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Oltre 27mila naufraghi respinti in Libia e Tunisia grazie a Frontex. La nuova ricerca di Liminal

Il drone Heron fornito dalla Israel aerospace industries, di proprietà del governo israliano, fornito a Frontex per l'attività di sorveglianza aerea © Iai

Il gruppo di ricerca del centro con sede a Bologna ha analizzato 319mila “stringhe” del database Jora, nel quale l’Agenzia europea registra le proprie attività. Incluse quelle di sorveglianza sul Mediterraneo: in almeno 473 casi le imbarcazioni sono state avvistate prima dell’intervento delle milizie libiche e dei guardiacoste tunisini. Anche grazie all’Heron drone prodotto dalla Israeli aerospace industries, lo stesso utilizzato per le operazioni militari sulla Striscia di Gaza

L’Agenzia europea Frontex ha collaborato al respingimento verso Libia e Tunisia di almeno 27.288 naufraghi tra il 2019 e il 2023. Lo rivela uno studio inedito realizzato dal progetto Liminal, centro di ricerca con sede a Bologna, visionato in esclusiva da Altreconomia. “In 473 casi l’Agenzia ha individuato la barca tramite i suoi mezzi di sorveglianza prima che questa venisse bloccata dai guardiacoste libici e tunisini -spiega Lorenzo Pezzani, direttore di Liminal-. Non sono ipotesi o accuse rivolte da Ong ma la stessa Frontex che nei suoi database implicitamente ammette che è stata protagonista di queste operazioni”.

È la prova che la sorveglianza aerea sul Mediterraneo, a cui l’Agenzia ha destinato oltre 500 milioni di euro di budget tra il 2017 e il 2023, non ha come obiettivo il salvataggio delle persone in mare ma quello di evitare che queste arrivino in Europa. Una “verità” che emerge dalle oltre 319mila “stringhe” ottenute e analizzate da Liminal del database in cui Frontex registra le informazioni relative a tutte le sue attività, comprese quelle dei droni. Tra cui anche l’Heron drone, fornito dall’Israel aerospace industries, che oggi viene utilizzato dall’esercito israeliano per le operazioni militari sulla Striscia di Gaza.

Liminal si è concentrata sui dati contenuti nel Joint operation reporting application (Jora), un database in cui dal 2011 Frontex registra tutti gli eventi di attraversamento irregolare dei confini di cui viene a conoscenza. Le “stringhe” registrate dal settembre 2016 al settembre 2021 sono state ottenute dal giornalista Emmanuel Freudenthal e contenevano con esattezza i luoghi in cui si trovavano le barche nel momento in cui sono state individuate e in molti casi il porto finale di sbarco: in 197 casi le operazioni si concludono con un respingimento verso Libia e Tunisia. Sui dati dal 2021 al 25 gennaio 2023, Frontex ha fornito i dati con ancora meno dettagli, soprattutto con riferimento al porto finale di sbarco. Il motivo? “Comprometterebbe la protezione dell’interesse pubblico”. O forse il rischio di essere chiamati a rispondere delle proprie azioni.

Infatti, nonostante l’assenza di quelle informazioni, il gruppo di ricerca ha ricostruito incrociando diverse informazioni contenute nel file almeno 218 casi in cui le barche sono state avvistate dagli assetti aerei dell’Agenzia prima che fossero respinte verso le coste libiche e tunisine. Questi eventi sarebbero però solo la punta dell’iceberg:. Dal 25 gennaio 2023 al 2024, infine, l’Agenzia ha negato a Liminal la possibilità di accedere alle informazioni a causa di “nuovi metodi operativi” per cui la divulgazione di questi dati “ostacolerebbe l’efficacia delle operazioni di Frontex”.

Analizzando l’enorme database di Jora, poi, Liminal ha individuato un’altra criticità. Nel periodo fra gennaio 2021 and gennaio 2023 viene introdotta una nuova operazione, “Fsc aerial surveillance”, in cui sono presenti 1.580 casi per i quali come “reporting country” viene indicata la Polonia. L’Fsc è il Centro di sorveglianza che si trova a Varsavia, sede centrale di Frontex, in cui i membri dell’European monitoring team (Emt) analizzano le immagini trasmesse in tempo reale dai velivoli dell’Agenzia. Di questo team fanno parte anche membri delle forze dell’ordine dei Paesi membri, tra cui anche la Guardia di finanza e la Guardia costiera italiana. Fra tutti i casi categorizzati come “FSC aerial surveillance”, i ricercatori di Liminal sono riusciti a individuarne 240 che sono elencati anche come casi di avvistamento avvenuti nell’ambito dell’ operazione Themis che Frontex conduce nel Mediterraneo Centrale, e che si poi sono conclusi con un respingimento. “Anche se in assenza di altri dati non ci è ancora possibile dire molto di più su questi casi, sono tuttavia interessanti perchè rivelano la complessa catena decisionale che caratterizza queste operazioni -spiega la ricercatrice di Liminal Giovanna Reder-. Le informazioni trasmesse da un veivolo che vola a pochi chilometri dalla Libia vengono inviate tramite satellite ai piloti di Airbus che stanno a Malta, alla operation room di Varsavia e anche ai vari centri di sorveglianza degli stati membri coinvolti: tutta questa catena di informazioni è opaca e difficile da ricostruire. Quando avviene un avvistamento, chi è che decide che cosa fare e chi contattare, e in base a quali criteri? Rispondere a queste domande è decisivo sotto l’aspetto della responsabilità”, aggiunge Pezzani.

In decine di casi, inoltre, Liminal ha incrociato i dati del database con quelli resi pubblici dalle Ong tra cui Alarmphone. “Questo ci aiuta a recuperare quelle informazioni che Frontex ha oscurato nel fornirci le stringhe di Jora -aggiunge Reder-. E anche a marcare le differenze tra come l’Agenzia registra le informazioni, penso al numero dei morti, da quella che poi è la realtà sul campo denunciata dai naufraghi alle Ong”. Tra i casi analizzati c’è quello di un’imbarcazione avvistata il 4 gennaio 2023 quando secondo la posizione inviata ad Alarmphone era già nella zona di ricerca e soccorso maltese: Frontex registra quell’evento nel database, quindi è a conoscenza di dove si trovi, ma i naufraghi vengono con molta probabilità intercettati e respinti dalla cosiddetta guardia costiera libica. “Viene registrata come attività di ‘prevention departure’ che in linguaggio burocratico è la maschera per classificare un respingimento”.

Questa nuova ricerca di Liminal segue quella pubblicata nell’agosto 2022 in collaborazione con Human rights watch (Hrw) dal titolo “Airborne complicity” in cui grazie a documenti inediti si ricostruiva una “chiara correlazione” tra i voli di Frontex e il tasso di intercettazioni da parte della Guardia costiera libica. “Un andamento che suggerisce e rinforza il fatto che vi sia una collaborazione sistematica tra l’Agenzia e le ‘milizie libiche’, come tra l’altro è emerso anche in diverse inchieste giornalistiche”, sottolinea Reder. E come ha ammesso anche lo stesso direttore esecutivo di Frontex Hans Leijtens che nel febbraio 2024 ha ammesso che in almeno 2.200 casi la posizione delle imbarcazioni è stata inviata alla Guardia costiera libica tra il 2020 e il 2023.

La corrispondenza tra l’aumento delle persone intercettate dalla Guardia costiera libica e il numero di ore di volo dei velivoli di Frontex © Border Forensics

Anche a seguito di quelle dichiarazioni, le Ong Front-Lex e Refugees in Libya hanno deciso di portare Frontex di fronte alla Corte di giustizia dell’Unione europea per chiedere ai giudici di fermare la collaborazione con le autorità libiche. Il ricorrente è un 29enne di origini sudanesi, malato di diabete, bloccato in Libia dal 2019 e oggi in grave pericolo anche per la sua condizione di salute. “Il fatto che Frontex condivida la posizione con le milizie libiche riduce le possibilità che lui raggiunga l’Europa e lo espone a tortura e trattamenti degradanti -spiega Ifatch Cohen, avvocato che per Front-lex ha promosso la causa-. Diversi rapporti provano come tutti coloro che vengono respinti subiscono detenzione arbitraria e sono quindi sottoposti alla violazione dei loro diritti basilari”. In questo quadro, l’Agenzia dovrebbe fermare di condividere le informazioni ottenute attraverso i suoi velivoli. “Non è necessario che la sua attività provochi direttamente le lesioni subite dal ricorrente: l’articolo 46 del regolamento prevede infatti che le operazioni vengano fermate anche qualora favoriscano anche indirettamente la violazione dei diritti umani”, aggiunte l’avvocato Cohen.

Gli avvocati hanno chiesto alla Corte di esprimersi con un giudizio d’urgenza perché il ricorrente rischia la vita. Ma Frontex si è opposta. “In altri casi presentati da potenziali vittime, la Corte ha rigettato i casi e non li ammessi perché non era ‘certo’ che i richiedenti, una volta al mare, sarebbero avvistati dall’Agenzia e poi respingi illegalmente -continua Cohen-. Ci aspettiamo forse che la persona bloccata in Libia produca un giudizio mostrando un biglietto di una nave con cui ha tentato di raggiungere l’Europa? Spero che i giudici cambino il loro approccio e adottino una decisione in conformità con la legge. Anche se c’è l’1% delle possibilità che qualcuno subisca un respingimento e di conseguenza sia vittima di tortura gli va riconosciuta la possibilità di ricorrere di fronte a un giudice”.

A sorreggere tutta la “macchina dei respingimenti” ci sono poi le grandi multinazionali, spesso aziende legate all’industria militare, che garantiscono a Frontex i velivoli. Come raccontato su Altreconomia l’importo dei bandi pubblicati dall’agenzia con riferimento a servizi di sorveglianza aerea passa da 1,6 milioni di euro nel 2017 a 172 milioni di euro nel 2023. Con un numero sempre più ampio di soggetti interessati a queste tipologie di commesse. Tra gli apripista troviamo l’italiana Leonardo Spa (già Finmeccanica), la prima nel 2018 a fornire un drone per Frontex. Ma il progetto di ricerca Liminal si concentra soprattutto sui contratti siglati con le israeliana Elbit Systems (Hermes 900 drone) e l’Israeli aerospace industries (Iai) per l’Heron drone (in questo caso un subappalto da parte di Airbus).

“Lo stesso che oggi sorvola il Mediterraneo viene utilizzato anche per le operazioni militari su Gaza -sottolinea Pezzani-. L’ennesima inquietante prova della compenetrazione dell’industria militare nel settore del controllo dei confini”. Il 24 ottobre Frontex ha festeggiato i primi vent’anni di vita, costellati da scandali e un ruolo centrale nell’esternalizzazione dei confini europei, nella totale impunità. C’è poco da festeggiare.

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