assicuratore di Stato si classifica al quinto posto a livello globale e al primo in Europa per i finanziamenti all’industria dei combustibili fossili.
Nel novembre 2021, in occasione della 26esima conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Cop), l’Italia ha sottoscritto però un accordo per “porre fine al nuovo sostegno pubblico diretto al settore internazionale dell’energia da combustibili fossili entro la fine del 2022”. L’assicuratore di Stato vi si è in realtà adeguato tardi e in modo insufficiente. “La nuova policy a riguardo emessa da SACE solo nel 2023, quindi in estremo ritardo, consente all’Italia di sostenere con soldi pubblici progetti fossili almeno fino al 2028 e, grazie a diverse ‘scappatoie’, praticamente per sempre”, prosegue ReCommon.
A seguito di questi finanziamenti, SACE risulta esposta in progetti oil&gas anche in Paesi in cui l’industria fossile gioca un ruolo destabilizzante. Come in Mozambico dove ha sostenuto due progetti legati al gas “naturale” liquefatto (Gnl): il primo è il “Coral South Flng”, una piattaforma galleggiante per l’estrazione e la liquefazione del gas nelle acque offshore della provincia di Cabo Delgado, una delle zone più povere del Paese dove gli scontri armati hanno causato più di mezzo milione di sfollati (secondo i dati di Save the children). Per la costruzione dell’impianto SACE ha garantito un finanziamento di 700 milioni di euro a Eni. La seconda operazione contestata è legata al “Mozambique Lng”, una piattaforma per l’estrazione offshore di gas fossile con relativo gasdotto, impianto di liquefazione, strutture di stoccaggio e di carico sulle navi, realizzato dall’azienda francese TotaleEnergies con la partecipazione dell’italiana Saipem. Questo progetto è supportato con 950 milioni di euro, per cui SACE dovrebbe coprire i prestiti per le operazioni di Saipem, tra cui quello di Cassa depositi e prestiti del valore di 650 milioni di euro.
Una tendenza che non sembra destinata a invertirsi presto. Secondo ReCommon, infatti, SACE avrebbe intenzione di garantire 500 milioni di euro di finanziamenti a Petroperù per l’ammodernamento della raffineria di Talara in Perù. Nonostante le rassicurazioni dell’azienda petrolifera sudamericana, l’ampiamento della raffineria avrà gravi impatti sull’ambiente e sarà utilizzata per lavorare il petrolio proveniente da blocchi offshore situati nella costa settentrionale del Paese e nell’Amazzonia, aree abitate da comunità locali e indigene. Nonostante solo uno dei quattro blocchi offshore sia attualmente operativo, con una produzione limitata, Petroperù intende sviluppare altri sei blocchi per aumentare la produzione e giustificare il costo elevato della raffineria di Talara, valutato in 5,3 miliardi di dollari. “Petroperù ha una storia piena di violazioni dei diritti delle popolazioni indigene e casi di corruzione, con una situazione finanziaria sempre difficile e una forte instabilità interna. Nonostante ciò -ricorda la Ong-, SACE sembra ignorare queste criticità e procedere con il finanziamento di progetti ad alto rischio sociale e ambientale, che espongono a rischi superflui le casse dello Stato italiano”. Ignorando sia i diritti dei popoli amazzonici sia gli impegni dell’Italia per la decarbonizzazione.
A giugno 2021 ReCommon aveva richiesto a SACE un accesso alle valutazioni di impatto ambientale e sociale che giustificavano le garanzie fornite a Eni e Saipem in Mozambico. A seguito del rifiuto da parte dell’ente, ReCommon si era rivolta al Tribunale amministrativo regionale (Tar) del Lazio per chiedere l’accesso alla documentazione. Nonostante a maggio 2022 il Tar si fosse espresso a favore di ReCommon, sentenza ribadita anche dal Consiglio di Stato nel marzo del 2023, a oggi ReCommon non ha ancora ricevuto i documenti richiesti.
“Le operazioni estere di SACE si concentrano nei Paesi e nei settori più a rischio, sia sul piano politico e sociale che ambientale -afferma Simone Ogno, campaigner finanza e clima di ReCommon-. Investimenti sconsiderati per lo più a favore degli interessi delle multinazionali, con ricadute sociali, ambientali e climatiche spesso negative nei Paesi destinatari degli investimenti. È arrivato il momento che il governo, tramite SACE, smetta di giocare d’azzardo con i soldi dei cittadini, facendo in modo che l’assicuratore pubblico ponga fine all’emissione di garanzie nei settori più a rischio come petrolio e gas e indirizzi la sua operatività sulla transizione energetica ed ecologica dell’Italia”.
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