Diritti / Attualità
I rimpatri aerei dei migranti sotto la lente. E oltre gli slogan
Nel 2018 circa 6.400 persone hanno dovuto lasciare il nostro Paese a bordo di un volo charter o di linea. Le operazioni sono in capo al Viminale, ma il ruolo del Garante dei ristretti è decisivo. Il ruolo di Frontex e delle compagnie private
Nel corso del 2018 sono stati 6.398 i cittadini stranieri che, a seguito di un provvedimento di espulsione, hanno dovuto lasciare l’Italia e sono stati riportati nei Paesi d’origine per via aerea. Nella maggior parte dei casi (4.276 persone) l’operazione di rimpatrio è avvenuta attraverso tradizionali voli commerciali mentre 2.116 persone sono state rimpatriate con 74 voli charter organizzati direttamente dall’Italia verso la Tunisia (66 voli per un totale di 1.907 cittadini stranieri a bordo), la Nigeria (5 voli per un totale di 149 persone) e l’Egitto (3 voli, 60 persone rimpatriate). A questi vanno poi aggiunti due voli congiunti organizzati rispettivamente dalla Germania e dall’Austria con il coordinamento dell’agenzia europea Frontex (frontex.europa.eu) diretti verso il Gambia (4 le persone rimpatriate dall’Italia) e il Pakistan (2 persone rimpatriate dall’Italia).
I dati sono contenuti nell’ultima relazione al Parlamento del Garante dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale (garantenazionaleprivatiliberta.it). Un documento utile anche a capire in che modo vengono gestiti i voli charter. Una volta individuati i migranti da rimpatriare ed effettuata l’identificazione da parte delle autorità consolari del Paese d’origine, spetta alla “Direzione centrale dell’immigrazione e della Polizia delle frontiere” -lo stesso organismo che gestisce tutti i bandi e le pratiche relative alla “gestione” dei flussi migratori verso il nostro Paese- “reperire sul mercato tutti i servizi connessi”. Nel trattare con la compagnia aerea che mette a disposizione il vettore e l’equipaggio, le regole sono chiare: non ci sono classi di viaggio e il posto viene assegnato in base al piano predisposto dal capo scorta. Il comandante comunica direttamente con il capo-scorta e non si rivolge mai ai passeggeri, cui talvolta non viene nemmeno dato il permesso di slacciare le cinture di sicurezza. “Lo stesso poggiapiedi del sedile, secondo le tecniche operative del personale di scorta, può essere utilizzato per il blocco delle gambe dei passeggeri che si dimostrino particolarmente agitate”, scrive il Garante, Mauro Palma.
Per realizzare le operazioni di rimpatrio è fondamentale il contributo economico di Frontex sia per quanto riguarda la copertura dei costi per voli charter (noleggio del vettore e costi del personale, sono esclusi i costi degli operatori di polizia) sia per quanto riguarda i rimpatri effettuati con i voli di linea. Frontex, infatti, può finanziare o co-finanziare operazioni di rimpatrio organizzate dai singoli Stati membri dell’Ue. Alla richiesta di Altreconomia, Frontex ha fatto sapere che nel corso del 2018 ha “fornito sostegno alle operazioni di rimpatrio dall’Italia per un importo di 4.301.704 euro”. Risorse che hanno permesso di coprire le spese per 75 voli charter decollati dall’Italia verso i Paesi d’origine nei migranti. Più nel dettaglio, le risorse messe a disposizione da Frontex hanno permesso di coprire tutti i rimpatri verso la Nigeria (149 rimpatriati) e la quasi totalità dei voli verso la Tunisia (1.897 persone). Nel corso del 2019 (da gennaio a metà aprile) sono stati 17 i voli di ritorno supportati da Frontex, per un totale di 354 migranti rimpatriati. “Come avvenuto lo scorso anno, la principale destinazione è la Tunisia (213 persone) e in misura molto minore Nigeria (85), Gambia (7) ed Egitto (49)”, ha fatto sapere Frontex ad Altreconomia.
Per realizzare le operazioni di rimpatrio è fondamentale il contributo dell’agenzia Frontex sia per quanto riguarda la copertura dei voli charter sia quelli di linea
Sempre per gestire le operazioni di rimpatrio, il 4 giugno 2018 la Direzione Centrale immigrazione e della polizia delle frontiere ha pubblicato sul proprio sito internet il “Regolamento per l’istituzione e la gestione dell’Albo dei fornitori del ministero dell’Interno per i voli di rimpatrio dei migranti”. L’obiettivo, si legge nel testo, è quello di “individuare un numero di operatori economici ritenuti idonei per l’esecuzione di servizi necessari a effettuare voli di rimpatrio (dei migranti, ndr) in quanto in possesso di tutti i requisiti di capacità professionale, serietà, correttezza e di ordine generale”. Ai soggetti che intendono partecipare al bando si chiede -oltre ai requisiti di legge per la partecipazione a un bando pubblico- la dichiarazione “di essere in possesso di adeguata struttura organizzativa che consenta di dare inizio alla prestazione richiesta, qualora sussistano motivi di particolare urgenza, entro al massimo ventiquattr’ore”. L’iscrizione all’albo -che avviene a giudizio insindacabile della Direzione centrale- è consentita senza limiti temporali. A quasi un anno di distanza dalla pubblicazione del bando, tuttavia, l’Albo non è mai stato pubblicato sul sito internet del ministero (come invece prevede il testo del regolamento) e gli uffici del Viminale non hanno risposto alle domande di Altreconomia.
Un documento pubblicato sul sito della Direzione Centrale immigrazione e della polizia delle frontiere (poliziadistato.it) permette però di tracciare un quadro delle operazioni economiche connesse ai voli di rimpatrio effettuati nel corso del 2018, che sono costati al ministero dell’Interno 4.957.693 euro, solo per quanto riguarda il noleggio dei vettori aerei. Spese che sono state liquidate nel corso del 2018 a due compagnie private: “Air Partner”, che ha ricevuto dal Viminale 3.055.938 euro, e “Air charter connection Italy S.R.L”, che ha ricevuto un importo pari a 1.901.755 euro. Si tratta, in entrambi i casi, di compagnie registrate in Italia e controllate al 100% da società con sede nel Regno Unito. Nessuna delle due compagnie, contattate da Altreconomia, ha voluto rilasciare commenti.
“Air Partner SRL” è una società attiva “nel noleggio e nella locazione di aeromobili per il trasporto di passeggeri e/o merci” con sede a Milano che al 31 dicembre 2017 ha registrato ricavi per 23.718.296 euro con un utile di 205 mila euro. “Air Partner PLC”, società con sede a Londra è socio unico di Air Partner SRL. A Roma ha invece sede “Air Charter Connections Italy – SRL”, controllata al 100% da “ACC Aviation limited” una società con sede a Londra ed è una sussidiaria del gruppo inglese FlyAcc Group Limited con sede a Weybridge (Londra). Al 31 dicembre 2017, il valore della produzione della società italiana ammontava a 1.963.358 euro, con una perdita di esercizio pari a 105mila euro.
L’ufficio del Garante monitora i voli di rimpatrio durante tutto il loro svolgimento: dal trasferimento dei migranti dai Centri per il rimpatrio e fino all’atterraggio del velivolo. “Solitamente veniamo informati dalle autorità 4-5 giorni prima della partenza del velivolo -spiega il Garante Mauro Palma ad Altreconomia-. Chiediamo di avere i nomi delle persone che verranno rimpatriate per effettuare dei controlli, anche con la collaborazione dei tribunali o delle associazioni che si occupano di vittime di tratta”.
Non mancano casi in cui, anche a poche ore dalla partenza, si renda necessario un intervento d’urgenza per evitare che a bordo dei charter vengano imbarcate persone che hanno diritto di restare in Italia
Non mancano però casi in cui, anche a poche ore dalla partenza, si renda necessario un intervento d’urgenza per evitare che a bordo dei charter vengano imbarcate persone che hanno diritto di restare in Italia. Come è successo durante il volo di rimpatrio del 19 gennaio 2018 diretto a Lagos, in Nigeria. Era prevista la partenza di 44 cittadini nigeriani (accompagnati da 115 unità di scorta) tra cui alcune donne trattenute nel Cpr di Ponte Galeria (Roma) che non erano state né avvisate né preparate psicologicamente alla loro partenza con un volo che sarebbe partito di lì a poco. Nella lista delle persone in partenza, anche una giovane donna che, a seguito di una domanda d’asilo respinta dalla Commissione territoriale, aveva presentato domanda d’appello, ancora pendente al momento della partenza. L’intervento del monitor dell’ufficio del Garante ha permesso di bloccare l’imbarco della donna. “Il fatto che debba essere l’organo di garanzia a intervenire in questi casi, peraltro a ridosso della partenza, e non le autorità competenti lascia molte perplessità”, commenta Mauro Palma.
Un ulteriore perplessità viene suscitata dalla lettura di determina del “Dipartimento pubblica sicurezza” del 12 dicembre 2018, che ha dato il via libera alla procedura per l’acquisto di un servizio di biglietteria in occasione di operazioni di rimpatrio “di presunti cittadini nigeriani”.
“Il nodo principale in queste situazioni è capire se esiste una ragione di inespellibilità che non è stata fatta valere, ad esempio il rischio che la persona rimpatriata possa subire torture o trattamenti inumani e degradanti -spiega l’avvocato Salvatore Fachile-. Oppure se ci troviamo davanti a persone a cui non è stata data la possibilità di chiedere asilo. I cambiamenti introdotti dal nuovo Decreto Immigrazione, ad esempio, rendono più difficile presentare una seconda domanda di protezione internazionale, portando nuovi elementi alla commissione. Una prassi riconosciuta dal diritto comunitario e che ora potrebbe essere limitata”.
Altro elemento critico di questo processo riguarda la possibilità di rintracciare le persone vulnerabili una volta completato il rimpatrio. Una criticità a cui vuole dare una risposta il “Progetto Sciabaca” promosso da Asgi (Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione – asgi.it) e Arci (arci.it) che è stato presentato ufficialmente lo scorso marzo durante un convegno a Tunisi. “L’obiettivo è quello di creare una rete internazionale di avvocati, attivi su entrambe le sponde del Mediterraneo e nei Paesi africani dove vengono rimpatriati i migranti, come la Nigeria -spiega Salvatore Fachile-. Questo ci permetterà di contattare le persone rimpatriate e, laddove esistono i presupposti, raccogliere le procure per presentare esposti e ricorsi laddove è possibile, anche presso la Corte africana per i diritti dell’uomo e la Corte europea per i diritti dell’uomo”.
In molti Paesi europei attivisti, associazioni e gruppi di legali hanno moltiplicato gli sforzi per contrastare o limitare il rimpatrio forzato dei migranti e richiedenti asilo che si sono visti rifiutare la domanda di protezione internazionale. Matthew Chester, 24 anni, è un attivista di “Lesbian and gays support the migrants” un movimento nato nel Regno Unito nell’ottobre 2015, noto per le originali campagne di sensibilizzazione sul tema dei rimpatri forzati: tra le più recenti, la scelta di usare Tinder (una nota app per organizzare appuntamenti) in occasione di San Valentino per spiegare a chi viaggia in aereo come individuare un possibile caso di rimpatrio forzato e come impedirlo. “British Airways e altre compagnie effettuano questo tipo di operazioni che costringono le persone a ritornare in Paesi che spesso non hanno mai visto e dove rischiano di subire persecuzioni o di essere uccisi”, spiega Matthew.
In base ai dati dell’Home office (l’equivalente del ministero dell’interno) ed elaborati dal “Migration observatory” dell’università di Oxford, nel 2017 sono state 9.670 le persone coinvolte in un rimpatrio forzato perché non avevano più i documenti in regola per restare nel Regno Unito, ma il numero sale al 12.049 se si includono anche coloro che hanno lasciato “volontariamente” il Paese dopo essere stati trattenuti in un centro per il rimpatrio.
L’attività del gruppo LGBT si è concentrata soprattutto sul ruolo delle compagnie aeree e, nel 2018, ha messo a segno un risultato importante: “La ‘Virgin Atlantic’, che sapevamo essere una delle compagnie che effettuava rimpatri forzati, era tra gli sponsor del Pride di Londra -racconta Matthew-. Li abbiamo contattati facendo notare che questa prassi era in contrasto con i valori del Pride”. Pochi giorni dopo, la compagnia ha annunciato che non avrebbe più effettuato voli di rimpatrio.
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