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Crisi climatica / Approfondimento

Il boom fotovoltaico dell’Olanda e i suoi effetti sul sistema elettrico

© Moritz Kindler, unsplash

Nel 2015 il solare pesava solo per l’1% nel mix energetico del Paese: a maggio 2023 ha raggiunto il 29%. Una crescita esponenziale che è stata ottenuta grazie a incentivi per l’installazione di pannelli sui tetti. Questo sviluppo però pone una serie di criticità all’infrastruttura elettrica che il Paese deve affrontare

Nel maggio di quest’anno l’Olanda ha segnato un record: quasi un terzo dell’energia prodotta (29%) è stato generato infatti da pannelli solari. Nello stesso periodo in Italia -che ha una superficie sette volte maggiore e gode di condizioni climatiche più favorevoli- la produzione da fotovoltaico si è fermata al 15,49%.

Non si è trattato di un episodio isolato ma il punto di arrivo di un percorso avviato da alcuni anni e fotografato con precisione nell’edizione 2023 dell’European electricity review, curata dal think tank indipendente Ember. Nel 2015 il fotovoltaico pesava meno dell’1% sul totale del mix energetico olandese, ma nel 2022 ha toccato il 14%, superando di due punti percentuali la produzione della Spagna e di quattro quella dell’Italia, Paesi come detto più grandi e che godono di un clima decisamente più soleggiato. La produzione di energia solare in Olanda è cresciuta del 51% solo nel 2022, da 12 TWh a 17 TWh.

Già oggi in Olanda ci sono due pannelli fotovoltaici per abitante e in termini di energia solare pro-capite nel 2022 il Paese ha scalzato dal podio, per il secondo anno consecutivo, la Germania: in base alle stime dell’associazione degli industriali europei Solar Power Europe, ogni cittadino olandese ha prodotto circa mille watt di energia (più 28% rispetto agli 815 watt del 2021) contro gli 816 watt di un tedesco. Sempre secondo i dati elaborati da Ember, la produzione di energia solare nel Paese dovrebbe rimanere elevata anche nei prossimi anni, con una pipeline di progetti su larga scala da 11 GW e un’aggiunta annuale di capacità che dovrebbe rimanere al di sopra dei 4 GW fino al 2026.

“I Paesi Bassi hanno dimostrato come politiche semplici ed efficaci possano favorire la crescita del solare”, evidenzia Ember nel rapporto. Uno degli interventi messi in atto in tal senso è la presenza di incentivi rivolti ai cittadini che ha fatto crescere in maniera significativa l’installazione di pannelli fotovoltaici sui tetti delle case, con 1,8 GW di capacità aggiunta solo nel 2022. Il 38% in più rispetto al 2021.

“I fattori principali dietro a questo trend di crescita che abbiamo osservato negli ultimi anni sono principalmente due. Il primo sono le robuste misure di sostegno al fotovoltaico: la capacità solare è aumentata gradualmente e l’anno scorso, con lo scoppio della crisi energetica, c’è stato un significativo balzo in avanti con un molte nuove installazioni -spiega ad Altreconomia Elisabeth Cremona, analista di Ember-. Il secondo motivo sta nei tempi: in pochi mesi un impianto domestico può entrare in funzione a differenza di un parco eolico, che richiede molto più tempo”.

Il trend della quota di energia solare prodotta tra il 2015 e il 2023 in Italia e in Olanda © Ember Electricity Data Explorer

L’Olanda, inoltre, deve fare i conti con il fatto di essere un Paese relativamente piccolo (poco più di 41mila chilometri quadrati di superficie) e densamente abitato: “Il che ha reso molto impopolare l’eolico onshore -come ricorda ad Altreconomia Franc Coenen, professore presso il dipartimento di Governance e technology dell’Università di Twente-. Non potendo contare sull’idroelettrico, per recuperare il forte ritardo accumulato sulla produzione di energie rinnovabili, le sole alternative erano l’eolico offshore e il fotovoltaico sui tetti”. I terreni agricoli olandesi, inoltre, sono tra i più costosi dell’Unione europea e questo ha spinto il comparto industriale ad andare alla ricerca di spazi già cementificati per non sottrarre spazio alle coltivazioni: dai parcheggi alle serre, dalle stazioni ferroviarie ai bacini idrici artificiali fino ai tetti degli edifici pubblici e privati.

Il governo olandese si è dato obiettivi ambiziosi, sia in termini di produzione di energia da fonti rinnovabili (70% entro il 2030, in larga parte da eolico e solare) sia per quanto riguarda il taglio delle emissioni climalteranti (tra il 55 e il 60% al 2030).

A dare una spinta importante in questa direzione sono state, in tempi non sospetti, associazioni e movimenti dal basso: “Nel 2010 siamo stati tra i primi a organizzare acquisti collettivi per la produzione di energia solare: 50mila pannelli con inverter e tutto il necessario per l’installazione”, ricorda Marjan Minnesma, direttrice della fondazione Urgenda.

L’organizzazione ha dato un contributo fondamentale alla transizione olandese verso la decarbonizzazione e le rinnovabili promuovendo nel 2013 un’ambiziosa causa legale contro il governo allora in carica e contestando il mancato rispetto di un obiettivo minimo di riduzione delle emissioni di anidride carbonica. Battaglia legale clamorosamente vinta nel 2019, quando la Corte suprema olandese ha ordinato all’esecutivo di tagliare le emissioni almeno del 25% rispetto ai livelli del 1990.

Un importante incentivo alla produzione domestica di energia solare è arrivato anche da un regolamento in vigore dal 2004 estremamente vantaggioso per i consumatori. Il meccanismo è semplice e al tempo stesso efficace: una famiglia che in un anno produce duemila KWh di energia (concentrati soprattutto di giorno e nei mesi estivi) può detrarne nel corso dell’anno la stessa quantità per utilizzarla quando i suoi pannelli non producono, pagando al proprio fornitore solo la differenza. Un buon bilanciamento tra produzione e consumo permette quindi di ridurre (fino ad azzerarle) le voci della bolletta relative al consumo elettrico.

“Ha spinto molti cittadini a investire sul fotovoltaico e ad abbandonare il gas, installando pompe di calore per riscaldare la casa e impianti a induzione per cucinare -spiega Minnesma-. Inoltre, grazie a questa regolamentazione particolarmente favorevole, anche le comunità energetiche hanno potuto avviare progetti su scala maggiore”.

A gennaio 2023, però, la Camera dei rappresentanti ha approvato una proposta di legge che prevede l’eliminazione graduale del regime di scambio sul posto: nel 2025 si potrà compensare solo il 64% di quanto prelevato dalla rete fino ad arrivare a zero nel 2031. Sarà comunque possibile ricevere un compenso per l’energia effettivamente immessa in rete e non consumata, ma in base ai prezzi di mercato.

Dietro questa decisione non c’è un ripensamento in materia di clima e ambiente del governo poi dimissionario, che ad aprile 2023 ha approvato un nuovo pacchetto di interventi per tagliare le emissioni di CO2 dal valore di 28 miliardi di euro per sostenere la produzione di energie rinnovabili, l’efficienza energetica e la diffusione dei veicoli elettrici. Come ha spiegato anche l’Autorità garante olandese per i consumatori e il mercato, questo regolamento è stato “un importante strumento per stimolare gli investimenti da parte dei consumatori e dei piccoli utilizzatori” tuttavia sta causando alcune criticità.

“Le reti elettriche attuali non sono costruire per rispondere a un sistema in cui tutte le persone iniziano a utilizzare pompe di calore e auto elettriche, oltre a produrre energia elettrica con pannelli fotovoltaici -aggiunge il professor Coenen-. Questo può portare a picchi di domanda, dal momento che i consumi domestici si concentrano nelle stesse fasce orarie. E per contro, in una giornata molto soleggiata, alcune reti più deboli potrebbero non essere in grado di re-immettere tutto il solare proveniente dai tetti. In Olanda stiamo già osservando problemi di questo tipo”.

“Spesso, quando si affronta il tema della transizione energetica, il dibattito si concentra sulla produzione di energia rinnovabile, dimenticandosi però che il sistema elettrico è la spina dorsale che deve sostenere e accompagnare questo processo”, riflette l’analista di Ember, Elisabeth Cremona. Per garantire un buon funzionamento della rete elettrica, infatti, è necessario che domanda e offerta siano in equilibrio. In un sistema come quello attuale caratterizzato dai combustibili fossili la pianificazione è relativamente semplice ma un futuro rinnovabile richiede adattamento e strategie diverse: “Solare ed eolico sono fonti molto variabili e se la quantità di energia prodotta è maggiore rispetto a quella consumata bisogna destinarla ad altri usi -continua Cremona-. Se si dispone di una rete ben sviluppata sarà possibile esportarla e venderla. L’energia in eccesso inoltre può essere utilizzata per alimentare le batterie o per la produzione di idrogeno. Nel peggiore dei casi, se la rete non è pronta, si dovrà ridurre la produzione, e sarebbe un vero peccato”.

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