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Crisi climatica / Attualità

Nel Regno Unito bocciato l’uso dell’idrogeno per il riscaldamento domestico

Il governo inglese vuole introdurre l’obbligo per tutte le nuove caldaie di essere “pronte per l’idrogeno” a partire dal 2026. L’uso del combustibile è stato però smontato dalla National infrastructure commission: è meno efficiente rispetto ad altri strumenti, come le pompe di calore. Anche l’autorità per la concorrenza indaga

L’uso dell’idrogeno per il riscaldamento degli ambienti domestici è da alcuni mesi al centro del dibattito pubblico nel Regno Unito: a fine dicembre 2022, infatti, il Dipartimento per le imprese l’energia e la strategia industriale ha avviato una serie di consultazioni con l’obiettivo di migliorare l’efficienza dei sistemi di riscaldamento, ridurre il consumo di gas e di conseguenza le emissioni di gas climalteranti. Una delle proposte in esame prevede l’introduzione dell’obbligo per tutte le nuove caldaie domestiche di essere “pronte per l’idrogeno” a partire dal 2026 in modo da poter funzionare al 100%, con alcuni adattamenti, con questo combustibile in caso di conversione della rete del gas.

Una proposta che da mesi viene contestata da diverse organizzazioni ambientaliste e centri di ricerca specializzati in materia di transizione energetica e che lo scorso 18 ottobre è stata bocciata anche dalla National infrastructure commission (Nic, un’agenzia incardinata all’interno del ministero del Tesoro che fornisce consulenze al governo in materia di infrastrutture) secondo cui l’idrogeno non ha “alcuna ragione di essere utilizzato per il riscaldamento di singoli edifici” anche quando viene prodotto attraverso l’uso di energie da fonti rinnovabili. La commissione ha quindi esortato l’esecutivo a escludere questa possibilità per concentrarsi invece sul sostegno alle famiglie a basso reddito -pari a circa un terzo delle famiglie nel Regno Unito- per l’installazione di pompe di calore.

In questo senso, il rapporto è inequivocabile: “L’elettrificazione è l’unica opzione possibile per decarbonizzare gli edifici su scala, riportare il Regno Unito sulla strada del raggiungimento degli obiettivi climatici e ridurre le bollette energetiche”. La Nic ha poi rilevato che un sistema energetico che preveda l’uso significativo dell’idrogeno per il riscaldamento costerebbe 385 miliardi di sterline in più da qui al 2050 rispetto a uno che ne fosse privo.

Uno degli elementi indicati come problematici nel report è la bassa efficienza: “L’uso dell’elettricità per produrre idrogeno, che viene poi utilizzato nelle caldaie per generare calore, richiede una quantità di energia da cinque a sei volte superiore rispetto all’utilizzo della stessa elettricità direttamente in una pompa di calore –si legge nella relazione della Nic-. Questo perché si perde più energia nella conversione dell’elettricità in idrogeno e le pompe di calore utilizzano meno energia rispetto alle caldaie per produrre lo stesso livello di calore”.

La sfida che attende il Regno Unito sul fronte della transizione energetica è ambiziosa: circa otto milioni di edifici in Inghilterra (pari al 30% del patrimonio edilizio) dovranno abbandonare le caldaie a combustibili fossili per installare pompe di calore entro il 2035 e il phase out dovrà avvenire per tutti entro il 2050. Sebbene siano molto più efficienti, le pompe di calore oggi sono molto più costose rispetto ai boiler tradizionali alimentati a gas fossile: per fare fronte a questa situazione la Nic ha esortato il governo a prevedere stanziamenti ad hoc che permettano alle famiglie a basso reddito di coprire l’intero costo dell’installazione (per una spesa complessiva di 1,3 miliardi di sterline all’anno fino al 2035). Attualmente il governo offre un contributo pari a 7.500 sterline nell’ambito di un programma triennale con un budget annuale di 150 milioni di sterline fino a marzo 2025 per la sostituzione dei vecchi boiler.

Secondo Chris Stark, direttore esecutivo del Climate change committee (un organismo ufficiale di consulenza del governo sul clima) l’utilizzo dell’idrogeno per il riscaldamento degli edifici rappresenta “uno dei casi d’uso a più bassa priorità”. Per le società che gestiscono la rete di distribuzione del gas, tuttavia, è fondamentale che questa proposta venga accolta: “Il loro futuro dipende interamente dalla diffusione dell’idrogeno negli edifici”, ha commentato Stark in un’intervista al quotidiano The Times.

“Le aspettative di un ruolo di nicchia dell’idrogeno si basano su una combinazione di inefficienza sistemica e costi elevati rispetto ad altre opzioni, nonché sulle difficoltà tecniche previste in materia di sicurezza e di conversione in determinate aree geografiche -si legge in un briefing pubblicato a marzo 2023 dal Regulatory assistance project (Rap) un centro di ricerca non profit che si occupa della sostenibilità economica e ambientale a lungo termine del settore dell’energia-. Le analisi globali di McKinsey dell’Agenzia internazionale per l’energia mostrano che le pompe di calore sono la tecnologia di riscaldamento più comune nei sistemi energetici a zero emissioni di carbonio, con il teleriscaldamento (e possibilmente il solare termico) che svolge un importante ruolo di supporto. Nel Regno Unito nel 2050, si prevede che l’idrogeno avrà il suo ruolo più importante nell’industria e nel trasporto marittimo”.

La National infrastructure commission non è stata l’unica istituzione britannica a occuparsi dell’idrogeno e del suo uso per il riscaldamento domestico: il 17 ottobre l’Autorità inglese alla concorrenza (Competition and markets authority, Cma) ha aperto un’indagine su Worcester Bosch, uno dei principali produttori di caldaie del Regno Unito per verificare se “stia ingannando gli acquirenti con dichiarazioni ecologiche confuse o imprecise nella pubblicità e nell’etichettatura dei suoi prodotti”.

L’indagine, si legge sul sito della Cma, si concentrerà sulle cosiddette caldaie domestiche “pronte per l’idrogeno” prodotte dall’azienda il cui prezzo varia da 1.500 a 3.200 sterline (1.700-3.600 euro) e “sulla possibilità che le pubblicità relative a questi prodotti possano indurre gli acquirenti a pensare che siano più eco-compatibili di quanto non siano”.

In particolare, l’indagine dell’Autorità inglese sulla concorrenza prenderà in esame alcuni aspetti specifici delle campagne di marketing messe in atto dall’azienda, tra cui informazioni messaggi sull’uso dell’idrogeno per il riscaldamento domestico nel Regno Unito “nonostante non sia attualmente disponibile e la sua introduzione sia potenzialmente lontana” oltre che legata alle future decisioni del governo. La Cma inoltre andrà a verificare se le descrizioni e le informazioni diffuse sui benefici ambientali di queste caldaie “pronte per la miscela di idrogeno” possono suggerire in maniera ingannevole una possibile riduzione delle emissioni di gas climalteranti.

“Le aziende devono essere chiare sulle caratteristiche ambientali dei prodotti che vendono -ha dichiarato George Lusty, direttore per la tutela dei consumatori della Cma-. Questo è particolarmente importante per i prodotti di riscaldamento come le caldaie domestiche, che sono un acquisto costoso e a lungo termine. All’inizio di quest’anno abbiamo espresso le nostre preoccupazioni riguardo alle aziende che commercializzano caldaie ‘a idrogeno’. Ora esamineremo le dichiarazioni ecologiche di Worcester Bosch per verificare se sono fuorvianti per gli acquirenti; nel frattempo, continueremo a monitorare le pratiche del settore”.

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