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“Perché Eni deve annullare l’accordo con la società israeliana Delek”

© Sumaid pal Singh Bakshi - Unsplash

Una petizione promossa da ReCommon chiede alla multinazionale fossile italiana -e al suo principale azionista, cioè il governo- di interrompere l’accordo con Delek Group, una delle più grandi aziende energetiche israeliane, che figura nella lista nera delle Nazioni Unite per il fatto di operare nei Territori Palestinesi occupati illegalmente. Sarebbero emerse anche prove di legami tra questa e l’esercito di Tel Aviv

ReCommon ha lanciato una petizione per chiedere a Eni di ritirare il proprio accordo con Delek Group, una delle principali aziende energetiche israeliane, in quanto quest’ultima supporta l’occupazione dei Territori palestinesi della Cisgiordania e di Gerusalemme Est e fornisce carburante alle forze armate di Tel Aviv impegnate nella guerra in corso a Gaza. Tutto ciò costituirebbe quindi una violazione del diritto internazionale.

La petizione è rivolta a Claudio Descalzi, amministratore delegato di Eni, e a Giancarlo Giorgetti, ministro dell’Economia, il cui dicastero possiede una quota significativa dell’azienda fossile italiana.

“Eni ha una forte relazione d’affari con una società che di fatto sta contribuendo a finanziare la guerra in Medio Oriente -spiega Eva Pastorelli campaigner finanza pubblica e multinazionali di ReCommon-. Per questo ci sembra doveroso che la società civile italiana faccia sentire la sua voce e chieda alla principale multinazionale del nostro Paese di interrompere questo legame così controverso. Nessun interesse economico può giustificare il perpetuare un conflitto che ha già mietuto decine di migliaia di vittime e di cui al momento non si vede una fine”.

A inizio aprile Eni ha firmato infatti un accordo di fusione tra la sua controllata nel Regno Unito (Eni Uk Ltd) e l’azienda inglese Ithaca Energy, per l’89% di proprietà di Delek Group. Questa operazione ha lo scopo di avviare un’estrazione di petrolio nel Mare del Nord con un obiettivo di produzione a breve termine di 100mila barili al giorno che dovrebbe aumentare a 150mila entro il 2030.

“L’ennesima conferma della volontà dell’azienda di continuare con il suo ‘business as usual’ fossile a danno del clima e dell’ambiente -osserva ReCommon-, in questo caso aggravata dal rapporto con una società, Ithaca Energy, i cui proventi del 2023, oltre 350 milioni di dollari, sono stati trasferiti quasi interamente a Dalek Group, complice della violazione dei diritti del popolo palestinese”. Ithaca Energy è come detto controllata all’89% dall’israeliana Delek Group, dal 2020 inserita nella lista nera delle Nazioni Unite che elenca le imprese attive nei Territori occupati da Israele dal 1967.

Delek infatti assicura servizi per sostenere il mantenimento degli insediamenti israeliani e, sempre negli insediamenti, impiega risorse naturali, in particolare acqua e terra, per scopi commerciali. Sottraendole alla popolazione palestinese. Secondo la petizione, inoltre, sarebbero emerse prove che l’azienda abbia legami anche con l’esercito. I veicoli delle Forze di difesa israeliane (Idf) avrebbero potuto rifornirsi di carburante presso centinaia di stazioni di servizio di proprietà di Delek Israel, un’altra delle filiali di Delek Group.

La petizione è stata già sottoscritta da numerose realtà della società civile italiana: Greenpeace Italia, Friday for Future Italia, Focsiv, A Sud, Scomodo, Rinascimento Green, Coordinamento nazionale No Triv, Presidio Libera Potenza “Elisa Claps e Francesco Tammone”, Cova Contro, Teachers for Future Italia, L.E.A Berta Cáceres, Wwf Potenza e aree interne, Paesaggi Meridiani, Comitato per la Pace Potenza. 

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