Una voce indipendente su economia, stili di vita, ambiente, cultura
Ambiente / Attualità

Nel 2022 record di emissioni in Europa per Ryanair e Wizz Air. La sostenibilità rimane a terra

© Markus Winkler - Unsplash

In pieno Covid-19 le compagnie aree -salvate con fondi pubblici- avevano promesso di riformare il settore e avviare una ripresa verde. I dati ufficiali analizzati da T&E smentiscono gli annunci. Ryanair e Wizz Air hanno superato i livelli di picco raggiunti nel 2019. E l’attuale mercato del carbonio sta fallendo nell’affrontare gli impatti

Nel 2022 le emissioni climalteranti di Ryanair e Wizz Air, due delle maggiori compagnie aeree low cost in Europa, hanno superato quelle del 2019, l’anno precedente alla pandemia da Covid-19, nonostante gli impegni assunti in piena emergenza dalle compagnie per una ripresa sostenibile. Non è andata come promesso.

Il primo aprile di ogni anno le compagnie aeree che volano nei confini europei sono tenute infatti a pubblicare le loro emissioni di CO2 annue sul Registro dell’Unione, una sorta di banca dati online aperta ai cittadini che tiene nota delle quote di emissione rilasciate nel sistema europeo. Dall’analisi effettuata da Transport&Environment, la Federazione europea dei trasporti e dell’ambiente (T&E), emerge che nel corso del 2022 i voli Ryanair hanno prodotto 13,3 milioni di tonnellate di CO2, segnando così il primato europeo di compagnia aerea più inquinante, mentre Wizz Air ne ha prodotte 3,7 milioni di tonnellate, all’ottavo posto in classifica.

Anche nei cieli italiani, come risulta dai dati di traffico più recenti dell’Ente nazionale per l’aviazione civile (Enac, 2021), le due compagnie si distinguono al primo e secondo posto per numero di passeggeri trasportati sia nei collegamenti nazionali sia internazionali, Ryanair con 20,7 milioni di persone e Wizz Air con 5,1. Ryanair Dac (la denominazione formale presso il Registro delle imprese della sede italiana secondaria della casa madre irlandese, ndr) detiene una quota del mercato dei passeggeri pari al 37,2% per i voli domestici, e pari al 33,6% per quelli internazionali. Emissioni e quota di passeggeri trasportati ogni anno da primato a fronte di un bilancio delle attività in Italia che ancora oggi, come abbiamo già scritto in passato, non c’è modo di vedere. Tra i documenti consultabili presso la Camera di Commercio, la voce “bilancio” risulta infatti mancante fin dalla sua iscrizione nel lontano 2013. Così i profitti milionari atterrano alle condizioni agevolate del fisco d’Irlanda.

© Ente nazionale per l’aviazione civile, 2021
© Ente nazionale per l’aviazione civile, 2021

Tornando allo scenario europeo, le due compagnie low cost si sono distinte per la loro ripresa repentina a seguito della pandemia, rompendo così il tetto massimo che era stato raggiunto nel 2019, anno record per il trasporto aereo. Lo stesso non si può dire delle compagnie aeree a lungo raggio, le quali restano ancora sotto i livelli pre-pandemici, in parte a causa delle maggiori restrizioni legate al Covid-19 sulle rotte internazionali. La tedesca Lufthansa, ad esempio, ha emesso 8,7 milioni di tonnellate pari “solo” al 67% del 2019, mentre Air France ha raggiunto l’81%, con 8,1 milioni di tonnellate.

Attualmente nello Spazio economico europeo (See), che comprende gli Stati membri dell’Unione e tre Paesi dell’Associazione europea di libero scambio (Efta) -Islanda, Liechtenstein e Norvegia-, è attivo il sistema per lo scambio delle quote di carbonio (Ets Ue). Il meccanismo con cui opera è quello del cap and trade, ciò significa che viene imposto un limite, progressivamente diminuito ogni anno, sul quantitativo totale di gas climalteranti che possono essere emessi da ogni settore interessato dal sistema. All’interno della soglia massima i vari operatori possono acquistare e ricevere quote di emissioni, che possono anche essere scambiate, quindi vendute, oppure “trattenute” per il futuro. A fine anno ogni operatore deve restituire un numero di quote sufficienti a coprire completamente le proprie emissioni, altrimenti verranno imposte delle multe.

Il settore dell’aviazione, che contribuisce per il 3,8% del totale delle emissioni in Europa, è stato incluso nell’Ets nel 2012. L’82% delle quote di emissione viene distribuito alle compagnie aeree a titolo gratuito in base alla loro efficienza calcolata come rapporto tra peso e distanza: per semplificare, significa che più passeggeri rendono il velivolo più efficiente. Una volta stilata la lista delle compagnie più “funzionali”, le quote gratuite vengono distribuite proporzionalmente tra di esse. “Il fatto stesso che esistano le quote a titolo gratuito vanifica lo scopo del sistema di scambio delle quote, che dovrebbe essere quello di indurre le compagnie a ridurre le proprie emissioni, che verranno ‘prezzate’ sempre di più”, spiega ad Altreconomia Roman Mauroschat, responsabile delle politiche in materia di aviazione presso T&E. Infatti, se si analizza il periodo dal 2013 al 2019, le emissioni del settore non sono diminuite, anzi, sono cresciute del 28%.

Il sistema di reporting dell’Ets è, in aggiunta, molto tollerante con riguardo al mancato rispetto delle scadenze delle compagnie aeree nel riportare le loro emissioni sul Registro ufficiale. Quest’anno, ad esempio, Air France le ha caricate quasi una settimana dopo la scadenza del primo aprile, ostacolando così il lavoro di analisi condotto tra gli altri da T&E. A livello teorico se una compagnia omette di pubblicare le sue emissioni, il suo account potrebbe essere bloccato, ovvero non le sarebbe consentito volare poiché le emissioni prodotte non sarebbero tracciabili e dunque illegali. Si tratta però di policy fiction, come la definisce Mauroschat, perché di fatto non è mai stato applicata a nessuna compagnia. Trovare il “responsabile” dei ritardi non è però così immediato. Le compagnie aeree, infatti, devono trasmettere i loro dati sulle emissioni prima a un organismo di terza parte indipendente per la verifica, e solo dopo vengono mandati alle autorità nazionali che infine li pubblica nel registro. T&E ha provato a contattare le autorità nazionali francesi, che tuttavia non hanno dato risposta alle loro sollecitazioni.

Come già detto, il mercato del carbonio europeo copre però solo i voli all’interno del See, dunque le compagnie di corto raggio, che operano principalmente in Europa, devono pagare di più dei loro omologhi di lungo raggio. Dall’analisi di T&E emerge, per esempio, che Air France ha pagato una media di sei euro per tonnellata di carbonio per i suoi voli in tutto il mondo, mentre Ryanair, la quale vola solo in Europa, ha pagato in media 44 euro per tonnellata.

Fuori dai confini europei, la regolamentazione dei mercati di carbonio è infatti ancor meno ambiziosa. Esiste dal 2019 uno Schema di compensazione e riduzione delle emissioni per l’aviazione internazionale (Corsia) istituito dall’Agenzia delle Nazioni unite per l’aviazione civile (Icao), la cui applicabilità è tuttora ridottissima. “Secondo questo sistema sono solo le emissioni sopra i livelli del 2019 che devono essere compensate: anno che ha registrato il picco massimo di emissioni della storia dell’aviazione. Ad esempio, Lufthansa e Air France che hanno un modello di business orientato ai voli internazionali dovrebbero pagare per quelle emissioni ma non lo fanno, perché non hanno ancora superato il loro livello del 2019 -afferma Mauroschat-. Nel carbon market in Ue stiamo in un certo modo puntando alla neutralità climatica e affrontando tutte le emissioni, mentre il sistema internazionale promuove una crescita permanente, finché si rimane sotto quella soglia pre-pandemica”.

I voli a lungo raggio sono a oggi responsabili di quasi 60% di tutte le emissioni del settore del trasporto aereo in Ue, ma rappresentano meno di un quarto delle tratte. A dicembre 2022 c’è stata una riforma dell’Ets europeo, formalmente approvata dal Consiglio e Parlamento Europeo ad aprile 2023, ma ancora una volta i voli a lunga distanza non sono stati inclusi. Questo è secondo T&E “il principale flop del mercato di carbonio europeo: fallire nell’affrontare il segmento più inquinante del trasporto aereo”. La prossima opportunità per cambiarlo sarà tra tre anni, in quel caso, conclude Mauroschat “mi auguro che se l’Ue vedrà che il Corsia non è stato implementato in modo da essere in linea con l’accordo di Parigi, allora l’Ets verrà esteso a tutti i voli in partenza e in arrivo negli aeroporti europei, per affrontare realmente l’inquinamento del trasporto aereo, e non solo a livello locale”.

© riproduzione riservata

Newsletter

Iscriviti alla newsletter di Altreconomia per non perderti le nostre inchieste, le novità editoriali e gli eventi.


© 2024 Altra Economia soc. coop. impresa sociale Tutti i diritti riservati