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Economia / Approfondimento

Privilegi fiscali delle compagnie aeree europee, un biglietto da 34,2 miliardi di euro

© Pascal Meier - Unsplash

I colossi dell’aviazione civile del continente, che hanno già beneficato di sussidi pubblici durante la pandemia, sfruttano generose esenzioni sul cherosene, sulle emissioni e sui prezzi dei biglietti. Evitando ogni anno di pagare tasse che potrebbero essere investite dagli Stati in modalità di trasporto più sostenibili. Il report di T&E

Nel 2022 i Paesi europei hanno perso 34,2 miliardi di euro a causa delle tasse non pagate dalle compagnie aeree, pari a circa quattro milioni di euro all’ora. Quanto si sarebbe speso per installare oltre 1.400 chilometri di rete ferroviaria ad alta velocità.

Lo evidenzia lo studio pubblicato a luglio della Federazione europea per il trasporto e l’ambiente (Transport&Environment, T&E) che analizza e stima i danni causati dai privilegi fiscali di cui godono le compagnie aree sui voli passeggeri (la componente cargo non è stata considerata).

“Questa differenza è dovuta a tre componenti: zero tasse sull’acquisto del cherosene (il carburante utilizzato per i voli aerei, ndr), Iva assente o molto ridotta sul costo dei biglietti e infine la tassazione delle emissioni secondo il mercato europeo (Emission trading scheme, Ets) solo sui voli tra scali europei”, si legge nella relazione.

Dei 34,2 miliardi di euro non pagati la maggior parte (20,5 miliardi) sarebbero dovuti alle mancate imposte su carburante ed emissioni. Se non verranno presi provvedimenti, con la ripresa e la crescita del settore, questa quota è destinata ad aumentare, superando i 47 miliardi di euro nel 2025, quando il numero di voli sarà tornato ai livelli pre pandemia da Covid-19.

Il settore dell’aviazione è tra i più emissivi, ed è infatti responsabile del 2,5% delle emissioni di CO2 a livello globale, un valore in forte crescita. Se nel 2013 l’impronta di carbonio era di 706 milioni di tonnellate di CO2 (MtCO2) nel 2019 questo valore era salito a 920. Nonostante il forte calo dei voli durante la pandemia da Covid-19, è previsto che il numero di partenze e arrivi dai Paesi dell’Unione europea aumenti del 62% al 2050 (rispetto ai livelli pre pandemici). Uno dei motivi di questa crescita, secondo T&E, è dovuto proprio agli ampi vantaggi fiscali del settore che non solo favoriscono le aziende ma non le incentivano a ridurre le proprie emissioni, ad esempio tramite l’utilizzo di carburanti alternativi o a emissioni nette nulle.

Applicare una tassazione equa permetterebbe di ottenere numerosi vantaggi ambientali ed economici. A iniziare dall’incentivare la transizione ecologica del settore rendendo i combustibili fossili mono convenienti, oltre a diminuire la forbice tra voli e trasporto ferroviario favorendo mezzi di trasporto più ecologici (come indica anche Greenpeace). Inoltre, con le tasse pagate dalle aziende si potrebbero finanziare investimenti in tecnologie sostenibili non solamente nel settore dei trasporti. Il tutto secondo il principio per il quale dovrebbero essere le aziende più inquinanti a dover pagare per le proprie emissioni.

Eppure dall’analisi di T&E emerge come siano proprio le compagnie aeree con le emissioni più alte ad aver beneficiato di uno sconto maggiore. Poco più della metà (il 56%) del tax gap è dovuto infatti alle 15 compagnie aeree più inquinanti d’Europa. A guidare questa classifica sono Air France e Lufthansa che sono le due maggiori responsabili del tax gap in Europa, a causa delle dimensioni della loro attività. L’Europa ha perso rispettivamente 2,4 e 2,3 miliardi di euro di entrate derivanti dalle attività di queste compagnie aeree. 

Come è possibile? Torniamo alle tre “cause”, partendo dal carburante. In Europa solo Norvegia e Svizzera impongono una tassa sul cherosene ma questa è limitata ai voli domestici. La Norvegia impone una tassa pari a 17 centesimi di euro per litro e nel 2022 ha portato a entrate per “soli” 68 milioni di euro. Mentre in Svizzera si pagano 45 centesimi per ogni litro consumato, ma la componente di voli domestici nel Paese è così bassa da rendere le sue entrate trascurabili.

La seconda è la tassazione sui biglietti. Tutti i Paesi europei applicano un’aliquota Iva nulla al trasporto aereo internazionale e cinque (Cipro, Danimarca, Irlanda, Malta e Regno Unito) la impongono anche per le tratte domestiche. Gli altri Stati applicano un’aliquota ridotta (ad esempio Francia, Svezia) o l’aliquota Iva generale (ad esempio Grecia, Ungheria). T&E stima che l’Iva imposta ai viaggi aerei sia stata pari a 1,1 miliardi di euro nel 2022, con Italia (221 milioni) e Spagna (182 milioni) che hanno ottenuto il maggior gettito.

La terza componente è dovuta all’esclusione dei voli extra-europei dal mercato del carbonio (Ets), il che comporta che la compagnia non debba compensare affatto le emissioni su questi voli. L’esclusione di queste tratte, che nonostante rappresentino solo il 6% dei voli sono responsabili del 51% delle emissioni del settore, non è solo problematica dal punto di vista ambientale ma favorisce compagnie di grandi dimensioni (come Air France, appunto) rispetto alle low cost, in quanto queste ultime, a causa della maggior quota di tratte europee, pagano un’imposta media maggiore sulle emissioni. Per queste ragioni nel febbraio 2022 quattro compagnie low cost (easyJet, Ryanair, Jet2 e Wizz Air), con il supporto di T&E, hanno scritto una lettera alla Commissione europea per chiedere di mettere fine a questo privilegio.

Non solo i governi europei mantengono una fiscalità agevolata verso le compagnie aeree ma, in particolare durante la pandemia, hanno anche elargito loro finanziamenti pubblici. “La crisi da Covid-19 ha evidenziato la posizione favorevole delle compagnie aeree nell’accesso ai fondi statali. Ciò sottolinea che i governi tengono artificialmente a galla un settore ad alta intensità di carbonio con sussidi considerevoli. Durante la pandemia, il governo britannico ha fornito sostegno finanziario a British Airways, easyJet, Wizz air e Ryanair, per un ammontare di due miliardi di euro. La Svizzera ha destinato 1,8 miliardi di euro al settore dell’aviazione, di cui 1,2 miliardi a Swiss e 568 milioni di euro a Swissport, Gategroup e Sr technics. La Norvegia ha salvato le sue compagnie aeree con 559 milioni di euro -denuncia ancora T&E-. Questi sussidi non rientrano nella nostra analisi, ma sono importanti da menzionare quando si parla dell’accesso privilegiato dell’aviazione ai fondi pubblici”. 

Secondo la Federazione è necessario perciò che i Paesi europei pongano fine alle esenzioni fiscali ingiustificate sul carburante per aerei, garantendo che i mercati del carbonio coprano le emissioni di tutte le compagnie aeree (anche e soprattutto per i voli a lungo raggio) e applicando un’Iva del 20% su tutti i biglietti aerei. “Nel breve termine, i governi nazionali dovrebbero applicare le proprie tasse sui biglietti al livello necessario per colmare questo divario fiscale, in assenza di questi cambiamenti. In media, queste tasse vanno dai 23 euro per un viaggio nazionale, ai 51 euro per un viaggio intra-europeo e ai 259 euro per i viaggi extra-europei -suggerisce T&E-. Oltre a garantire che parte delle entrate raccolte sia reinvestita in tecnologie pulite come le energie rinnovabili e la produzione di carburanti sintetici (i cosiddetti e-fuel, combustibili a emissioni neutre necessari per la decarbonizzazione dei trasporti aerei e navali a lungo raggio) o nella promozione di modalità di trasporto alternative più pulite come la ferrovia”.

Ciò potrebbe comportare una diminuzione della domanda e un risparmio di emissioni di CO2. Lo studio rileva che porre fine alle esenzioni nel 2022 avrebbe consentito di evitare la produzione di 35 milioni di tonnellate di CO2.

“La tassazione non dovrebbe essere percepita come una punizione ma come un modo di far pagare in modo equo a coloro che beneficiano maggiormente della sotto regolamentazione dell’aviazione. Le persone più agiate della società hanno pagato troppo poco per le loro abitudini di volo -spiega Jo Dardenne, responsabile per l’aviazione presso T&E-. Un aumento delle imposte non ridurrà l’innovazione ma, al contrario, porterà benefici ai cittadini e al settore nel lungo periodo, poiché i governi interverranno per finanziare la transizione verso l’energia pulita, anche per i trasporti aerei”.

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