Diritti / Opinioni
Nel nuovo trattato pandemico il profitto si fa norma
Il testo non ha clausole di salvaguardia dagli interessi dei privati. Un evento senza precedenti nel diritto internazionale. La rubrica di Nicoletta Dentico
Quando leggerete questa rubrica, i giochi saranno fatti. A Ginevra i delegati dei governi avranno concluso i nove round negoziali, avviati nel 2022, per convergere sul testo di un trattato che permetta alla comunità internazionale di non trovarsi di nuovo impreparata nella risposta a una prossima pandemia. Il documento finale (di cui, quando Altreconomia va in stampa, non possiamo conoscere i contorni definitivi dal momento è in programma nella seconda metà di marzo l’ultima sessione di negoziati) verrà approvato a maggio dalla assemblea dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms).
Abbiamo già affrontato questo tema, ma è bene tornarci. Non solo perché abbiamo seguito da vicino le fasi del negoziato pandemico, decisivo per gli scenari della salute globale dopo il Covid-19: accurate indagini sulla popolazione, infatti, rivelano che la pandemia è una ferita ancora aperta in Europa. Una priorità ben più seria dei temi migratori agitati dalle propagande politiche nazionali in previsione delle elezioni di giugno per il rinnovo del Parlamento europeo.
Il negoziato, avviato in uno scenario internazionale assai disincantato, ha vissuto dinamiche ancor più ruvide dopo l’invasione russa dell’Ucraina. Ha inoltre sofferto di una pressione temporale inaudita: appena due anni per trovare un accordo fra 194 Stati per un nuovo strumento vincolante, mentre i delegati dovevano vedersela anche con la revisione del Regolamento sanitario internazionale (il vecchio dispositivo dell’Oms per il controllo e la gestione delle emergenze in materia di sanità).
Questa accelerazione coincide con una forzatura diplomatica operata dall’Unione europea, in particolare da Francia e Germania che hanno imposto questo trattato. Da un lato per salvare la funzione dell’Oms -messa a dura prova da Donald Trump nel 2020- ma ancor di più per ritagliarsi uno spazio geopolitico fra Stati Uniti e Cina e blindare una configurazione operativa negli scenari post-pandemici.
La Germania si è così assicurata l’“Hub for pandemic and epidemic intelligence”, un centro di raccolta e analisi di dati associato all’Oms, che garantisce a Berlino un indiscusso vantaggio nel campo della sorveglianza sanitaria globale. Alla Francia andrà la neonata Accademia dell’Oms, la più grande piattaforma di formazione high-tech sulla salute e di training alle emergenze future. Chapeau.
I decessi causati dalla pandemia da Covid-19 sono stati 6,9 milioni su un totale di oltre 760 milioni di casi registrati da dicembre 2019. Per combattere il virus, a fine giugno 2023, erano state somministrate 13 miliardi di dosi di vaccino (fonte: Oms)
Non va poi trascurata la bramosia del G20 che, con la scusa del trattato, ha posizionato presso la Banca Mondiale un fondo pandemico: l’ultima mostruosità in ordine di tempo nella spartizione globale tra i Paesi donatori, con l’obiettivo di raccogliere dieci miliardi di dollari ogni anno per la prevenzione, preparazione e risposta alle prossime pandemie. Gli Stati investitori spingono affinché diventi il canale finanziario del nuovo accordo dell’Oms, considerata inaffidabile.
Ma la Banca Mondiale rappresenta il multilateralismo finanziario dei governi occidentali e punta agli investimenti privati. Infatti, accanto ai Paesi donatori, si stagliano potenti entità private: Fondo Globale, Gavi, Coalition for epidemic preparedness innovations (Cepi). Le stesse che con finanziamenti pubblici e relazioni pericolose con Big Pharma hanno gestito la produzione e distribuzione dei nuovi vaccini anti-Covid-19 e che oggi puntano a innestarsi definitivamente negli assetti normativi dedicati alle future pandemie.
Sarebbe un evento senza precedenti nel diritto internazionale. Il testo del trattato del resto, chissà perché, non contiene clausole di salvaguardia dagli interessi dei privati. Il profitto che si fa norma. Business as usual, dopo Covid-19. Finché c’è pandemia c’è speranza.
Nicoletta Dentico è giornalista ed esperta di diritto alla salute. Già direttrice di Medici senza frontiere, dirige il programma di salute globale di Society for International Development
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