Terra e cibo / Recensioni
Il pane di casa è più buono con la farina del nostro sacco
Esce per Altreconomia edizioni “Il pane fatto a mano”, nuove ricette casalinghe a filiera corta, con la pasta madre e le farine biologiche di grani “antichi”
Nicolas Supiot, il paysan boulanger per eccellenza che coltiva il suo grano ai confini della foresta di Brocéliande, in Bretagna, ripete spesso: “Io faccio il pane che sono”. Una dichiarazione d’indipendenza dall’industria agroalimentare che, fino a non molto tempo fa, in pochi avrebbero potuto ripetere con cognizione di causa. Il pane e la sua materia prima, la farina di frumento, avevano vissuto anni difficili.
Il romanzo del pane racconta come l’onda lunga della Rivoluzione Verde e della meccanizzazione avesse favorito la selezione delle varietà secondo il criterio della massima resa, relegando in una madia dimenticata le varietà impropriamente dette “antiche”, che altro non erano se non le varietà locali tradizionali che non avevano subito trattamenti di “miglioramento genetico”. Il contrappasso per le maggiori rese non ha tardato a manifestarsi con la dipendenza da fertilizzanti e pesticidi, con l’uniformità delle farine e dei loro derivati, calibrate per gli impasti industriali e sempre più povere di nutrienti.
“Il pane fatto a mano” racconta un capitolo nuovo di questa vicenda: come la resistenza di pochi sia lievitata pian piano in un movimento composto da contadini, mugnai, fornai e consumatori coraggiosi che ha riportato il pane al centro del nostro desco e riscattato il valore dell’autoproduzione casalinga.
Un lieto fine possibile non solo grazie alla riscoperta delle virtù della pasta madre, ma anche alla rinascita di una militanza agricola che in tutte le regioni italiane ha riportato in campo i grani “antichi” e ha costruito le nuove filiere corte locali dell’economia solidale.
Chiara Spadaro segue il solco di questa renaissance interpellando prima di tutto i massimi esperti del campo: il pioniere Giuseppe Li Rosi che lavora su oltre 200 ettari cereali di varietà tradizionali siciliane; Salvatore Ceccarelli, agronomo che sperimenta il miglioramento genetico partecipativo (miscugli di grani che si evolvono in campo); Giovanni Dinelli, agronomo dell’Università di Bologna che studia gli aspetti nutrizionali dei “grani antichi”. Poi setaccia la sapienza di generosi antesignani della pasta madre e rinomati fornai casalinghi come Riccardo Astolfi e Antonella Scialdone, che apre -con la ricetta della pasta madre- la cornucopia di pane, pizza, focacce, tigelle, croissant e dolci. Sono 33 le ricette, molte inedite, tutte di semplice esecuzione. Ciascuna racconta una storia: il pane degli 11 grani del Parco Agricolo Sud di Milano; la torta di ciliege e farina dal Friul di mieç; il pane mediterraneo con fichi e datteri per citarne alcune.
Le farine di “grani antichi” si possono acquistare presso i mulini (un ampio elenco nel libro), tramite i Gas ma non mancano i “miscugli” reperibili on line. Il messaggio è che fare il pane non è solo tecnica: ha a che fare con l’intelligenza della terra, ovvero con l’occasione di partecipare a una collettività sempre più vasta che coltiva, macina, panifica nel rispetto dell’ambiente e della nostra salute. Non è un caso se tanti nostri libri profumano di spighe: scoprite sul nostro sito titoli come “Biologico Etico”, “L’agricoltura è sociale”, Biologico, collettivo, solidale”, “Dormire e mangiare nell’orto”. Ma dando sempre una sbriciatina all’impasto che sta lievitando in cucina, il futuro pane che ci somiglierà.
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