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Mediterraneo senza soccorso: tutti i numeri e l’azzeramento delle navi Ong
Nel solo mese di luglio 2018, l’ultimo fotografato dalla Guardia costiera italiana, le navi umanitarie non hanno soccorso nemmeno una delle 1.365 persone tratte in salvo sotto il coordinamento del Maritime Rescue Coordination Center di Roma. L’obiettivo del Governo è raggiunto. Ma il bilancio delle vite umane perse è drammatico
La guerra contro le organizzazioni non governative attive nel Mediterraneo condotta in estate dal governo Conte ha pagato. Peccato però che il conto “umano” sia drammatico. Nel solo mese di luglio 2018, l’ultimo fotografato dalla Guardia costiera italiana, le navi delle Ong non hanno soccorso nemmeno una delle 1.365 persone tratte in salvo sotto il coordinamento del Maritime Rescue Coordination Center di Roma.
Esattamente un anno prima, nel luglio 2017, quando i flussi erano stati decisamente più consistenti (11.461 sbarcati in Italia contro 1.969), le navi “umanitarie” avevano contribuito a salvare 4.689 vite umane. Nello stesso mese del 2016 (23.552 arrivi in soli 30 giorni) avevano raggiunto quota 8.455. Lo “zero” del luglio 2018 -dopo il già bassissimo valore di 236 di giugno di quest’anno- è frutto degli annunci dei porti chiusi (italiani e maltesi), della criminalizzazione mediatica dei soccorritori e della mano libera garantita alle milizie libiche, formate ed equipaggiate dall’Italia (ben prima dell’attuale esecutivo, va ricordato) e quindi definite “guardia costiera”.
Questi ingredienti hanno comportato il progressivo allontanamento dalle acque del Mediterraneo centrale di tutte le ultime Ong rimaste, da Proactiva Open Arms a SOS MEDITERRANEE. Come se a un pronto soccorso fosse stata prima complicata la vita e poi rese inutilizzabili le ambulanze a disposizione.
“Con la chiusura dei porti italiani e maltesi e il divieto non solo di sbarco, ma anche di trasferimento dei migranti salvati in mare su navi più grandi delle nostre -ha spiegato recentemente all’agenzia Pressenza Riccardo Gatti, comandante dell’Astral e capomissione della Open Arms- siamo stati costretti a lasciare temporaneamente il Mediterraneo centrale”.
Ma la retorica “meno sbarchi, meno morti” dei ministri Salvini e Toninelli mostra la sua brutale inesattezza. È il caso proprio del mese di luglio 2018, quello della definitiva cancellazione delle detestate Ong.
A fronte di un crollo degli arrivi, -83% nel confronto mese a mese, i morti accertati dall’Organizzazione internazionale delle migrazioni (OIM) nella fetta centrale del Mediterraneo sono passati da 68 a 157 (sempre nei singoli mesi di luglio), +130%. Pur di lanciare un messaggio disincentivante alle partenze si è trasformato quel tratto di mare in una zona più pericolosa e letale. Lo slogan andrebbe rimodulato: “Più morti, meno sbarchi”.
Anche il mese di giugno 2018 ha registrato le stesse dinamiche. 3.147 sbarchi (-86% rispetto al 2017), le Ong combattute (appena 236 i naufraghi soccorsi), 564 morti accertati (cinquecentosessantaquattro) contro i 529 dello stesso periodo dell’anno precedente (+6%). Agosto parrebbe segnalare una tendenza diversa, in attesa di un quadro dettagliato delle operazioni SAR da parte della Guardia costiera: 1.531 sbarchi (-61%) e 19 morti contro i 143 dell’agosto 2017. Naufraghi che per precisi obblighi internazionali, prima ancora che umanità, andavano salvati.
Un campo che non interessa al ministro dell’Interno e vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini. Domenica 9 settembre, infatti, ha dichiarato all’emittente RTL 102.5 che la sua iniziativa di “bloccare le navi” è una “scelta politica, non una scelta giuridica”.
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