Diritti / Opinioni
Per il tramonto dei Musk e l’avvento dei Mastodon
Esistono alternative all’oligopolio delle big tech che ci permetterebbero di creare una comunità virtuale cooperativa e decentrata. La rubrica di Lorenzo Guadagnucci
Da quando Elon Musk ha acquistato Twitter, cominciando a gestirlo da par suo (tra licenziamenti, ambigui proclami politico-imprenditoriali e varie inquietanti bizzarrie) è cominciato un esodo di “cinguettatori” verso social network meno compromessi e più accoglienti. Ne ha beneficiato in particolare Mastodon, il più simile a Twitter, ma in versione non profit e partecipativa.
Le nuove iscrizioni ne hanno messo in crisi i server di approdo e lo hanno costretto a riorganizzarsi ma anche a precisare di non volere in alcun modo prendere il posto dell’azienda ora di Musk: non nei numeri, non nelle finalità, meno che mai nel modo di concepire la vita digitale.
Mastodon non ha un vertice, bensì un’articolazione decentrata, è composto da sezioni specializzate (chiamate istanze) federate tra loro e soprattutto si basa su regole condivise di buona creanza e rispetto reciproco. Grosso modo l’opposto dei social network mainstream, terreno d’elezione ormai -per quanto riguarda gli utenti- dell’urlo, della sguaiatezza, della ricerca di visibilità, per non dire di peggio. Il tutto, ovviamente, in mezzo a tanti utenti ben intenzionati e in buona fede, ma impotenti di fronte agli eccessi altrui e anche allo strutturale strapotere del padrone di turno.
C’è stata una stagione, grosso modo una ventina d’anni fa, prima ancora che esplodessero Twitter, Facebook e poi Instagram e TikTok, che sembrava favorevole all’affermazione di strumenti democratici e aperti nel mondo dell’informatica. Era la stagione dell’open source, del metodo “wiki”, della costruzione dal basso di software (a volte anche di hardware) potenzialmente utili a imprimere un carattere partecipativo alla nascente società dell’informazione. L’impegno di molti non è mancato, ma l’aspettativa di un’opzione di massa per gli strumenti “alternativi” è andata delusa e ha stentato ad affermarsi (ancora oggi) perfino tra gli stessi attivisti impegnati nella costruzione di “un mondo diverso”.
Sono 4 milioni gli utenti globali del “social network di microblogging gratuito e open source” Mastodon, il quale a sua volta è parte di una rete più larga di siti, piattaforme social e blog chiamata Fediverso
Così i vari Bill Gates, Steve Jobs, Mark Zuckerberg sono diventati i padroni della società digitale, che ha finito per strutturarsi come oligopolio, garantendo enormi profitti a pochissimi soggetti, e con il risultato di intossicare sistemi di comunicazione che nel frattempo sono diventati l’asse portante dell’economia, della società e della vita quotidiana. Viene da chiedersi perché ciò sia avvenuto. Forse è colpa del “virus” del consumismo, arrivato a contagiare anche le comunità più combattive e resistenti? Forse è mancato un intervento regolativo dei poteri pubblici? O forse, ancora, siamo di nuovo alle prese con l’antica contrapposizione tra competizione e cooperazione?
Più di un secolo fa il geografo e scienziato anarchico Pëtr Kropotkin si dedicò a una vastissima ricerca tra le comunità umane e quelle animali per dimostrare (a integrazione più che a smentita delle teorie di Charles Darwin) che la pratica cooperativa era tra gli esseri viventi assai diffusa, spontanea ed efficace, anche in chiave evolutiva. Ne nacque un libro, “Il mutuo appoggio” (Elèuthera, 2020), che dovremmo rileggere. A ben vedere, tutte le principali sfide del nostro tempo passano attraverso la costruzione di un “nuovo modello di sviluppo”, cioè dal tramonto dei Musk e dall’avvento dei Mastodon, quindi dall’addio alla logica competizione-consumo-crescita e dall’affermazione di una nuova filosofia, lungo l’asse collaborazione-decentramento-senso del limite.
Lorenzo Guadagnucci è giornalista del “Quotidiano Nazionale”. Per Altreconomia ha scritto, tra gli altri, i libri “Noi della Diaz” e “Parole sporche”
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