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Cultura e scienza / Attualità

Otto libri da leggere dopo un anno di guerra in Ucraina

© Michael Baron - Unsplash

Dall’anno scorso il 24 febbraio è diventata una data bivio. Otto libri, inchieste, romanzi, documenti e racconti aiutano a comprendere le origini e il contesto di questa guerra, per approfondire l’enigma russo e la storia dell’Ucraina in Europa. Da “Per questo” di Anna Politkovskaja a “La Russia in quattro criminali” di Federico Varese

“Dov’eri il 24 febbraio 2022 quando la Russia ha invaso l’Ucraina?”. È una domanda che ricorre in questi giorni, dopo un anno di guerra. Il 24 febbraio dell’anno scorso è senza dubbio diventata, nel nostro immaginario, una data bivio. “L’inizio della guerra in Europa dopo settant’anni di pace” si è spesso ripetuto, frase che dimentica la guerra nei Balcani e l’assedio di Sarajevo, vero rimosso europeo, a segnare l’inizio di un’epoca nuova, a prescindere di come e quando finirà l’invasione della Russia in Ucraina. 

In questa breve rassegna si mettono i fila alcuni libri recenti e non, per cercare di capire le origini storiche e le ragioni di questa guerra, per cercare di approfondire l’enigma russo e la storia dell’Ucraina in Europa. In prospettiva pacifista, la questione cruciale è il rapporto con le armi e soprattutto con gli arsenali nucleari, una costante minaccia in questo anno di guerra. I tragici avvenimenti dell’Ucraina hanno riportato sotto gli occhi di tutti i rischi dell’utilizzo di armi atomiche: una “minaccia esistenziale”, una escalation che potrebbe portare alla distruzione quasi completa dell’umanità. Su questo tema le nostre edizioni pubblicheranno, quest’anno, un libro che racconta la storia e le prospettive del disarmo nucleare, in particolare con la Campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari (Ican) e “Italia, ripensaci” della Rete italiana pace e disarmo. Con voci dei principali esponenti del movimento per la messa al bando delle armi nucleari, a cura di Francesco Vignarca.

  • “Chernobyl” di Francesco M. Cataluccio (Sellerio 2011) è un reportage narrativo di uno dei maggiori esperti e traduttori di cultura polacca che parte dal più grave incidente di una centrale nucleare, avvenuto allora in Unione sovietica nel 1986. Com’è noto Chernobyl si trova oggi in Ucraina ed è al confine con Polonia e Bielorussia. In questo racconto Cataluccio non si limita a raccontare la catastrofe nucleare ma ha una tesi: Chernobyl è stato l’estremo anello di una lunga catena di evacuazioni e massacri di genti, di stermini di culture, di piani di espropriazione di quel vasto territorio che era la Rus’ di Kiev, tra cui l’Ucraina. La sfortuna storica, soprattutto nella modernità, per l’Ucraina è stata quella di trovarsi al centro del continente europeo, di essere luogo strategico ricco soprattutto di risorse alimentari, contese tra ucraini, russi e polacchi. Cataluccio affronta la cancellazione della memoria, il fatto che quei luoghi, culla della cultura ebraica chassidica, siano stati cancellati dalle purghe staliniane e soprattutto dall’holomodor (la morte inflitta attraverso la fame), da poco riconosciuto come uno sterminio e “un crimine contro l’umanità”, cioè le carestie della collettivizzazione forzata che cancellarono, negli anni Trenta del Novecento, un terzo degli ucraini e il loro universo contadino.

 

  • “Babij Jar” di Anatolij Kuznecov (Adelphi 2019) è anche questa un’opera dedicata alla memoria. Si tratta di un romanzo scritto negli anni Settanta dallo scrittore russo Kuznecov su uno degli omicidi di massa più efferati nella Seconda guerra mondiale. Nel 1941, in soli due giorni, gli occupanti nazisti uccisero più di 30mila ebrei gettandoli in burrone fuori Kiev, dal nome di Babij Jar, luogo nel quale, in seguito alle ricerche dopo la guerra, si stima morirono tra i 100 e i 150mila tra ebrei, prigionieri di guerra sovietici, nazionalisti ucraini, rom e sinti. Kuznecov, attraverso la vicenda di un bambino e di sua madre, ripercorre anche il dopoguerra, quando i tentativi di cancellare il massacro hanno conseguenze non solo sulla memoria ma anche sull’esistenza dei sopravvissuti.

 

  • “La Russia eterna. Origini e costruzione dell’ideologia post sovietica” di Luca Gori (Luiss University press 2021) è uscito pochi mesi prima dell’invasione dell’Ucraina da parte di Putin, con un tempismo sorprendente è stato in grado di fornire un chiaro disegno dell’evoluzione dell’orizzonte ideologico del dittatore russo. Scritto da un diplomatico con una lunga esperienza alla Farnesina, Luca Gori, questo libro racconta come Putin abbia fatto prevalere un pensiero conservatore russo che gli garantisca il controllo del potere: un’unicità storica e culturale della Russia, dopo che sono falliti i tentativi mimetici con l’Occidente e minacciata da modelli esterni di modernizzazione. Il discorso politico di Vladimir Putin ha promosso i valori della “Russia eterna”, raccontata come Stato-civiltà dotato di un’autonoma dimensione geopolitica che unisce nostalgia imperiale e sovietica. Questo libro, analizzando i concetti fondanti del nuovo conservatorismo russo e il pensiero degli intellettuali che lo hanno ispirato, ricostruisce la parabola attraverso cui la nuova ideologia è diventata cultura politica dominante. Soprattutto in termini morali contro l’Occidente.

 

  • “Nella testa di Vladimir Putin” di Michel Eltchaninoff (Edizioni e/o 2022) è un libro simile a quello di Gori, scritto da un intellettuale francese di origine russe che prova a interrogarsi su quali siano le basi ideologiche e filosofiche del pensiero dell’autocrate più potente e pericoloso dei nostri tempi. Il pensiero di Putin è complesso e si è evoluto negli anni. Prende spunto spesso da irrazionalismi e da pensatori per lo più sconosciuti in Occidente. Il “sovietismo” è basato non sull’idea comunista ma sul nazionalismo e il militarismo, riassunto nella famosa frase di Putin: “Chi non rimpiange la disgregazione dell’Urss non ha cuore, chi vuole ricrearla così com’era non ha cervello”. Eltchaninoff racconta le opere e il pensiero dei filosofi recuperati da Putin per promuovere il concetto di “russità”, fino a classici della letteratura russa riletti per sostenere le proprie tesi.

 

  • “Qui siamo in guerra. Anarchia, antifascismo e femminismo in Ucraina, Russia e Bielorussia. Scritti e testimonianze” (Edizioni malamente 2022) e “Proteggi le mie parole” (Edizioni e/o 2022) sono due raccolte di documenti, tra le più utili fatte in questo primo anno di guerra. Il primo è una raccolta militante di documenti, manifesti, interviste molto eterogenea -ci sono anche documenti dell’Ezln del Chiapas e della Rojava- che ha il merito di mostrare la complessità degli oppositori politici contro la repressione e la propaganda, tante voci dai movimenti, tra i quali quello Lgbtqi+ e quello anarchico. La seconda è invece una raccolta delle dichiarazione in tribunale degli oppositori al regime di Putin, raccolte dall’associazione russa Memorial che ha vinto il premio Nobel per la pace e curate da Sergej Bondarenko e Giulia De Florio, con una prefazione di Marcello Flores. Negli ultimi vent’anni artisti, giornalisti, studenti, attivisti (uomini e donne) hanno dovuto affrontare e continuano a subire processi ingiusti o fabbricati ad hoc per aver manifestato idee contrarie a quelle del governo di Vladimir Putin.

 

  • “Per questo” di Anna Politkovskaja (Adelphi 2009) è la raccolta degli articoli che la giornalista russa pubblicò dal 1999 al 2006 su “Novaja gazeta”, uno dei pochi giornali di opposizione, fino alla morte avvenuta proprio nel 2006, su diretta commissione di Putin. Sono stati pubblicati tutti i libri di Politkovskaja tra cui “Diario russo” e “La Russia di Putin”, ma quest’ultima raccolta ha il merito di analizzare la strategia espansionistica di Putin proprio in Cecenia, iniziata nel 1999, e la creazione di un nemico interno grazie alla propaganda e con lo spauracchio del terrorismo.

 

  • “La Russia in quattro criminali” di Federico Varese (Einaudi 2022) è il libro più recente e più originale. Scritto da un esperto di Russia e di mafie internazionali, professore a Oxford, ripercorre quattro storie paradigmatiche di criminalità organizzata per raccontare la storia recente della Russia. Attraverso la storia di Vjačeslav Ivan’kov, il primo capo della mafia russa, scopriamo la Guerra di mafia negli anni Novanta, quando in seguito all’apertura, fallita, alle riforme di Gorbačëv, le gang criminali riuscirono a creare un contro-Stato, con un’economia informale favorita da quella nascente di mercato che non si autoregolano. Attraverso la storia del Boris Berezovskij si ripercorre l’emergere di un élite politica che prende in mano le redini del Paese durante il governo di El’cin. Varese ripercorre la macrostoria russa attraverso le microstorie degli ultimi due criminali, il “ladro in legge” Savel’ev e l’informatico Kuzmin, per ripercorrere l’evoluzione del potere di Putin negli ultimi vent’anni: prima volto a una feroce modernizzazione e poi alla preoccupazione di preservare la propria egemonia politica. 

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