Interni / Approfondimento
Nel laboratorio sociale di Via Baltea il motore è la compartecipazione
Il progetto di bene comune è nato a Torino nel 2014 all’interno della sede di un’ex tipografia. La cooperativa Sumisura ha fatto rivivere lo spazio coinvolgendo associazioni, imprese e cooperative del quartiere Barriera Milano
Nella corte di via Baltea 3 nessuno si sente escluso. Arrivando da corso Vercelli, una delle arterie che si muove dal centro di Torino verso la zona Est della città, in estate i tavoli colorati e i calcio balilla che occupano la via “anticipano” l’ingresso principale. In inverno, quando visitiamo lo spazio, sedie e giochi spariscono, ma la sensazione di uno “spazio che respira” resta, grazie alla zona pedonale. Un portone di legno massiccio si apre verso il cuore pulsante di Via Baltea: il cortile in cui il viavai di persone è continuo. In un martedì pomeriggio di metà febbraio, alcune ritirano le verdure fresche appena arrivate tramite il Gruppo di acquisto solidale, nel grande salone, un paio di giovani trapper provano il suono dei loro pezzi. A lato dell’ingresso, intanto, il bar comincia a riempirsi per l’aperitivo mentre gli studenti della Jazz school escono da lezione con gli strumenti in spalla.
“Fin dall’inizio volevamo che questo spazio diventasse un bene di tutti gli abitanti del quartiere e della città intera, un luogo in cui le persone possano sperimentare il significato del fare comunità”, racconta Anna Rowinski, della cooperativa Sumisura. Un progetto di bene comune nato nel 2014 nella ex sede della tipografia Sosso. Oltre 900 metri quadrati che rischiavano di diventare l’ennesimo edificio abbandonato, in un quartiere tanto vivo quanto complesso come Barriera di Milano. Grazie all’impegno di Sumisura, da sempre impegnata sui temi della rigenerazione urbana, lo spazio rivive.
“Volevamo unire alla parte imprenditoriale la dimensione sociale, di attenzione verso la comunità ma anche di opportunità per le realtà che potevano far diventare Via Baltea la loro sede”, aggiunge Rowinski. Così è stato. Oggi intorno al cortile convivono professionalità e associazioni diverse tra loro. C’è il panificio di Panacea, presente fin dall’inizio, che rifornisce la caffetteria di prodotti sempre freschi (vedere box). Sia Panacea sia Sumisura, che gestisce anche la caffetteria, prevedono nelle loro attività tirocini di formazione pensati come una palestra soft per persone, giovani e non, italiani e stranieri, che si affacciano al mondo del lavoro per un totale di 15 persone inserite.
“Il processo che si è creato a Via Baltea è il contrario di quello che avviene con la gentrificazione: una trasformazione dello spazio partita dal basso” – Maria Pia Osella
Nel seminterrato dell’edificio invece si trovano le aule della Jazz school di Torino dove ogni settimana studenti di tutte le età frequentano corsi con insegnanti di alto livello. Sul lato opposto dell’ingresso, al secondo piano della palazzina, da due anni ha la sua sede la Mag4 Piemonte, una cooperativa che promuove servizi di finanza etica ed economia solidale (socia di Altreconomia). Mentre al piano terra il falegname Alessandro Rivoir ridà vita al legno trasformandolo in mobili, manufatti e librerie. L’Atelier Heritage promuove un doposcuola per i bambini del quartiere e laboratori per i più giovani finalizzati a sensibilizzarli su un utilizzo consapevole del patrimonio culturale. Fondazione Itaca e il gruppo Asperger Piemonte, invece, si occupano di sostenere e promuovere rispettivamente i diritti delle persone con disturbi di salute mentale e quelli delle persone nello spettro autistico. “Questa eterogeneità di servizi e attività genera un continuo ricambio nelle persone che frequentano il luogo che non sono solo del quartiere ma vengono anche da fuori e soprattutto arricchisce poi ogni singola realtà”, spiega Chiara Mossetti, socia di Sumisura.
Infatti, seduti al tavolo della caffetteria, piuttosto che in cortile, lo scambio di spunti tra i diversi lavoratori che vivono lo spazio genera idee sempre innovative. Due volte all’anno, tutti gli inquilini di Via Baltea si riuniscono per un momento di incontro e riflessione sullo stato dell’arte della cogestione. “Essere qui significa poter confrontarsi in continuazione con altri, avere nuovi stimoli -racconta Maria Pia Osella di Mag4-. Il processo che si è creato a Via Baltea è il contrario di quello che avviene con la gentrificazione: non un processo calato dall’alto ma una trasformazione dello spazio partita dal basso”.
E anche grazie alla partecipazione di tante e tanti che hanno cominciato a frequentare gli spazi e la crescente importanza di questo polmone di Barriera di Milano se a fine novembre 2022 il Comune ha accettato di trasformare l’area esterna in zona pedonale. Una trasformazione permanente dopo diversi esperimenti estivi, in cui nel fine settimana e per singoli eventi veniva chiusa la strada al transito delle automobili. “Dopo esserci inizialmente concentrati molto sul ‘dentro’ abbiamo cominciato a strutturare progetti in uscita verso il quartiere -sottolinea Mossetti-. L’area pedonale è una scommessa che permette di trasformare quel pezzo di strada in bene fruibile da tutti”. Anche la decisione di richiedere all’amministrazione la definitiva chiusura alle macchine è nata dopo diversi incontri con la cittadinanza.
“Allo stesso tavolo siedono persone che portano competenze e interessi differenti. La compartecipazione è il vero polmone di Via Baltea” – Anna Rowinski
Una parola chiave per tutti gli abitanti di Via Baltea è l’attenzione all’ambiente e alla sostenibilità. Innanzitutto la caffetteria che Mossetti e Rowinski, architette, hanno arredato utilizzando solo materiali di riciclo. E poi le piccole scelte: dalla raccolta differenziata e l’attenzione al packaging senza l’uso di plastica, alle consegne in bicicletta dei prodotti d’asporto. E poi la presenza, negli spazi adiacenti al bar, di una drogheria “sfusa” con prodotti alimentari per la casa e di una gastronomia veg, con un menù pensato ad hoc e ricette casalinghe. Un’officina di quartiere mette a disposizione diversi attrezzi “usa e restituisci” per piccoli lavori casalinghi.
Una comunità, quella di Barriera di Milano, formata da tanti giovani, soprattutto stranieri. È il quartiere di Torino infatti che, su questo, registra i numeri più alti. “Spesso il sabato mattina se vieni in Via Baltea puoi imbatterti in un pranzo di gala marocchino, o in una festa con decine di bambini e bambine originari della Nigeria che festeggiano un battesimo. Tante nazionalità e culture diverse”, aggiunge Rowinski. Le opportunità rivolte alle persone di origine straniera sono diverse. I tirocini offerti da Panacea spesso propongono una serie di attività collaterali. “Dal corso di italiano a un semplice aiuto nel prenotare una visita medica -racconta Marina Pelfini di Panacea-. Anche per questa ragione spesso chi finisce il tirocinio poi continua a frequentare questi spazi”. L’ottica secondo Rowinski è sempre quella dell’ibridazione: “Allo stesso tavolo si siedono persone diverse che portano competenze, interessi e attività da realizzare differenti. La compartecipazione è il vero polmone di Via Baltea”.
La seconda vita di panacea, un ponte tra torino e stupinigi
Il profumo del pane in via Baltea è quello di Panacea, un ponte tra Torino e la campagna alle porte della città, dove quattro aziende agricole di Stupinigi coltivano il grano di filiera trasformato nel forno. “Panacea è nata due volte”, racconta Marina Pelfini. La prima, nel 2014, “un po’ per caso, all’interno della cooperativa Articolo 4, che si occupava di attività varie in ambito sociale e gestiva un locale con cucina, all’interno del quale si è iniziato a fare il pane con la pasta madre, quasi per gioco” spiega.
Dopo il fallimento di quell’esperienza, il gruppo che aveva animato il progetto Panacea (in particolare Isabella, agronoma, e Francesco) hanno chiesto supporto a Sumisura, che si occupava di rigenerazione urbana e stava terminando il recupero dello spazio di via Baltea. Nel 2017 è nata quindi Panacea social farm, una realtà che oggi conta tre punti vendita in varie zone della città di Torino oltre all’emporio di Stupinigi, una frazione del Comune di Nichelino (TO). La cooperativa dà lavoro a una ventina di persone. La farina coltivata, “una miscela di grani poco tenaci”, scherza Marina, è macinata a pietra dal Molino Roccati di Candia Canavese (TO). Ogni giorno si producono tra i 150 e i 300 chilogrammi di pane. “Ancora oggi trasformiamo solo grani di Stupinigi, coltivati dalle aziende insediate nel Parco naturale dietro la reggia dei Savoia, tranne la semola di grano duro,” spiega Marina. Oltre al pane, in via Baltea si sfornano grissini, torte e biscotti. Per info: panaceasocialfarm.it
Luca Martinelli
© riproduzione riservata