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Economia / Approfondimento

“Ministro Urso, basta raccontare falsità sul prezzo della benzina”

Il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso e il ministro dell’Ambiente e Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin al "tavolo sul riordino del settore carburanti". Roma, 1 agosto 2023 © Fabio Cimaglia / Fotogramma

Il ministro delle Imprese e del Made in Italy accusa i gestori di manovre improprie in piena estate. Ma non si accorge, o forse non vuole farlo, ed è in buona compagnia, che la vera speculazione la sta facendo lo Stato. Un “gioco” che vale cinque volte la remunerazione del lavoro dei benzinai. L’approfondimento a cura di Remo Valsecchi

È la solita storia: “Quando la domanda aumenta, i prezzi si adeguano e aumentano anche loro”. Siamo in periodo vacanziero, i passeggeri aumentano e i biglietti degli aerei aumentano, l’uso dell’auto, per trasferirsi nelle località di villeggiatura, aumenta, e i prezzi dei carburanti aumentano.

È solo una banale giustificazione, perché la realtà è un’altra. In un mercato naturale, non condizionato, sono i consumatori a contenere gli aumenti dei prezzi, se viene loro consentita la possibilità di scegliere un bene o servizio qualitativamente migliore a prezzi inferiori. In un mercato degenerato, regolato da logiche di profitto e di finanza, magari con gestione in regime di monopolio naturale o per posizione dominante, i mercati, quelli reali, non funzionano, e il consumatore non è più il regolatore. Il risultato è quello che stiamo vivendo, qualcuno in modo peggiore e qualcuno, pochi, in modo migliore.

Le politiche fiscali finalizzate ad aumentare le entrate, con l’aumento delle imposte indirette, come Iva e accise, peggiorano la situazione e l’effetto è un’inflazione insostenibile.

La questione di attualità del caro carburanti può aiutare a comprendere come funziona il sistema analizzando i dati ufficiali messi a disposizione dal ministero delle Imprese e del Made in Italy.

L’andamento del prezzo della benzina e delle sue componenti. Fonte: ministero delle Imprese e del Made in Italy, 2023

La realtà è che l’influenza dello Stato, o meglio di chi governa lo Stato, con un’imposizione indiretta fuori da ogni logica e misura, se non quella di aumentare le entrate, è determinante, superando, da sempre, con l’eccezione dei mesi in cui l’accisa è stata ridotta dal Governo Draghi, il 50% del prezzo dei carburanti alla pompa e contribuendo, in modo molto pesante, all’aumento dell’inflazione con l’incremento del costo dei trasporti delle merci.

Dal dicembre 2022, in parte, e dal gennaio 2023 per il totale, la riduzione dell’accisa è stata annullata con il ripristino dell’importo antecedente e l’effetto è stato un aumento che ha, anche nella situazione attuale, l’unica causa proprio nella manovra fiscale di un governo che si dichiara “impegnato a risolvere i problemi degli italiani”. Ma è vero?

La politica di fronte ai prezzi che crescono che cosa fa? Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, accusa i gestori dei distributori, impone l’obbligo di esposizione dei prezzi medi regionali e invita a denunciare alla Guardia di Finanza eventuali picchi eccessivi del prezzo dei carburanti. Ma il titolare del dicastero “decisivo” dovrebbe conoscere le vere ragioni dell’esagerazione dei prezzi attuali vista la sua lunga carriera parlamentare, quasi trentennale, e più volte da esponente di governo.

Sono veramente i gestori dei distributori i responsabili di questi aumenti tanto elevati quanto immotivati? Sembra la caccia agli untori di manzoniana memoria, importante è individuare un responsabile da additare alla pubblica opinione. Eppure i gestori dei distributori sono l’ultimo anello della catena e hanno un’influenza praticamente nulla nella determinazione dei prezzi alla pompa. Il loro margine lordo è generalmente tre, quattro centesimi di euro al litro, cioè l’1, il 2% del totale, e non arricchisce nessuno perché è appena sufficiente a coprire i costi di gestione e a garantire una “retribuzione” dignitosa.

Di chi è la responsabilità, allora? La risposta è ovvia: della politica, senza distinzione tra maggioranza e opposizione, essendosi queste due alternate nel ruolo. E il problema viene da molto lontano. L’unica differenza tra i diversi schieramenti politici è nell’atteggiamento, le attuali opposizioni, quando erano maggioranza, stavano zitte e avevano il pudore di non incolpare nessuno, lasciando i cittadini nelle difficoltà. L’attuale maggioranza, invece, accusa altri -badate, non i precedenti governi, il che sarebbe comprensibile, anche se l’attuale ministro ne è stato parte- ma addirittura gli operatori che, salvo poche eccezioni, sono incolpevoli.

La politica ha infatti una duplice responsabilità: quella di consentire le speculazioni delle società petrolifere e quella di un’imposizione fiscale, specialmente con le imposte indirette, contraria al dettato costituzionale che fissa, a tale titolo, il principio della capacità contributiva. L’articolo 41 della Costituzione fissa poi il principio per cui ogni iniziativa economica privata è libera purché non sia di ostacolo allo sviluppo sociale. Una norma costantemente ignorata anche perché la maggior parte delle società operanti nel settore è pubblica o a controllo pubblico. 

I risultati economici di Eni nel 2022 e nel 2021. Fonte: Bilanci di Eni Spa, 2023

Prendiamo il caso di Eni, il principale operatore del settore. Ha chiuso l’esercizio 2022 con un utile lordo di 22 miliardi di euro, contro i 10,6 miliardi del 2021, e un utile netto di 14 miliardi di euro contro i 5,8 miliardi dell’anno precedente, quasi il triplo, nonostante le imposte sugli extra-profitti che, molto probabilmente, non pagherà nemmeno considerati i contenziosi in corso (e che infatti dal bilancio dello Stato 2022 sono già stati eliminati).

La tabella qui sopra mostra gli utili, i dividendi e il rendimento per l’azionista. Attenzione, non è solo il dividendo ma anche la parte non distribuita che aumenta il patrimonio, cioè il capitale proprio, ed è un credito dell’azionista e potrebbe diventare un dividendo se l’assemblea decidesse di distribuire le riserve. Un rendimento complessivo del 30% fa felici i pochi ma tristissimi i tanti che per vederlo realizzare devono pagare beni e servizi più del dovuto.

Alla politica, però, va bene così, perché porterà alle casse dell’erario ben otto miliardi di euro di imposte e un miliardo di euro di dividendi. E se i cittadini soffrono perché i costi sono eccessivi per le economie delle famiglie? Pazienza.

La questione della quota superiore al 50% , in sostanza oltre la metà di quanto paghiamo per carburanti, non è quindi costo ma sono imposte, Iva e accisa, che si aggiungono a quelle già pagate sui redditi e delle quali ci si lamenta tanto perché eccessive.

I prezzi di un litro di benzina e le loro variazioni. Dati in euro. Fonte: ministero delle Imprese e del Made in Italy, 2023

Nella settimana iniziata il 24 luglio, la numero 30 del 2023, si è registrato un prezzo della benzina pari a 1,864 euro al litro, mentre l’ultima settimana del 2022 il prezzo era di 1,625 euro. L’ultima settimana con l’accisa ridotta dal precedente governo è stato di 1,660 euro, un aumento di 20 centesimi di euro nonostante una riduzione del costo del carburante. È la conseguenza del dilettantismo, ben remunerato, della politica che, vista una riduzione contenuta del costo ha immediatamente aumentato l’accisa contando su un’ipotetica, ulteriore riduzione.

Ancora una volta i dati ufficiali del ministero deputato ci permettono di affermare che, a fronte di una riduzione del costo del carburante di otto centesimi di euro al litro, l’aumento fiscale è stato di 28 centesimi, compensato solo in parte dalla riduzione del costo del carburante.

La tabella mostra una variazione in percentuale del 12,31% solo perché considera la variazione netta. L’aumento dell’onere erariale è di ben il 36,89% rispetto a novembre 2022. Un’operazione da scienziati, scarsi, con un’inflazione che ha ridotto del 12,34% il potere di acquisto di salari, stipendi e pensioni.

Il ministro Urso non accusi perciò altri per difendere il suo governo. Prenda atto che l’aumento del prezzo dei carburanti di questi giorni è dovuto solo a una scelta politica, quella di ripristinare l’importo delle accise, abbia il coraggio di difenderla, se l’ha ritenuta opportuna (e conosce i dati), e al massimo ne spieghi le ragioni ai cittadini e ai suoi elettori.

Anche la questione delle tariffe più alte nelle aree di servizio autostradali è una storia vecchia che si ripete, perché i gestori devono corrispondere ai concessionari delle autostrade delle royalties, chiamate “royalties oil e food”, e che nel bilancio 2022 di Autostrade per l’Italia Spa, ad esempio, ammontano a 150 milioni di euro. Invece di sbandierare proclami inutili, non si può vietare l’applicazione di queste royalties?

Questa è la differenza tra i liberi mercati reali, quelli cioè dove le regolazione la fa il consumatore, e i mercati liberisti, figli della deregulation, dove ognuno fa quello che vuole, nonostante l’articolo 41 della Costituzione. Con i cittadini vessati e ingannati. 

Sembra che la musica resti sempre quella di far realizzare “grassi” profitti, specialmente se le società sono pubbliche o controllate dal pubblico, facendoli pagare ai cittadini. Forse sarebbe meglio cambiare spartito.

Quelli appena visti sono i motivi per i quali l’inflazione aumenta. E a farla crescere è la politica, quella al servizio dei cittadini, un bel motivo di una giustificata irritazione. Una riforma del sistema che abbandoni la logica del profitto nella gestione di servizi funzionali allo sviluppo sociale ed economico del Paese è un sostegno per il libero mercato, quello reale, e per la concorrenza, per il rilancio del sistema industriale -penalizzato, tanto quanto le famiglie, dalla finanziarizzazione-, per un aumento dei livelli occupazionali e per la rimozione delle ingiustizie e delle disuguaglianze sociali. Certamente sarebbe una riforma in grado di affrontare, anche in tempi più brevi di quelli ipotizzati, la questione ambientale e climatica.

L’imposta sul valore aggiunto (Iva) è in questo un’imposta odiosa perché considera i consumi, anche quelli essenziali destinati a soddisfare i bisogni primari, come espressione di capacità contributiva e grava sulle persone nella stessa misura anche se per quelle con redditi più bassi il sacrificio è maggiore.

Le componenti del prezzo di un litro di benzina all’inizio della settimana del 24 luglio 2023. Fonte: ministero delle Imprese e del Made in Italy, 2023

Le accise -chiamate anche Imposte di fabbricazione pur essendo di fatto imposte sui consumi di prodotti definiti, i prodotti energetici, i carburanti, l’alcol e le bevande alcoliche e i tabacchi-, vengono applicate, come la stessa Iva, senza alcuna distinzione tra i beni e servizi voluttuari o di lusso e i beni e servizi essenziali destinati al soddisfacimento dei bisogni primari. Non si capisce quale sia la logica e il criterio per il quale, tra le bevande alcoliche, ad esempio, la birra sia gravata da tale imposta mentre lo champagne ne sia esente.

Le accise, oltretutto, violano un ulteriore principio quello della duplicazione dell’imposta, un principio non scritto ma affermato in altre situazione, come avviene per la tassazione dei dividendi. Sulle accise -che come abbiamo visto sono un’imposta-, si applica un’altra imposta, cioè l’Iva, che non si aggiunge alle accise ma le aumenta. Questo fa sì che l’aliquota del 22%, se rapportata ai costi reali, quasi raddoppia.

Nel grafico più in alto l’Iva sulle accise è evidenziata in rosso rosso e ci consente di rilevare che l’incidenza sul costo reale dei carburanti sia del 9,44% del prezzo alla pompa, alla quale si aggiunge l’8,60% di quella applicata alle accise. Sono 16 centesimi bellamente sottratti ai consumatori, violando regole e principi.

Ancora una volta il ministro Urso accusa i gestori dei distributori di improprie speculazione ma non si accorge, o forse non vuole, che la vera speculazione la fa lo Stato o, meglio, chi lo governa. Una speculazione che vale cinque volte la remunerazione del lavoro dei gestori.

Quando finirà questo governo dello Stato? È necessario un cambiamento culturale che faccia capire ai politici che devono mettersi al servizio della comunità e non di altri, che devono abbandonare ogni autoreferenzialità anche se limitata solo alla ricerca del consenso elettorale. Forse solo gli elettori possono realizzare, se vogliono, un reale cambiamento.

Remo Valsecchi, già commercialista, è autore del nostro dossier “Carissimo gas”

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