Il pane fatto a mano

33 ricette e storie di pane buono, bio e solidale

126 pagine / 11×16 cm / 2017


Pasta madre, grani antichi & filiere corte

Pane, pizza, focacce e dolci, con grani tradizionali, farine bio e pasta madre.
Tutta farina del nostro sacco: la ricetta base per la pasta madre e 33 ricette perfette di pane, pizza e focaccia, tigelle e taralli, croissant e molto altro.

Questo manuale porta acqua al mulino di un pane casalingo, bio, sano e solidale: spiega infatti in modo semplice le tecniche per panificare e i segreti dei grani antichi, varietà che preservano salute e biodiversità. Con l’intervento dei maggiori esperti e le storie delle filiere corte, biologiche e solidali nate in tutta Italia.

Rassegna stampa
CHI VA AL MULINO S’INFARINA

Introduzione di Massimo Acanfora, Altreconomia

Cari compagni, sì, compagni, perché è un nome bello e antico che non dobbiamo lasciare in disuso; deriva dal latino ’cum panis’, che accomuna coloro che mangiano lo stesso pane. Coloro che lo fanno condividono anche l’esistenza con tutto quello che comporta: gioia, lavoro, lotta e anche sofferenze. (…) Ecco, noi della Resistenza siamo Compagni perché abbiamo sì diviso il pane quando si aveva fame ma anche, insieme, vissuto il pane della libertà che è il più difficile da conquistare e mantenere”.
Mario Rigoni Stern, in una lettera all’Anpi (2007)

Questo non è certo il primo libro di ricette per fare il pane in casa, né sarà l’ultimo. Ma soprattutto, non è solo questo. Abbiamo infatti – al di là del piacere del fare da sé e della consapevolezza alimentare – molto di più da raccontare: ovvero di un “movimento” di contadini, mugnai, fornai e consumatori che in questi anni – impastando pasta madre e farine biologiche, utilizzando “grani antichi” e filiere corte – hanno riportato il pane al centro della tavola e dell’attenzione, riscattando un lungo periodo in cui sembrava che il “vero” pane si fosse eclissato e fossero rimaste solo le baguette decongelate, le pagnotte gommose, gli impasti abbaglianti del pane industriale.

Partiamo dal principio. Il frumento è da sempre il cereale più coltivato nell’area mediterranea e rappresenta il fulcro dell’alimentazione umana. Il suo progenitore è ritenuto il farro selvatico – originario della cosiddetta Mezzaluna Fertile – che l’uomo nel corso dei secoli ha modificato attraverso la domesticazione, il processo di selezione genetica in campo grazie al quale le forme selvatiche si sono trasformate e continuano a trasformarsi nelle varietà coltivate.

Da migliaia di anni i contadini adattano i grani al clima e alle caratteristiche locali e il pane viene cotto nel forno di casa o del paese. Tanto che negli anni 20 del ’900, oltre il 95% della superficie coltivata a grano in Italia è ancora seminata a gra- ni di varietà oggi dette “antiche”, mai ibridate o incrociate. Ma le cose cominciano a cambiare: la ricerca di rese più alte in agricoltura porta gli studiosi a incrociare artificialmente le varietà per ottenere – nel caso del grano – una pianta più produttiva, più resistente all’allettamento e alle malattie e con una maturazione anticipata. Questa tendenza viene esponenzialmente accelerata dalla cosiddetta “Rivoluzione Verde”.

Qui cominciano i problemi: mentre le antiche varietà cresco- no bene su terreni poveri e – grazie all’altezza – si difendono bene dalle infestanti, le nuove varietà sono legate indissolubilmente all’uso di fertilizzanti, diserbanti, macchinari agri- coli, sempre con la stella polare delle rese.

L’agricoltura industriale impone nei fatti di coltivare un numero sempre minore di varietà. Secondo Legambiente, era- no oltre 400 le varietà di frumento coltivate a inizio del ’900 nel nostro Paese: oggi ne sono rimaste solo una cinquantina. La perdita di biodiversità coincide inoltre con un’alimentazione sempre più uniforme e povera di nutrienti. Le farine dei grani “moderni” – mentre ferve il dibattito sul fatto che con- tengano o meno e in che misura rispetto ai grani antichi un tipo di sostanze potenzialmente “infiammatorie” o se possa- no essere tra i responsabili dell’incremento di allergie e in- tolleranze alimentari – sicuramente sono trattate con pesticidi, sono più manipolate, “raffinate”, addizionate di sostanze estranee e meno ricche di nutrienti.

Nel frattempo cambiano molte altre cose: ad esempio il grano diventa una merce qualsiasi, un bene indifferenziato (o soft commodity), su cui può scommettere chi specula sul cibo nel mercato finanziario. Il suo prezzo sul mercato subisce le oscillazioni della Borsa. I contadini difficilmente ne possono ricavare un reddito adeguato.

Ma negli ultimi anni si assiste a un’inversione di tendenza. La riscoperta dei grani locali e tradizionali da parte di contadini “illuminati” va infatti di pari passo con la riscoperta dei sapori dimenticati, del valore del cibo e con la costituzione di nuove filiere del pane, corte, locali e solidali.
Un movimento di “resistenza” che favorisce anche il “saper fare” personale e collettivo e che ha portato al recupero di una panificazione casalinga consapevole.

Proprio di questo parliamo in questo libro e proprio per questo vi invitiamo a far parte di questo “rinascimento”, ad acquistare farine di grani biologici, “antichi” o tradizionali e panificarle in casa o in un forno collettivo, magari con una pasta madre avuta in dono: tutto questo potrebbe farvi riflettere su come un gesto così semplice e atavico possa contribuire a cambiare i vostri stili di vita.

Magari – e probabilmente non sarà un caso – vi verrà in men- te di andare al lavoro in bici o di cambiare le lampadine con i Led proprio quando avrete le mani immerse nell’impasto oppure mentre, incantati davanti al vetro del forno casalingo, aspettate la magia della lievitazione.

I 10 VANTAGGI DEI GRANI “ANTICHI”

1. Non sono stati coltivati con l’aiuto di fertilizzanti e pesticidi e contribuiscono a difendere la terra.
2. Proprio perché non hanno bisogno di prodotti chimici e fertilizzanti sono adatti a essere coltivati con metodo biologico.

3. Hanno in media un contenuto maggiore in elementi minerali e antiossidanti e rispetto ai grani “moderni”.
4. Sono caratterizzati da una differente “qualità” di glutine, che ha una forza in media inferiore a quella dei grani moderni.

5. Alcune ricerche affermano che il loro consumo ha effetti infiammatori minori rispetto a soggetti sensibili al glutine (non celiaci!). 6. Anche se con rese più basse, aumentano la sicurezza alimentare dei contadini anche grazie alla tecnica dei miscugli.

7. Aumentano la biodiversità in campo e hanno un corredo genetico molto più ricco dei grani moderni.
8. Difendono la cultura del pane tradizionale e locale e della panificazione casalinga e collettiva.

9. Alcuni grani antichi sono anche particolarmente adatti alla panificazione con pasta madre.
10. Il pane e la pasta da grani antichi hanno caratteristiche organolettiche particolari e spesso molto gradevoli.

Gli autori

Chiara Spadaro

Dottoranda in Studi geografici all’Università degli Studi di Padova con una tesi sulle politiche del cibo in ambienti lagunari, scrive da oltre dieci anni per il mensile Altreconomia e si occupa di comunicazione per il terzo settore e gli enti locali. È autrice di diversi libri per Altreconomia edizioni, tra cui “Plastica addio. Fare a meno della plastica: istruzioni per un mondo e una vita zero waste” (2019, con Elisa Nicoli) e “Canapa revolution. Tutto quello che c’è da sapere sulla cannabis” (2018).